Jacko, “This is it”… – racconto trentasettesimo

Non molto dopo la diffusione delle foto di Michael in sedia a rotelle, il famoso giornalista investigativo Ian Halperin, che stava pubblicando  una biografia non autorizzata sulla popstar, lanciò affermazioni che annientarono i fan:  Michael Jackson sarebbe stato affetto da una sindrome chiamata AIAD, malattia causata dalla mancanza di una proteina protettiva dei polmoni, che lo aveva già reso cieco dall’ occhio sinistro e impossibilitato a parlare. Unica probabilità di salvarlo, secondo Ian Halperin, il  trapianto del polmone. 

E’ facile immaginare come, fatto passare per  scoop,  scoppiò come una bomba:  nulla polarizza la nostra attenzione come il sesso e la morte.

Anche Randy Taraborrelli , il biografo più accreditato del re del pop –  suo amico d’infanzia, di due anni più vecchio di Michael, giornalista residente a Los Angeles, che sul cantante aveva firmato “The magic and the madness”, oltre settecento pagine di analisi  scaturite da affetto e ammirazione –  nell’estate del 2008 aveva visto le drammatiche immagini e sentito le voci che davano per spacciato l’artista. Si era preoccupato e aveva indagato telefonando  a un confidente informato.
Che cos’ha Michael ? Sembra alla fine –  gli aveva chiesto Randy preoccupato
Niente più del solito…  – era stata la risposta – non ha grande voglia di lavorare ed è molto abbattuto… come sempre…è come se gli anni del successo non contassero più… si sente molto solo…
Ma perché sta sulla sedia a rotelle?
L’artrite si è aggiunta al mal di schiena… è  pieno di dolori, non si capisce bene se inventati…
Dagli uffici stampa?
I giornali con queste cose ci vanno a nozze ma  anche lui ne ricava qualcosa…  però l’artrite è una sofferenza autentica…
Taraborrelli aveva ringraziato e aveva chiuso il cellulare. Artrite? Si era chiesto incredulo, scrollando le spalle. Per lui, come per altri,  alcune situazioni restavano  nebulose,  cosa che del resto si augurava anche Michael. Sospirò, pensando che entrambi avevano raggiunto la cinquantina e  provò dispiacere per l’ amico tanto famoso e infelice. Per un uomo ossessionato dalla giovinezza, un po’ Peter Pan, un po’ Dorian Gray, il giorno del cinquantesimo compleanno – si disse Taraborrelli –  non sarebbe stato facile. A Randy più di una voce aveva riferito che Michael passasse molto tempo davanti allo specchio, in preda ai rimpianti:  “salice profondamente deturpato, il cuore spezzato di qualcuno  e un sogno cancellato” come aveva cantato nella popolare “The man in the mirror”.  Quando Randy aveva detto al suo illustre compagno di giochi: “Mike, ormai sei un cinquantenne…”. Il re del pop aveva sorriso malizioso: “Tutto passa in fretta, vero?  Vorrei poter fare tutto daccapo…”

Michael Jackson – The man in the mirror

Nessuna intervista, nessuna apparizione pubblica, per  il 29 agosto 2008, giorno del cinquantesimo compleanno di Michael Jackson. Decise di festeggiarlo privatamente,  con i  bambini e sua madre: attimi di felicità sempre più rara nella quotidianità di un  corpo subdolamente stanco e schiavo.  Faceva caldo nel ranch di Pharump  e quando la torta arrivò  Jacko storse bocca:
Non ho fame…
Morirai  di inedia – disse Katherine
Rise di quelle preoccupazioni e le passò il giornale che  lei aspettava con impazienza:
Eccoti le dichiarazioni del mio portavoce su Halperin…
Katherine inforcò gli occhiali e lesse sottolineando le parole con le labbra: “Le assurde illazioni dello scrittore nei confronti di Jackson sono pura invenzione…. Il signor Jackson sta bene e sta concludendo le trattative per una nuova tournée mondiale e per una serie di apparizioni speciali…”  
Sua madre storse la bocca:
– Halperin tenta di promuovere la sua biografia sfruttando i media, questo è vero…  comunque   non mi sembri affatto in forma, almeno non al punto da fare una tournée….
Porterò con me il medico…
Sono in ansia, non ti vedo bene….  anche lo sceicco ci si è messo…
Era accaduto infatti che Abdulla Bin Hamad Al Khalifa, il re del Bahrein che lo aveva ospitato dopo il processo, cercato invano di convincere Michael a lavorare per lui, furente, lo aveva denunciato   per non aver rispettato l’impegno a produrre un disco e scrivere una biografia.
Mam, il mio avvocato troverà un accordo…- disse Michael
Lei gli puntò addosso due occhi addolorati:
I giornali raccontano di nuovo che ti saresti convertito all’Islam…
Il mio avvocato smentirà anche questo…
Intanto ti costa un patrimonio…
Pagherò tutto con il tour …
Riuscirai a farlo?
Sono solo una decina di concerti e sono gli ultimi… ho pensato di chiamarlo “This is it” perché è il finale della mia carriera.
“This is it” in italiano letteralmente si traduce “Questo è quanto”.

***

Nel novembre del 2008 la vendita del ranch di Neverland divenne notizia ufficiale, era stato ceduto per 35 milioni di dollari a una compagnia di alberghi,  nella quale lo stesso Jackson deteneva delle quote.  La proprietà in cui aveva vissuto  sino al giugno 2005 passava il titolo di proprietario alla Sycamore Valley Ranch Company LLC, associata alla Colony Capital per motivi fiscali. Michael aveva donato quello che era rimasto della sua collezione di orango, giraffe, rettili e volatili,  al Banjoko Nature Preserve in Arizona:  volontari si stavano occupando di sistemarli e lui da lontano, non senza sofferenza, quasi perdesse una parte di se, si teneva informato sulla loro sorte. Dopo il doloroso distacco dal suo Eden senza fondamenta,  disteso sul suo letto a Parhump, il re del pop si scopriva guscio in mare:   sembrava impossibile quella caduta stellare. “Siamo tutti poca cosa” si disse e  con la mente immaginò i suoi animali, transitare da Neverland  a serragli inospitali,  in fila indiana su un’autostrada.

L’ultimo dell’anno, intristito da presagi funerei,   lo trascorse coi suoi bambini. Giocarono, li guardò ballare e insegnò loro dei passi nuovi. Li baciò con trasporto sentendo che erano quell’avvenire  che forse non avrebbe avuto: la droga, per quanto cercasse di dimenticarlo, lo sfiniva facendogli toccare la presenza della morte. Si commosse ammirando la bellezza dei figli e batté le mani quando  il maggiore, che riteneva il più dotato, si esibì al suono dell’ultimo disco inciso con Akon. “Seguirà le mie orme?”, si chiese e, poiché  non se lo augurava,   improvvisa tornò l’ angoscia.

Michael Jackson – Hold my hand duet ft. Akon

***                                     

Il 2009 tuttavia iniziava nel segno della speranza. Il 5 marzo all’Arena 02 di Londra il re del pop annunciò al mondo,  in una attesa e affollatissima conferenza stampa,  di aver programmato nella capitale inglese una decina di apparizioni da tenersi a luglio.“Questo è quanto” –  affermò spiegando il significato della tournée – l’ultimo bis, gli ultimi concerti… gli ultimi spettacoli a Londra…
I sostenitori restarono con il fiato sospeso,  chiedendosi se non intendesse l’ultima volta in assoluto,  e assaltarono il suo sito ufficiale raggiungendo il milione e mezzo di registrazioni per accaparrarsi i biglietti.  Nel giro di una decina di giorni ne furono venduti 750.000.  e il ricavato  reinvestito in una megaproduzione per corpo di ballo,  animali,  coro di bambini, giochi di prestigio ed effetti speciali.
Successo da capogiro  – esultò lo staff – approfittiamone!
Michel, stordito dall’amore dei fan sul quale non aveva più contato, andato a letto convinto di dover affrontare dieci concerti, al risveglio aveva appreso con stupore che erano diventati cinquanta,  da tenersi tra l’8 luglio 2009 e il febbraio 2010.
Cinquanta concerti? Siete matti? Non mangio niente, devo recuperare qualche chilo… non ce la faccio….  – aveva strillato agli organizzatori, in realtà più preoccupato per la sua immagine che per la  salute  –  sono senza fiato…
Poi, piegato alla volontà dell’ equipe,  all’urgenza di danaro, al  numero imprevisto di ammiratori,  al ritorno alla vita, aveva deciso di affidarsi al caso, come faceva sempre. Decise di chiedere aiuto a un personal trainer per rimettersi in piedi:  chiamò Lou Ferrigno, il culturista che un tempo lo aveva affascinato, protagonista della serie televisiva “L’incredibile Hulk”.

Il giorno stabilito Michael andò incontro al gigante muscoloso con una  curiosità infantile e un’ aspettativa grandiosa. Appena si incontrarono, fu come si fossero conosciuti da sempre:  si abbracciarono forte, con la solidarietà di chi appartiene allo stesso mondo e agli stessi sogni. Jacko gli diede una  pacca sulla spalla .
Fa il miracolo Lou, fammi rinascere…  fammi tornare come nuovo…
Certo…  ti riporterò ai bei tempi!
Ma l’incredibile Hulk, tastando con  le dita energiche le ossa fragili della popstar,   la  magrezza,  l’ aria di putto invecchiato malgrado gli occhi vivi e la silhouette snodata,  provò una stretta allo stomaco:  pensò che, per quanto grande un uomo diventi, è soltanto un mortale.

(continua)

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