Il destino di Jacko – racconto ottavo

Jermaine Jackson a diciannove anni, nel 1973, sposò Hazel Gordy, figlia del presidente della Motown. Sua moglie si interessava personalmente della sua carriera e la nuova situazione sancì l’ allontanamento di Jermaine dai Jackson 5 spianandogli la strada come solista.

Si trattava di un cambiamento di organizzazione e un distacco affettivo al quale nessuno rimase indifferente. Michael che era ipersensibile, non vedendosi più suo fratello intorno, si sentì nudo e smarrito. Jermaine era quello al quale più era affezionato, era  il maggiore che vedeva come una guida.
Peccato che non ci sia Jermaine… come facciamo a debuttare a Las Vegas? – chiese a suo padre.
Joe si grattò la testa:
–   Entrano nel gruppo La Toya e Janet.
Le due sorelle di Jacko,  avevano all’epoca l’una diciassette anni e l’altra sette: il cambiamento non fu indolore, all’inizio suonò strano. Ma, nonostante le loro paure, la musica in famiglia era una predisposizione genetica: la perdita di un componente della band non si rivelò un problema e, caso mai, rese palese che l’unico insostituibile era Michael.

L’abbandono di Jermaine, le difficoltà del mercato, l’indifferenza di Berry Gordy, portarono i rapporti con la casa discografica a esaurirsi.  Per un po’ il gruppo evitò le discussioni, a volte lavorando senza incrociare Berry, ma un giorno Joe perse la pazienza e prese a urlare contro il presidente della Motown.
Basta! Noi non possiamo decidere niente, invece voglio che il lato b dei singoli sia scelto dai Jackson! Da noi in prima persona, chiaro?!
Dietro questa precisa  richiesta stava il calcolo che le canzoni sul lato b dei dischi, anche se meno conosciute,  avrebbero fatto incassare molto se avessero venduto bene.
Joe  stai esagerando –   Gordy allargò gli occhi e alzò la voce
Non ti frega proprio di noi! – replicò il padre
I due erano agitati, i ragazzi spaventati come quando il loro papà rientrava di malumore. Scese un silenzio pesantissimo, Joe imboccò l’uscita e sparì. I figli si guardarono smarriti. Ma,  inaspettatamente, Michael si avvicinò al presidente,  lo trasse in disparte e disse piano:
– Berry, così non può continuare… dobbiamo avere un colloquio… io e te da soli… incontriamoci per risolvere la situazione.
Il padrone della Motown sgranò gli occhi, perché non lo faceva così risoluto. Restò di stucco. Poi prevalse lo stupore, la curiosità,  e mister Gordy rispose complice:
– Torna domani.
Per un ragazzo che aveva poco più di sedici anni  era una iniziativa straordinaria escludere la famiglia e chiarire con il capo:   significava assumersi la responsabilità di stare alla Motown o di lasciarla.  Jacko voleva tener lontano suo padre a causa del suo caratteraccio, al tempo stesso non voleva parlarne ai fratelli perché avrebbero messo la decisione ai voti.  La situazione aveva tirato fuori la sua natura di  businessman, di uomo d’affari, senza la quale anche l’ artista più eccelso difficilmente ha successo. Malgrado le fragilità psicologiche, le paure, i dubbi, i sensi di colpa sotto i quali seppelliva la sua sessualità,  quando si trattava di valorizzare il suo talento, l’ immagine e la carriera, Michael Jackson  perdeva la componente infantile e diveniva un adulto smaliziato, molto più di tanti altri.

Il giorno dopo Michael e Berry Gordy si incontrarono a Bel Air, nella villa lussuosa del proprietario della casa discografica. Gordy stava seduto in uno studio imponente, un po’ pacchiano, pieno di  foto con cornici d’argento. Michael si mise di fronte a lui e l’altro lo ascoltò pensieroso, lasciandolo parlare:
–   Berry io voglio inserire nei dischi i pezzi che scrivo da tempo… – disse Michael
Il presidente non rispose.
E’ legittimo aspirare a prodursi da soli… – incalzò Jacko
L’uomo scosse la testa, si umettò le labbra e alla fine bofonchiò con aria grave:
Michael ascoltami…. ho messo su un impero… i Jackson 5 li ho creati io… so quel che devo fare, ok?
Il ragazzo capì: significava prendere o lasciare e  se ne andò molto confuso.

***

Non molto tempo dopo i Jackson 5 cambiarono casa discografica e passarono alla CBS. La separazione ebbe un prezzo alto: avrebbero dovuto dire addio a ogni ricavo delle 174 canzoni pubblicate tra il 1969 e il 1975, anno dell’uscita dalla Motown. Berry Gordy chiese cinque milioni di dollari di risarcimento perché il gruppo lo aveva abbandonato prima che scadesse il contratto. Jermaine, legato alla famiglia Gordy , rifiutò di lasciare l’etichetta e divenne un loro concorrente:  cosa che creò le sofferenze più grandi. Dulcis in fondo, la band non avrebbe più potuto usare il nome Jackson 5, con il quale erano noti in tutto il mondo, perché di proprietà esclusiva della casa discografica.

Fu Randy, tre anni meno di Michael e ultimo maschio di casa, a prendere il posto di Jermaine.  Quindi i “Jackson 5” diventarono “The Jacksons”. Era iniziata  un’era nuova. Anche qui non mancarono momenti di frizione: memore del successo dei cartoons che avevano per protagonisti i cinque ragazzi neri, la CBS pensò  di imperniare sulla famiglia un serial televisivo. Idea che a Jacko non piaceva, come non gli erano piaciuti i cartoni animati.
Il programma ha un valore socialmente rilevante: è la prima volta che alla TV americana si manda in onda un telefilm che ha per protagonista una famiglia afroamericana – spiegava il funzionario della CBS, fissando Michael nelle pupille, incredulo che osasse protestare.
Proprio questo mi da sui nervi! – rispose   Jacko
A casa la famiglia tenne una riunione sull’argomento:
–  Per quale follia non vorresti firmare per il serial TV? – chiese Joe a suo figlio, preoccupato che facesse saltare gli accordi.
–    Perché?! – incalzò La Toya che, non partecipando al gruppo musicale, aveva timore che le togliessero la possibilità di andare almeno in video
–     Odio questa esposizione nera di serie b! – strillò Jacko –  sulla copertina di un magazine importante non ci finiamo neanche per sbaglio!
Ma alla fine, trovandosi tutta la famiglia contro, Michael dovette acconsentire e mise la sua firma sul contratto,  sperando in un provvidenziale flop. Non era però scritto nel destino: dopo la prima serie ne venne realizzata una seconda perché il programma andava benissimo.

Insoddisfatto degli accordi che stipulava,  Michael consultava spesso dei legali e John Branca era uno di questi, giovane avvocato specializzato nel mondo dello spettacolo. Aveva otto anni più di Jacko, che lo vedeva come riferimento :
Il cambiamento di nome non ci ha procurato problemi – spiegava Michael a John Branca – il pubblico in fondo riconosce nei Jacksons i Jackson 5… mi dispiace che Jermaine come solista stia facendo fiasco … John anch’io voglio fare il solista,  voglio diventare l’artista più famoso del mondo e anche il più ricco  e tu curerai i miei affari.
L’altro rise:
Fosse destino!
Il destino ce lo facciamo noi… – stabilì Jacko.

***

Il terzo disco dei Jacksons,  pubblicato dalla CBS nel 1978,  si intitolava proprio “Destiny”. Fu il miglior risultato artistico mai raggiunto dal complesso afroamericano in una carriera decennale. Per il lancio i cinque si ritrovarono in un grande centro commerciale ad autografare le copie acquistate.  Ma quando i fan li videro, soprattutto quando videro Michael,  si lanciarono addosso determinati a strappare pezzi dei loro abiti, ciocche di capelli, quel che capitava . I  fratelli si spaventarono,  Jacko prese a urlare scappando. Furono inseguiti. Nel parapiglia una donna cadde facendosi male. A stento le guardie del corpo  riuscirono a proteggere i Jacksons scortandoli a un passaggio che, attraverso il tetto,  li avrebbe condotti a un’uscita segreta. Quando  furono in salvo, entrando nell’automobile dai vetri oscurati, Michael  trasse un sospiro di sollievo:
Dio sia lodato! Voglio salire sino a lui…
Così  voleva andasse la sua vita e in “Destiny”  si augurava un lusso che pochi sperimentano: essere se stesso.

Destiny
In questo mondo c’è molta confusione 
ho provato la vita di città, non fa per me 
Ora sogno luoghi lontani 
Dove non  so, sarà destino 

Una vita ricca non la voglio 
La felicità non consiste nelle cose materiali 

Voglio il mio destino 
Una vita semplice
Lasciami essere libero
Lasciami essere me stesso

The Jacksons – Destiny

(continua)

Condividi sui social

Articoli correlati