River Phoenix: la prematura morte di un talento della recitazione

“Amo recitare perché puoi creare un personaggio. Puoi dar vita ad un personaggio che non è mai esistito prima. Cerco di mentire più che posso, durante le interviste. E’ psicologia inversa: credo che se dici bugie, è possibile che scrivano la verità” 

(River Phoenix)

“Non ho alcun desiderio di parlare di mio fratello. Mi da ai nervi essere sempre paragonato a lui. Mio fratello era una persona magnifica ed un grande attore” 

(Joaquin Phoenix)

“Era il migliore di noi, non lo dico tanto per dire, lo pensavo anche prima che morisse. Aveva qualcosa che io non ho e non riesco a spiegare”

(Brad Pitt)

River era una di quelle persone che vivono con un’ aura di stranezza attorno. Poteva tirarti scemo, farti impazzire di nervoso o farti innamorare perdutamente di lui. Qualche volta le due cose succedevano contemporaneamente”

(Ethan Hawk)

Con molta probabilità, anzi quasi sicuramente sarebbe diventato l’attore più emblematico e significativo della sua generazione. Sarebbe diventato una sorta di “James Dean degli anni ’90”. Purtroppo nella vita di River Phoenix si è intromessa l’inesorabilità della morte. Il 31 ottobre del 1993 a soli 23 anni, il cinema di Hollywood perdeva un talento innato, un volto intenso, profondo ed espressivo. In appena otto anni di carriera aveva interpretato ben 15 film. La sua scomparsa ha profondamente segnato le vite del fratello Joaquin, degli attori e amici Brad Pitt e Johnny Deep.

Un tragico destino: 31 ottobre 1993

La notte tra il 30 ed il 31 ottobre del 1993, River Phoneix si trovava al Viper Room, un club in parte di proprietà di Johnny Depp, nel quale avrebbe dovuto suonare al party di Halloween. River era tornato a Los Angeles all’inizio di quella settimana dallo Utah per poter trascorrere un breve periodo di relax, prima di completare le ultime tre settimane di riprese di “Dark Blood”. L’attore aveva preso un appuntamento con la sua fidanzata Samantha Mathis, l’amico Dick Rude, sua sorella Rain e suo fratello Joaquin nella suite numero 328 del Hotel Nikko, nella zone di West Hollywood. Una volta raggiunti da alcuni amici, il gruppo iniziò a festeggiare, cominciando a fare largo uso di cocaina, marijuana e qualche bottiglia di champagne Moët, prima di recarsi al Viper Room.

Depp era presente quella sera nel locale, così come il fratello Joaquin, la sorella Rain, la fidanzata Samantha Mathis, il bassista e l’ex-chitarrista dei Red Hot Chili Peppers, Flea e John Frusciante, il cantante dei Butthole Surfers Gibby Haynes, quello degli Stone Sour Corey Taylor e gli attori Christina Applegate e Leonardo DiCaprio, tutti amici di Phoenix da tempo. Molti dei presenti (tra cui lo stesso Joaquin) dichiararono che l’attore si stava comportando in modo molto strano, iperattivo, sin dal suo arrivo al club. Tra questi, Bob Forrest, cantante dei Thelonious Monster, osservò che Phoenix era pallido, sudava e sembrava un pugile che aveva preso un po’ troppi colpi. Quasi irriconoscibile a causa dei suoi capelli tagliati corti e tinti di nero per il suo ruolo in Dark Blood, pochi lo riconobbero quella notte, semplicemente vestito con una maglietta, pantaloni marroni e scarpe Converse. Dopo essere stato visto a colloquio con Flea e John Frusciante all’interno del locale, Phoenix scomparve con alcuni spacciatori nel bagno; uno di loro diede all’attore una linea di una potente eroina chiamata “Persian Brown” (una particolare variante della droga tagliata con crystal meth). Phoenix, che aveva già consumato un grosso quantitativo di droga prima di giungere al locale, cominciò a sentirsi male, vomitando nel bagno in preda a forti tremori. Alcuni amici di Phoenix contesteranno questa versione, affermando che durante la serata sia stata disciolta in una bevanda dell’attore della droga a sua insaputa.

Quando il fratello Joaquin si rese conto della gravità della situazione, vedendo River contorcersi in preda a violente crisi epilettiche da circa 8 minuti, chiamò il numero di soccorso pubblico 911. Durante la telefonata Joaquin, in preda alle lacrime, non fu in grado di determinare se suo fratello respirasse. Ron Davis, un fotografo di celebrità appostato fuori dal locale in quel momento, dichiarò in seguito: “Sembrava un pesce fuor d’acqua. Si dibatteva spasmodicamente, muovendo la testa da un lato all’altro agitando le braccia selvaggiamente”

I soccorsi però non arrivarono in tempo: quando un’ambulanza giunse sul luogo, River era già morto sul marciapiede in Sunset Boulevard, sotto il tendone all’ingresso del Viper Room, tra lo stupore generale di passanti e paparazzi. La corsa al Cedars-Sinai Medical Center, con Flea sull’ambulanza, ed i tentativi di rianimazione furono del tutto inutili (compreso l’inserimento di un pacemaker) e River Phoenix, ormai diventato cianotico, fu dichiarato morto dal dottor Paul Silka alla una e 51minuti per insufficienza cardiaca. La successiva autopsia del 1º novembre rivelò in seguito un’overdose di eroina e cocaina, sotto forma di speedball, oltre a tracce di cannabis, valium, efedrina ed un anti-influenzale per il quale non era necessaria la ricetta medica. Tuttavia sul suo corpo di 1,78 metri non furono ritrovati segni di aghi e di alcool, visto che l’attore aveva bevuto solamente acqua durante tutta la serata; furono comunque rinvenute abrasioni alle mani e una contusione ad uno stinco per via della caduta.

La sua breve vita

River Jude Bottom era nato a Madras, un piccolo paese nella contea di Jefferson nello stato dell’Oregon il 23 agosto del 1970. I genitori avevano origini piuttosto variegate: il padre aveva sangue inglese, tedesco e francese ed era cattolico; la madre newyorchese era ebrea russo-ungherese. Quando divenne un famoso attore River descrisse i suoi genitori come degli ‘hippie’, affermando inoltre di come fossero soliti trattare tutti e cinque i loro figli come ‘amici’ più che come figli e che l’opinione di ogni membro della famiglia aveva lo stesso peso indipendentemente dall’età. I due si conobbero in California nel 1968, dove Arlyn stava facendo l’autostop dopo aver abbandonato la propria famiglia a New York. Si sposarono il 13 settembre del 1969, circa un anno dopo essersi conosciuti. La coppia visse vagabondando per diverse comunità hippies del Paese, facendo spesso uso di droghe psichedeliche, quali LSD.

Nel 1980 River girò alcuni spot pubblicitari per Mitsubishi, Ocean Spray e Saks Fifth Avenue con uno stipendio di 317 dollari al giorno, la Burton dichiarò in seguito che a causa della dieta vegana del figlio i genitori non vollero che River facesse pubblicità per aziende come Kellogg’s e McDonald’s. Non appena River cominciò la sua carriera, lasciò la scuola e la sua istruzione fu affidata a Dirk Drake, un giovane uomo che aveva studiato in marina e che sarebbe diventato uno degli amici più stretti dell’attore. Dopo la pubblicità il giovane River cominciò a lavorare per la televisione e in pochi anni divenne il principale sostegno economico della sua famiglia. Il suo debutto al cinema fu in “Explorers” di Joe Dante nel 1985 a soli quindici anni. L’anno seguente divenne una star di Hollywood partecipando al cult movie “Stand by me” di Rob Reiner e “Mosquito coast” dell’australiano Peter Weir. Il giovane attore mostrò la sua maturità recitativa con il grande Sidney Lumet nel film “Vivere in fuga” del 1988. In seguito lavorò con Steven Spielberg (Indiana Jones e l’ultima crociata, 1989), con Lawrence Kasdan (Ti amerò fino ad ammazzarti, 1990), e in due film di Gus Van Sant (Belli e dannati e Cow girl). La sua ultima testimonianza sul grande schermo è in “Dark blood” di George Sluizer del 1993.

FILMOGRAFIA

  • Explorers, regia di Joe Dante (1985); vince un Young Artist Award
  • Stand by Me – Ricordo di un’estate (Stand by Me), regia di Rob Reiner (1986); vince un Young Artist Award
  • Mosquito Coast (The Mosquito Coast), regia di Peter Weir (1986); vince un Young Artist Award
  • Le ragazze di Jimmy (A Night in the Life of Jimmy Reardon/Aren’t You Even Gonna Kiss Me Goodbye?), regia di William Richert (1988)
  • Nikita – Spie senza volto (Little Nikita/The Sleepers), regia di Richard Benjamin (1988)
  • Vivere in fuga (Running on Empty), regia di Sidney Lumet (1988): vince un National Board of Review Award
  • Indiana Jones e l’ultima crociata (Indiana Jones and the Last Crusade), regia di Steven Spielberg (1989)
  • Ti amerò… fino ad ammazzarti (I Love You to Death), regia di Lawrence Kasdan (1990)
  • Belli e dannati (My Own Private Idaho), regia di Gus Van Sant (1991); vince una Coppa Volpi e un Independent Spirit Award
  • Dogfight – Una storia d’amore (Dogfight), regia di Nancy Savoca (1991)
  • I signori della truffa (Sneakers), regia di Phil Alden Robinson (1992)
  • Quella cosa chiamata amore (The Thing Called Love), regia di Peter Bogdanovich (1993)
  • Cowgirl – Il nuovo sesso (Even Cowgirls Get the Blues), regia di Gus Van Sant (1993) – cameo non accreditato
  • Silent Tongue, regia di Sam Shepard (1993)
  • Dark Blood, regia di George Sluizer (1993)

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