Jazz. “Decoy”, la fusion di Miles Davis

Trent’anni fa usciva l’album del trombettista con una superband capitanata da John Scofield

“Perché suonare tutte queste note quando possiamo suonare solo le migliori?”

(Miles Davis)

Un innovatore della musica

La sua carriera è stata caratterizzata da improvvisi e repentini cambi di direzione, quasi volesse sempre ‘spogliarsi’ della musica che aveva composto e suonato in precedenza. Per tutta la sua vita artistica ha sempre cercato di stupire con una continua ricerca sonora senza confini. Miles Davis è stato uno dei più significativi protagonisti della musica del Novecento. Pochi come lui hanno segnato e cambiato il jazz con le più disparate contaminazioni. Dopo di lui il suono della tromba non fu più lo stesso. Si può tranquillamente affermare che con l’avvento di Miles Davis, alla fine degli anni ’40, la tromba diventa ‘moderna’, dopo la ‘classicità’ rappresentata da Luis Armstrong. 

Miles Davis passa dal Be-bop, al jazz modale negli anni ’50, producendo capolavori come “Kind of Blue”; fonda un quartetto straordinario all’inizio del decennio successivo con Wayne Shorter e Herbie Hancock; poi stupisce il mondo con la svolta elettrica inaugurata con “In a silent way”, infine si avvicina al funk nei primi anni ’70. Poi il ritiro dalle scene dal 1975 al 1980 per gravi problemi con gli stupefacenti. 

La ‘resurrezione’ degli anni 80

Dato per ‘spacciato’ dalla stampa specializzata, Miles Davis stupisce nuovamente il mondo della musica quando torna sulle scene nel 1981 con “The man with the horn”.

Il trombettista è stato sempre un maestro nella scoperta di giovani talenti del jazz: Bill Evans, John Coltrane, Tony Williams, Wayne Shorter, Joe Zawinul, Dave Holland, Keith Jarrett solo per citare i più famosi.

Per il nuovo album Miles Davis si circonda di un gruppo di eccellenti musicisti come il 28enne tastierista Robert Irving III, il 28enne chitarrista Mike Stern, il 23enne sassofonista Bill Evans, il 22enne bassista Marcus Miller più un professionista affermato come il batterista Al Foster. Il sound e la musica del ‘divino’ era ovviamente completamente diversa. Davis mescolò abilmente jazz, blues, rock, funk ed elettronica con grande maestria e originalità e tornò immediatamente al grande successo internazionale.

Dopo lo splendido live “We want Miles” (1982) e “Star people” (1983) il trombettista giunse alla ‘maturità’ del nuovo corso con lo straordinario “Decoy” del 1984.

“Decoy”, un capolavoro elettrico

Dopo aver portato al successo giovani talenti come Bill Evans, Marcus Miller e John Scofield, con “Decoy”, arrivò il grande momento per un altro chitarrista eclettico e sofisticato, l’allora 33enne John Scofield che ebbe un ruolo fondamentale nella musica di Miles Davis degli anni ’80. Altra figura importante fu l’allora 24enne sassofonista Branford Marsalis, fratello maggiore di Wynton, trombettista di grande talento.

“Decoy” fu registrato dal giugno del 1983 al settembre dello stesso anno a New York e a Montreal. Miles Davis si occupò della produzione e degli arrangiamenti insieme a Giles Evans. Inoltre affinò e migliorò decisamente la qualità suono rispetto al precedente “Star People”. In “Decoy” si può ascoltare un sound più sofisticato, cristallino in cui le timbriche degli strumenti sono perfette sia negli accordi che nelle parti soliste. Gli arrangiamenti, complessi ed eleganti bilanciato alla perfezione i vari generi musicali che i sette brani esplorano con soluzioni armoniche e melodiche sempre originali e imprevedibili.

Alla scrittura delle composizioni partecipano attivamente il maestro dei sintetizzatori Robert Irving III e il chitarrista John Scofield che ‘impone’ al trombettista un blues sanguigno e dissonante. I due fiatisti, Bill Evans e Branford Marsalis colorano entrambi con il sax soprano le parti prettamente jazzistiche. La ritmica, spesso vicina al funky è affidata al virtuoso del basso Darryl Jones e al solido Al  Foster, più la strepitosa presenza del percussionista Mino Cinelu. 

“Decoy”, pubblicato nel giugno del 1984 ebbe un notevole successo di pubblico e critica. Arrivò al primo posto della classifica Top Jazz statunitense e si aggiudicò un Grammy Award come miglior album jazz dell’anno. Miles Davis era completamente ‘risorto’.

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