“Accattone”, Pasolini sconvolge l’Italia del boom

Nel 1961 usciva il primo film del celebre poeta e scrittore bolognese che scatenò aspre polemiche

“Ancora non sei morto? Eppure m’hanno detto 

che il lavoro ammazza la gente!”

(Dal film “Accattone”)

Pasolini prima del cinema

Prima di ‘sconvolgere’ l’Italia e il mondo del cinema, Pier Paolo Pasolini era un poeta e uno scrittore affermato e apprezzato dall’universo letterario del nostro Paese. Un pezzo dell’Italia bigotta e conservatrice odiava profondamente questo intellettuale scomodo soprattutto per la sua vita privata e per il suo orientamento sessuale. Nato a Bologna ma cresciuto a Casarsa in Friuli, il giovane Pasolini iniziò la sua attività letteraria nell’immediato dopoguerra con “Diarii” (1945), “Pianti”(1946), “Dov’è la mia patria”(1949).

Nel 1949 il poeta fu espulso dal partito Comunista di Togliatti per la sua omosessualità. Il rapporto con il Pci fu sempre sofferto e conflittuale anche se lo scrittore si definì sempre un marxista. Nel 1950 Pasolini si trasferì a Roma con la madre. Aveva trovato un lavoro come insegnante in una scuola dell’estrema e degradata periferia romana. L’impatto con la dura vita dei nuovi quartieri dormitorio, costruiti in fretta e senza nessun criterio urbanistico, fu alquanto difficile per il giovane intellettuale. Tuttavia il nuovo decennio è fertile per la sua poliedrica creatività. In questi anni si affermò definitivamente come uno dei giovani più promettenti e stimolanti del panorama culturale del dopoguerra.

Nel 1954 pubblicò “La meglio gioventù” che ebbe un notevole successo di critica. L’anno seguente scrisse il suo primo romanzo, “Ragazzi di vita”, una sorta di “manifesto” antropologico della dura realtà dei giovani delle periferie romane. Con questo straordinario libro iniziarono i guai giudiziari dello scrittore. In Italia si parlò per la prima volta della prostituzione maschile. Fu uno choc culturale. Pasolini è messo all’indice dalla Chiesa. L’Italia bigotta “rifiuta” la dura verità raccontata da un personaggio così scomodo. Sino alla sua tragica morte, la vita di Pasolini sarà giudicata, sezionata e condannata dal moralismo imperante nella società italiana. L’artista è stato quotidianamente “messo al rogo” da chi non voleva vedere le contraddizioni del capitalismo italiano del dopoguerra, da chi era miope nei confronti degli scempi delle nuove periferie urbane che crescevano a dismisura. Secondo il poeta l’industrializzazione selvaggia stava distruggendo l’identità culturale italiana.

Pasolini proseguì con la sua attività e nel 1957 pubblicò il suo capolavoro poetico “Le ceneri di Gramsci, la religione del mio tempo”. Nel 1959 è la volta del suo secondo romanzo, “Una vita violenta”. Lo scontro e l’odio nei suoi confronti si fece sempre più aspro. Il Paese non accettava il modo di Pasolini di descrivere la realtà. Sono gli anni del boom economico e anche le fasce più povere sembrano finalmente poter accedere al consumismo. Nel decennio successivo, Pier Paolo Pasolini abbraccia il cinema: ogni suo film sarà un vero e proprio pugno allo stomaco degli italiani.

“Accattone”, il lato tragico del boom economico

Dalla seconda metà degli anni Cinquanta l’Italia esce definitamente dalla tragedia della Seconda guerra mondiale. In meno di dieci anni il nostro Paese uscito distrutto, devastato e affamato dalla drammatica esperienza bellica, tornò a crescere a livelli impensabili in tutti i settori economici. Si costruiscono autostrade, case popolari con bagni e riscaldamenti, la Fiat sforna le prime automobili di massa come la Fiat 500 e 600, l’Eni sfrutta le nostre pur esigue risorse energetiche. Gli italiani conoscono il benessere con il cosiddetto ‘boom economico’. Anche il cinema racconta questo fenomeno con capolavori come “Poveri ma belli”, “Pane, amore e fantasia”, “I soliti ignoti”, “Una vita difficile” e il “Sorpasso”. Queste pellicole erano spesso ritratti comici, scanzonati con qualche critica velata nei confronti di questa crescita disordinata che all’epoca sembrava inarrestabile. Gli italiani volevano ‘nascondere’ le ultime sacche di povertà e sottosviluppo che erano ancora presenti soprattutto nel meridione. “Accattone” di Pasolini quando fu distribuito nelle sale nel novembre del 1961 fu un vero e proprio pugno allo stomaco all’ottimismo imperante. Il film “dell’intellettuale contro”, raccontava con un incredibile realismo la dura realtà delle periferie romane: un immenso panorama di baracche senza acqua, senza fogne in cui decine di migliaia di persone vivevano in condizioni di estrema povertà e degrado. Nessuno prima di Pasolini aveva avuto il coraggio di descrivere l’impietosa vita del sottoproletariato urbano delle grandi città. Per gli italiani la visione di “Accattone” fu uno shock, fu come un brusco risveglio dal sogno di ricchezza e spensieratezza. Il taglio visivo del film di Pasolini era durissimo, realistico, quasi documentaristico nel rappresentare una povertà feroce e degradante troppo presto rimossa dall’inconscio del nostro Paese. Pasolini scelse con estrema cura i luoghi in cui girare la tragica vita senza speranza dei personaggi che popolano Accattone. Le riprese si svolsero tra l’aprile e il luglio del 1961 nelle borgate sulla via Casilina, via Portuense, il Pigneto, Gordiani, Centocelle, la Marranella e Ponte Testaccio per la drammatica scena finale. 

La pellicola doveva essere prodotta da Federico Fellini, che tuttavia si tirò indietro all’ultimo momento, preoccupato della scarsa esperienza di Pasolini con la complessità del mezzo cinematografico, a cui si avvicina per la prima volta con questo progetto. Il film fu finanziato da Alfredo Bini per un costo di cinquanta milioni di lire. L’intellettuale si affidò all’esperienza di Tonino Delli Colli alla fotografia, a Nino Baragli al montaggio e alle scenografie di Flavio Mogherini. Alla sceneggiatura collaborò Sergio Citti che era stato consulente di Pasolini per il dialetto romanesco nei suoi primi due romanzi. Uno dei colpi geniali del regista fu quello di coniugare situazioni, ambienti e personaggi squallidi con le meravigliose musiche di Johann Sebastian Bach, in particolare brani estratti da “Passione secondo Matteo”, che fecero risaltare ancora di più il contrasto dei mondi delle baraccopoli romane. In estrema sintesi “Accattone” è una metafora di quella parte di Italia costituita dal sottoproletariato che vive nelle periferie delle grandi città senza alcuna speranza per un miglioramento della propria condizione, a cui non resta che la morte come via di uscita da una condizione disperante. E’ una descrizione troppo cruda e impietosa che suscita durissime polemiche e proteste di una parte del pubblico italiano. Presentato alla 26a Mostra Internazionale del Cinema di Venezia nell’agosto del 1961, l’opera prima di Pasolini  ricevette dure contestazioni. Il film sarà bloccato in sede di censura dal sottosegretario al Ministero del Turismo e dello Spettacolo Renzo Helfer e ritirato dalle sale italiane. L’anno seguente vinse il Premio per la miglior regia al Festival Internazionale del cinema di Karlovy Vary in Cecoslovacchia.  Alfredo Bini vincerà il Nastro d’Argento come miglior produttore. “Accattone” fu solo l’inizio della folgorante carriera cinematografica di Pasolini, un protagonista assoluto della cultura italiana e europea dal dopoguerra sino alla sua tragica morte avvenuta nel 1975.

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