Quando la banda della Magliana diventa un best seller

Film, serie televisive, romanzi e saggi sul nucleo criminale più famoso della Capitale negli anni Ottanta del secolo scorso

Una serie di libri, un film di Michele Placido, poi la serie ideata da Sky (fra poco in onda la seconda). La banda della Magliana fa guadagnare un sacco di soldi a editori e produttori cinematografici. Chi l’avrebbe mai detto! Indubbiamente, questa copiosa produzione artistica risponde ad una domanda di mercato molto forte, che interessa anche i giovani (non molto adusi alla lettura) e che forse vede in questa aggregazione criminale un fenomeno-limite sul quale riversare la propria curiosità.

Uno dei primi libri – e forse uno dei migliori – su Franco Giuseppucci, Maurizio Abbatino, Enrico De Pedis, è stato scritto da Giovanni Bianconi, cronista del “Corriere della Sera” (“Ragazzi di malavita. Fatti e misfatti della banda della Magliana”, Baldini & Castoldi, 1995, 2° ed. 2005). Bianconi racconta la genesi dell’aggregazione criminale, il suo consolidamento, l’espansione e la progressiva implosione, fino al pentimento di Abbatino e all’uccisione di “Renatino” De Pedis. Il suo è un tipico viaggio da inviato speciale nell’universo criminale romano, senza enfatizzazioni e senza giudizi di sorta. La comprensione dell’anima luciferina di quel gruppo esce fuori da pagine nette, sostenute da un ritmo serrato e da una lucida razionalità.

Il libro di Bianconi è servito come punto di riferimento per l’opera di Giancarlo De Cataldo “Romanzo criminale” (Einaudi, 2002), forse uno dei prodotti narrativi più interessanti del decennio. De Cataldo – che di professione fa il magistrato – racconta anche lui genesi e sviluppi della banda ma aggiunge particolari psicologici che, per quanto inventati, arricchiscono il contesto sociale. Molto influenzato da uno stile pasoliniano colto e crudele allo stesso tempo, De Cataldo inserisce le vicende del gruppo di testaccini e di maglianesi in un’Italia corrosa da misteriose connivenze fra crimini e ceto politico. Ma il giudizio rimane sotteso alle stesse caratterizzazioni: per De Cataldo il Libanese, il Freddo, Dandi (tutti soprannomi reinventati; quelli reali erano, per questi tre personaggi, rispettivamente: il Fornaretto, Crispino, Renatino) non sono semplicemente un prodotto di tempi oscuri ma la logica conseguenza di una sorta di deriva sociale, l’inevitabile punto di approdo di un mondo senza più alcun ancoraggio. Se si vuole comprendere ancora meglio le idee dello scrittore, forse sarà il caso di leggere anche il suo romanzo successivo, “Nelle mani giuste” (Einaudi, 2007), dove l’attenzione viene rivolta al periodo di Mani pulite e alle stragi mafiose del 1993, per le quali il magistrato-scrittore ipotizza inconfessabili ispirazioni politiche, ipotesi, nella realtà, effettivamente al vaglio della magistratura siciliana dopo le confessioni shock del pentito Spatuzza.

Dopo il successo del film di Placido del 2005, un’opera ben diretta ma soprattutto magnificamente interpretata da attori quali Kim Rossi Stuart, Pierfrancesco Favino, Claudio Santamaria, Antonello Fassari, Elio Germano, l’argomento sembra riprodursi per germinazione. La serie andata in onda su Sky ha lasciato molto perplessi, a dire la verità ma, al contempo, i prodotti editoriali hanno subito un effetto di moltiplicazione. “Mai ci fu pietà. La banda della Magliana dal 1977 ad oggi”, di Angela Camuso (Editori Riuniti, 2009), a metà fra saggio e racconto in cui il tema centrale è l’efferatezza dei misfatti compiuti da giovani criminali. Anche Pino Nicotri, giornalista investigativo, già in forza a “L’Espresso”, ha dedicato il suo interesse a De Pedis e soci: “Cronaca criminale. La storia definitiva della banda della Magliana” (B.C. Dalai editore, 2010), ripercorre la storia completa della banda, riportando gli ultimi sviluppi investigativi. Da segnalare anche di questo autore, un bellissimo libro dedicato al caso di Emanuela Orlandi (“Emanuela Orlandi. La verità. Dai Lupi grigi alla banda della Magliana”, B.C. Dalai, 2009), nel quale l’autore ipotizza che la sparizione della giovane studentessa romana sia legata agli intrecci fra Vaticano e De Pedis, con l’inconfessabile passione di un alto prelato (forse il presidente dello Ior, cardinal Marcinkus) per la fanciulla, di cui era al corrente perfino Karol Wojtila, che avrebbe dunque ispirato le numerose menzogne della Santa Sede sull’intera vicenda.

Ancora più sconcertante è il racconto contenuto nel libro appena uscito di una bravissima giornalista Rai, Raffaella Notariale (“Segreto criminale. La vera storia della banda della Magliana”, Newton Compton, 2010). Notariale ha lavorato per anni alla trasmissione “Chi l’ha visto” e si è occupata ripetutamente della sparizione di Emanuela Orlandi. Ciò l’ha convinta che la strada maestra per comprendere la drammatica vicenda della adolescente romana fosse quella di far parlare Sabrina Minardi, la donna per dieci anni di Enrico De Pedis. Con la caparbietà degna di una autentica giornalista investigativa, Notariale conquista la fiducia della donna (ora indagata proprio per la vicenda Orlandi) e la intervista lungamente, tanto che la stessa Minardi compare come co-autrice. Quello che racconta la compagna di De Pedis è quasi incredibile, soprattutto quando svela i retroscena delle amicizie vaticane del capo dei testaccini (Marcinkus ed altri prelati iscritti ad una loggia massonica, nonché assiduo frequentatore di letto della Minardi e di altre sue amiche) e la sua intimità con Ugo Poletti (nel 1990 Vicario generale della diocesi di Roma nonché presidente della Conferenza episcopale italiana), che gli vale, alla fine, una sepoltura da Papa, in una cripta di Sant’Apollinare. Insomma, un nuovo Papa re per l’autore di decine di omicidi.

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