Cinema: “Interstellar”, l’amore oltre il tempo e lo spazio

Il film di Christopher Nolan è uno dei classici della fantascienza per l’accuratezza degli effetti speciali, la descrizione di tematiche complesse sui buchi neri e per l’aspetto emotivo della storia

“Questa storia è piena di nostalgia e dolore, ma al suo interno c’è l’idea meravigliosa che, anche se l’amore è qualcosa che non si può toccare e conservare, rimane con noi malgrado le distanze del tempo e dello spazio”

(Jessica Chastain, attrice)

“Dopo che siete nati voi tua mamma mi ha detto una cosa che non avevo mai capito. Mi ha detto “Ora siamo qui solo come ricordi per i nostri figli”. Credo di aver capito che cosa voleva dire. Quando diventi genitore sei il fantasma del futuro dei tuoi figli”. 

(frase recitata da Matthew McConaughey)

Interstellar è sicuramente un film che ce la mette tutta per mostrarsi in aperta colluttazione con la fobia più antica che ci sia, quella dell’abbandono. È questa paura che domina la relazione tra il protagonista e la figlia, è contro questa paura, e le avversità micidiali della teoria della relatività, che il protagonista lotta con una determinazione eroica: è questo dramma che rende il suo destino tragico. Questo legare un mondo fatto di universi del futuro al sentimento che come specie e come individui costituisce il focolaio più antico e potente conferiscono al film un basso profondo di affettività angosciosa e dolente, celebrata da una strepitosa colonna sonora dal respiro sinfonico di Hans Zimmer”.

(Marco Dalmastro, fisico delle particelle)

Un wormhole, o ponte di Einstein-Rosen, è una distorsione dello spazio-tempo che metterebbe (il condizionale è d’obbligo!) in comunicazione due regioni altrimenti enormemente distanti: una sorta di scorciatoia. Tecnicamente, è una soluzione corretta delle equazioni della relatività generale, dunque, almeno sulla carta, può esistere davvero. Sappiamo però anche si tratterebbe di un’oggetto estremamente instabile: anche ammesso che sia possibile per crearne uno, scomparirebbe troppo in fretta perché lo si possa attraversare”.

(Kip  Stephen Thorne, astrofisico e produttore esecutivo del film)

Un genere ‘minore’ diventato adulto

Nella storia del cinema i film di fantascienza sono stati sempre considerati un genere ‘minore’ almeno sino all’uscita di “2001: odissea nello spazio” nel 1968. Il film di Kubrick è stato un vero e proprio spartiacque: con la sua pellicola straordinariamente efficace dal punto di vista visivo e inquietante nei temi filosofici, il genere ‘scence-fiction’ divenne ‘adulto’. In seguito altri film come “Incontri ravvicinati del terzo tipo” (1977) di Steven Spielberg,  “Blade Runner” (1982) di Ridley Scott

 e più recentemente “Gravity” (2013) di Alfonso Cuaron e “Arrival” (2015) di Denis Villeneuve hanno ribadito la serietà dei temi affrontati dal genere fantascientifico.

Negli anni ’50, durante il decennio più acuto della guerra fredda film come “Ultimatum alla terra” (1951) “La guerra dei mondi” (1953), e “L’invasione degli ultracorpi (1956), avevano descritto la terra oggetto di invasione da parte di extraterrestri pericolosi (metafora grossolana della minaccia comunista).

L’odissea eroica di “Interstelinterstellar_poster__9_by_visuasys-d7wra3r.jpglar”

Christopher Nolan, classe 1970 (padre inglese e madre statunitense) è considerato come uno dei maggiori talenti visivi del cinema contemporaneo. Nei suoi film emerge prepotentemente il lato oscuro e misterioso di storie al confine tra reale e irreale (“Memento”, “The prestige” e “Inception”). Famoso in tutto il mondo per la trilogia del cavaliere oscuro con Christian Bale, dopo il grande successo del thriller fantascientifico di “Inception”, Nolan decise di confrontarsi con il genere che da sempre lo aveva affascinato: la science-fiction. Il cineasta anglo-americano aveva spesso dichiarato la sua profonda ammirazione per “2001: odissea nello spazio”. Quando, con l’aiuto del fratello Jonathan iniziò (2007) a scrivere il soggetto e la sceneggiatura di “Interstellar”, il film di Kubrick era uno dei suoi modelli e punti di riferimento dal punto di vista visivo e concettuale. Per alcuni anni il progetto si arenò; soltanto nel 2013 il film con un budget di ben 165 milioni di dollari entrò nella fase produttiva. Le riprese si svolsero dall’agosto al dicembre del 2013 in Canada, Islanda e California. Anche il cast artistico e tecnico fu scelto con molta attenzione. Nolan decise che l’attore protagonista dovesse essere Matthew McConaughey, accompagnato da Anne Hathaway, Jessica Chastain, Michael Caine, John Lithgow, Casey Affleck, Ellen Burstyn e Matt Damon. Kip Stephen Thorne, noto astrofisico ed esperto dei buchi neri diede il suo importante contributo per gli argomenti trattati nel film sulle onde gravitazionali e sui cosiddetti wormhole (è un’ipotetica tesi dello spazio-tempo che è essenzialmente una “scorciatoia” da un punto dell’universo a un altro, che permetterebbe di viaggiare tra di essi più velocemente di quanto impiegherebbe la luce a percorrere la distanza attraverso lo spazio normale). Il resto del cast tecnico fu composto dall’autore di colonne sonore Hans Zimmer, Lee Smith al montaggio, Nathan Crowley per le scenografie, Mary Zophres si occupò dei costumi e Hoyte Van Hoytema curò la fotografia. Per il complesso comparto degli effetti speciali furono assoldati Paul Franklyn, Andrew Lockley, Ian Hunter e Scott Fisher. Con loro collaborò la Double Negative, azienda inglese richiesta in tutto mondo per la specifica competenza negli effetti speciali digitali.

Come il celebre film di Kubrick che quest’anno compie mezzo secolo, “Interstellar” è una sorta di odissea eroica di esplorazione spaziale con una differenza sostanziale. In “2001” l’uomo intraprende un viaggio cosmico alla ricerca di risposte sulla propria origine, mentre nel film di Nolan gli essere umani sono costretti a cercare un pianeta simile alla terra perché quest’ultima sta diventando ormai invivibile (“La generazione di tua figlia… sarà l’ultima a sopravvivere sulla Terra”, è la frase profetica detta dal professor Brand (Michael Caine). Altro snodo centrale (forse il più coinvolgente aspetto emotivo-narrativo) nella storia di “Interstellar” è il rapporto tra Joseph Cooper (Matthew McConaughey) e la figlia (interpretata da Mackenzie Foy, Jessica Chastain e Ellen Burstyn nelle diverse età della sua vita). Il padre astronauta decide di partire verso l’ignoto per salvare la specie umana ma non sa quando la missione si concluderà. Tuttavia promette solennemente di tornare dalla figlia (“Ti voglio bene per sempre e ti prometto che tornerò, tornerò Murphy…” (è una delle scene più strazianti del film insieme ai video messaggi in cui Cooper vede sua figlia che da bambina diventa adulta. Il tempo infatti non passerà allo stesso modo per entrambi.

“Interstellar” fu distribuito nelle sale italiane il 6 novembre del 2014 suscitando intensi dibattiti su argomenti complessi come le onde gravitazionali, i buchi neri e la dilatazione del tempo e dello spazio. A mio avviso quello che rende il film di Nolan un classico è l’aspetto emotivo-esistenziale, ovvero il mirabile tentativo di descrivere quell’energia che continua a dare un senso all’esistenza degli essere umani: l’istinto di sopravvivenza e il sentimento dell’amore che è l’unica forza in grado di attraversare il tempo e lo spazio. In “Interstellar” questo concetto è rappresentato dall’eroico viaggio di Cooper (una sorta di Ulisse del cosmo) per tornare dalla propria figlia e mantenere la sua parola, la sua promessa.

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