La rivoluzione di Jacko – Racconto quarto

Gli Anni Sessanta in America hanno visto nascere il movimento hippy, quello dei “figli dei fiori”,  composto da adolescenti e giovani di razza bianca con una tradizione di dissenso ereditata dai bohémien e dai beatniks.  Gli hyppies, contrari alle armi nucleari, alla guerra del Vietnam, spesso vegetariani e ambientalisti, abbracciavano aspetti della filosofia orientale e promuovevano la libertà sessuale, dichiaravano di usare droghe psichedeliche con l’intento, discutibile, di espandere le possibilità della coscienza.

Amavano vivere in comunità.  Il loro credo era mite e non dottrinario, volto a favorire la pace, l’amore, la libertà personale, la fratellanza tra gli uomini a prescindere dal colore della pelle. Era appena nata, in quegli anni,  una generazione di musicisti e cantautori,  i più noti Joan Baez e Bob Dylan, che proponeva ballate a sfondo politico. Dopo il celebre raduno del 1969 a Woodstock, la cultura hippy si era diffusa in tutto il mondo  attraverso il rock, il folk e il blues impegnati nel sociale. Una famosissima canzone dei Beatles “All you need is love”, “Tutto ciò di cui hai bisogno è amore”, trasmessa  nella prima diretta  planetaria che il mondo ricordi, incarna questa corrente di pensiero.

The Beatles – All you need is love

***

In quello stesso periodo, con tutt’altre caratteristiche, esplodeva in parallelo in America il fenomeno Jackson 5. Non si legavano a nessuna filosofia, a nessun credo politico, a nessuna contestazione, eppure avevano una caratteristica inedita e dirompente: portavano la musica nera a pari dignità e diffusione della bianca. Conscio del momento straordinario Berry Gordy, sprofondato nella poltrona dello spazioso studio della sua Motown, con occhi socchiusi dal piacere,  fissava il quintetto seduto oltre la scrivania.  “Cinque ragazzini neri in vetta alle classifiche, il cui leader non ha ancora undici anni, accade una, forse due volte, in un secolo” pensava soddisfatto. Il padrone della Motown si schiarì la voce ed  esordì guardando i Jackson 5:
“I wont you back” mi ha convinto che siete cavalli di razza. Dobbiamo programmare grandi cose,  dovete trasferirvi…
Dove?! – chiese Jacko con angoscia
Anche se a casa non era felice amava quell’ odore e quel disordine come un cucciolo ama la sua cesta.
Los Angeles…
Solo noi ? –  Michael lo guardò preoccupato
Certo che no! La famiglia intera …  nel frattempo di te si occupa Diana, per un po’ stai da lei…

***

Quando rientrarono per cena e tutti e undici furono seduti alla grande tavola, Katherine Jackson appresa la notizia, servendoli uno per uno,  si agitò:
Come sarebbe che Michael va a casa di Diana Ross?!
Cos’hai contro Diana?! –  di rimando Joe alzò la voce
Le donne di spettacolo sono delle poco di buono…
Santa sei tu e i  testimoni di Geova… – lui la guardò con disprezzo – come fai a non capire che io voglio portarvi via dalla spazzatura di Gary? Le aziende siderurgiche stanno licenziando, qui è rimasta solo la droga! La musica può salvare i nostri figli…
Si, ma tu esageri e li tartassi…
Quella sera Michael dovette preparare la valigia insieme ai suoi fratelli. In casa regnava un silenzio pesante, si avvertiva il dolore del distacco e la confusione interiore. Jacko era il più piccolo e sua madre lo aiutò con le lacrime agli occhi, provando quella commozione mista ad ansia che attanaglia davanti ai  cambiamenti: poco importa se si rivelano miracolosi ,  non lo sappiamo mai prima.

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Diana Ross viveva in una casa bella come mai a Michael era capitato di vedere. Prima di trasferirsi a Encino, dove la Motown aveva affittato una villetta per la famiglia Jackson, le settimane  trascorse con lei furono piacevoli al punto che avrebbe desiderato averla come madre. Michael la seguiva passo passo e continuava a farle domande. Diana, tra una lezione e l’altra di musica, gli insegnò il disegno e la pittura: Jacko si applicò, pur pensando che solo cantare e ballare  era il suo stato di grazia. Andavano insieme alla casa discografica e con Berry Gordy programmavano  il lancio delle canzoni. Jacko ascoltava, guardava Diana e si affidava a lei.
Io direi – diceva il padrone della Motown alla Ross – che sarebbe bene presentarli come scoperti da te… una star affermata è sempre un ottimo biglietto da visita…
Diana Ross presenta i Jackson 5? Magnifico! – lei acconsentì di slancio –  sarei anche del parere che Michael dovrebbe dichiarare meno dell’età che ha… diciamo otto… farebbe sensazione…
Michael hai capito? – Berry Gordy lo guardò apprensivo.
Il bambino fece cenno di sì.
Questo vuol dire – continuò l’uomo – che se vi intervistano devi ricordartelo… dichiarare sempre otto anni, non  sbagliare.
Jacko fece un cenno affermativo.
Un’altra cosa che dovete tenere a mente tutti quanti –  Berry Gordy li fissò negli occhi per sottolineare quello che stava dicendo –  è che non dovete farvi scappare una parola… ripeto una sola parola che la stampa possa etichettare come “politica”.. il clima sociale è incandescente, noi siamo neri…  non possiamo permettercelo se vogliamo il successo… Luther King, Malcom X, Black Panthers  non sapete  chi sono. Chiaro?  Non vi interessano gli hippy …
Michael alzò gli occhi verso Diana.
Dovete essere gentili con tutti – spiegò lei –  la gente di voi deve fidarsi…
Jacko era frastornato, non comprendeva molto di quello che stavano dicendo, amava gli “Sly & The family stone”, gruppo di punta della generazione di Woodstoock,  ma era chiaro che avrebbe detto e fatto esattamente quello che gli suggerivano: sapeva nel profondo che essere afroamericano non costituiva un vantaggio. Farsi amare, piacere al pubblico, imporsi per quello che erano, per l’appeal posseduto dal loro visetto cioccolata,  calamitare consensi con una sensualità rara,   era il modo di cambiare il mondo dei Jackson 5.

***

Smokey Robinson, cantante nero e compositore di soul e rhythm and blues, altra colonna della Motown,  quella sera si trovava negli studi perché aveva inciso un nuovo disco. Salutò tutti deciso ad andarsene tanto era stanco quando, passando davanti a una stanza aperta,  si fermò sbalordito.
Diana vieni! –  le fece cenno di correre
Che succede? – lei sopraggiunse
Ecco dove è finito il nostro eroe!
Avevano cercato Michael chiedendosi cosa fosse accaduto visto che non si vedeva in giro da almeno mezz’ora.
Cucciolo! –  Diana Ross gli andò vicino e gli fece una carezza.
Jacko, il capo poggiato accanto al microfono, si era addormentato in sala di registrazione.
E’ una vita faticosa… povero piccolo… – disse la donna – come facciamo a spostarlo?
Smokey cercò di prenderlo in braccio, non ci riuscì. Michael si svegliò all’improvviso,  traballando si mise in piedi.
Sembra un’anima adulta nel corpo di un bambino.. –  l’uomo gli mise una mano sulla spalla –  ha una dedizione al lavoro che non si trova neanche in uno grande…
***

I Jacksons 5 nel 1970 incisero dischi su dischi.  Uno di questi, il singolo ABC,  vendette milioni di copie e arrivò  in cima alla classifica superando “Let it be” del famoso quartetto di Liverpool. L’anno seguente, quanto il quintetto di ragazzini neri salì sul  palco di un grande concerto a Los Angeles, Michael Jackson introdusse quel brano annunciando con orgoglio:  “Eccoci qua! Adesso vi cantiamo il pezzo con il quale abbiamo scalzato dal primo posto i Beatles!”.  Questa la sua rivoluzione.

Jackson 5 – ABC

(continua)

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