1. Caro Geppetto, la tua testa è di legno

Caro Geppetto spegni la televisione, fallo senza usare il telecomando, ma proponendo un’alternativa a tuo figlio. Non occorre che gli acquisti un paio di scarpe nike, né che alzi il tono della voce, usa la fantasia per raccontargli un mondo migliore.

Sarà lui a prendere il telecomando e a nasconderlo alla sua purezza. Volterà la testa, si avvicinerà alle tue ginocchia, ti si metterà in braccio e ti chiederà di volare. Geppetto, non accadrà tutto in fretta! Non è così facile, bisogna studiare e lavorare duro per entrare in contatto con i sogni degli altri. Il processo di trasformazione di una testa di legno in quella di un essere umano è lungo, soprattutto se è l’uomo che nel tempo ha deciso di disumanizzare la sua testa. Tu non sai più cosa sia la fantasia, hai svuotato le parole più belle di qualsiasi significato e ti senti perduto se in un discorso c’è qualcosa che non torna, che ti affascina, ma non ti torna. Hai paura di perdere tempo, allora scippi i giorni migliori ai più piccoli. Li inviti ad essere adulti, li sproni a crescere, ma perché? Ma perché esigi che tutto avvenga così in fretta?

Sai che essere adulto significa essere finito? Cosa hai da insegnare? Cosa hai da dire tu che attingi solo a quello che già hai davanti? In fondo in fondo neanche tu sei contento di quel che c’è, le ingiustizie, le mancanze, le distanze, le assenze di risposta, sono un buco, una voragine, a cui ti sei abituato: non sono cose belle, non possono essere le colonne portanti della nostra realtà. E se i bambini ci segnassero la strada? Se nel loro essere altro, disabituati al male, sapessero come farci stare meglio? Geppetto siediti, non stai perdendo un figlio, Pinocchio è in giro per la strada ad assaporare il mondo, riderà, piangerà, tornerà: è più umano di te o dei tanti bambini delle pubblicità del mulino bianco. Geppetto smettila di blaterare, di lamentarti, di fare come gli altri, tuo figlio è già vittima dei pregiudizi dei tuoi concittadini, non ti ci mettere pure tu. C’è un quadro di Magritte in cui lui dipinge l’amore, o meglio la donna di cui è innamorato, ma certamente vi avrebbe potuto applicare la scritta “Questo non è amore” o “Questa non è la donna che io amo” e non avrebbe fatto torto alla sua compagna, anzi… L’artista non è mai all’altezza del sognato (Magritte potrebbe aver dipinto una donna meno bella di quella che ama) e i sogni chi l’ha detto che siano altra cosa rispetto alla realtà (l’artista potrebbe aver dipinto un semplice quadro – che resta reale – o potrebbe aver dipinto la donna che ora ama di più – che è reale e che è diversa da prima della realizzazione del quadro stesso -). Che padre è un padre che costruisce il figlio con la squadra e il righello? A tavolino?

Che padre è un padre che si compiace a suo comodo di ciò che ha fatto e poi se la prende con gli altri, prima perché la sua opera non ha la vita e poi perché non è di carne umana? E chi sei tu per pretendere che tuo figlio nasca già allineato alle mode e ai costumi di un paesino? C’è nella tua storia la storia della genitorialità, nulla di più, nulla di meno. Ed è una storia bellissima, se solo ti rendessi conto che la quotidianità è un occasione per stare bene, non una pillola da mandare giù. Che le relazioni dovrebbero esaltare le differenze e che il tuo ruolo è fondamentale per tuo figlio perché sei tu il suo primo specchio. Caro Geppetto, come mi deludi! Potevi goderti il primo sorriso di tuo figlio nell’apprendere la sua immagine, la tua immagine, la vostra immaginabilità, insieme, e invece sei stato più severo dello specchio della matrigna di Biancaneve, restituendo insicurezze e modelli lontani da quel che si è. Ora hai chiamato la polizia? Hai strillato per tutto il condominio che il tuo Pinocchio è uscito di casa? Sarebbe scappato, ma da chi? Da cosa? Perché? Tu non c’entri nulla? Ecco, ora devi aspettare. Solo aspettare. Prendi in mano un libro, un libro che possa piacere anche al tuo Pinocchio. Ad esempio il mio Piccolo Principe nero e vediamolo insieme… Si chiama così per attirare l’attenzione delle persone ottuse come te, che riescono a costruire un brand anche sulle favole più belle. Che leggono il logo e non quello che rappresenta. Che si appropriano delle cose dei bambini per segretarle nell’armadio, come si faceva una volta, per ignoranza e non per cattiveria, con le bambole più costose, comprate per i propri figli, ma poi tenute nascoste per anni per non farle rovinare. Il Piccolo Principe non è roba esclusivamente tua caro Geppetto, allora io ho dovuto aggiungervi la parola nero, che potrebbe essere anche un sottotitolo, ma poi nei fatti ha aperto a un’altra storia. Quella parola ti ricorda che il razzismo e l’arianesimo non sono roba da bambini, ma soprattutto ti dovrebbe far riflettere su tanto altro. La letteratura per l’infanzia è ciò che di più rivoluzionario esista ancora oggi. E’ un medium scandaloso e inarrestabile. Gli adulti non sanno spiegarsi il motivo per cui amano certi libri per ragazzi, forse nemmeno perché amano il personaggio del piccolo principe, ma lo amano, e nel tempo riducono questo amore possedendolo, trascurandolo, affiancandolo sulla libreria a libri di altro genere scritti da comici o a libri acquistati nei supermercati e destinati ai loro figli, libri che insegnano l’educazione civica, se non l’inglese e la grammatica, attraverso storie, parole, e disegni che hanno meno importanza dell’obbiettivo di chi l’ha scritto, adultizzare i più piccoli, e di chi l’ha pubblicato e distribuito, vendere per i (ai) più piccoli. La letteratura per l’infanzia può insegnare agli adulti a conoscere se stessi, a riconoscere la loro parte bambina. La letteratura per l’infanzia è la base della felicità dei più piccoli, è il primo esempio di storia fantastica da loro manipolabile, ripetibile volontariamente attraverso la lettura e la condivisione. Allora iniziamo da qui: Il Piccolo Principe piace perché è straniero, addirittura un alieno, perché è diverso dalle persone che abbiamo attorno, compresi i nostri genitori, nel caso in cui non sappiano più utilizzare la fantasia…

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