Nel 1973 usciva l’album più maturo della fase sperimentale del compositore siciliano
“La sera insegna ad attendere il giorno, che arriva come sempre, a chiudere i passaggi della notte…. E il mio maestro mi insegnò com’è difficile trovare l’alba dentro l’imbrunire” (Franco Battiato)
Un percorso concettuale e musicale unico
Da quasi mezzo secolo la carriera di Franco Battiato è stata sempre all’insegna della ricerca, della sperimentazione e della fusione tra i più disparati linguaggi musicali. Attivo dalla seconda metà degli anni ’60 come autore di canzoni per artisti di musica leggera, si è poi imposto come autore di musica elettronica e prima di raggiungere il grande successo con “La voce del padrone”, si cimentò anche con la musica classica contemporanea pubblicando dischi come “Juke Box” e “L’Egitto prima delle sabbie” che vinse addirittura il Premio Stockhausen.
Nel corso degli ultimi tre decenni Battiato ha alternato raffinate produzioni pop, opere ‘colte’, colonne sonore e originali cover di artisti italiani e stranieri. Il percorso artistico, concettuale e spirituale del compositore catanese è senza precedenti nel panorama musicale italiano ed è tra i più significativi a livello europeo. E’ stato il primo musicista occidentale ad esibirsi in Iraq il 4 dicembre del 1992. Oltre alla musica, anche i testi riflettono i suoi molteplici interessi, tra i quali l’esoterismo, la teoretica filosofica, la mistica sufi e la meditazione orientale.
“Sulle corde di Aries”, introspezione musicale
All’inizio degli anni ’70, il giovane Franco Battiato, alla perenne ricerca di una propria e originale identità musicale, dopo aver ottenuto un discreto successo come autore di canzoni pop melodiche, stupì il mercato discografico con “Fetus” e “Pollution”, due album che fecero di lui l’esponente di punta dell’avanguardia elettronica e della musica sperimentale.
Il musicista siciliano aveva studiato la musica di Brian Eno, dei Tangerine Dream, dei Magma e quella di John Cale. I suoi primi dischi erano la risposta italiana a quella cultura europea che aveva rivoluzionato il linguaggio sonoro con l’impiego di strumenti elettronici come i sintetizzatori e i sequencer. Con il successivo “Sulle corde di Aries”, le ambizioni di Battiato aumentano in maniera esponenziale. Il tastierista siciliano si avvicinò addirittura a Karl Heinz Stockhausen, uno dei più importanti compositori del XX secolo, maestro assoluto dell’avanguardia elettronica e della musica concreta.
Battiato si converte a una forma d’avanguardia persino più intellettuale e intimista. Convergono in questo nuovo Lp la sperimentazione ripetitiva (minimalismo), un’elettronica alquanto sofisticata e una particolare forma di musica acustica che si rifà ampiamente alla tradizione araba. L’artista, continuando il suo percorso di incessante sperimentatore, priva l’album dei classici strumenti rock quali chitarre, bassi e batteria in favore di fiati, oboe, violoncello, mandola, calimba e piano preparato. Nel disco è presente anche l’Orchestra di fiato del Conservatorio di Milano.
Franco Battiato suona i sintetizzatori analogici Vcs-3, sequencere e il pianoforte preparato, Gianni Mocchetti la chitarra acustica e la mandola, Gianfranco D’Adda le percussioni, Gianni Bedori il sax tenore, Marti Jane Robertson il violoncello, Daniele Cavallanti il clarino e il sax soprano, Gaetano Galli l’oboe, Rossella Conz e Jutta Nienhaus voci soprano. Nelle quattro tracce spicca la suite “Sequenze e frequenze” in cui Battiato mette in mostra la sua completa maturazione come compositore, musicista colto e raffinato arrangiatore. Strumenti elettronici e acustici convivono perfettamente in una musica perennemente sospesa, a tratti ipnotica, a tratti minimalista con le tipiche sonorità dello sperimentalismo della scuola tedesca. A 42 anni dalla sua pubblicazione, “Sulle corde di Aries” rimane uno dei dischi più originali e innovativi della musica italiana, scritto e musicato da un artista tra i più importanti e colti del vecchio continente.