Da Berlino gravi dubbi sull’Italia e l’euro

ROMA – C’è uno strano “odore di zolfo” in certe stanze del potere a Berlino. Che la Merkel e il suo più stretto entourage si siano da tempo irrigiditi con pronunciamenti per “il rigore innanzitutto” è risaputo. La novità degli ultimi giorni però è il ritorno del dubbio sempre più pressante sul futuro e sulla sopravvivenza del sistema dell’euro.

E’ sorprendente la concomitanza dell’uscita di scena di Sarkozy in Francia e la pubblicazione di un duro attacco tedesco alla partecipazione dell’Italia all’euro.

Il governo di Berlino, sollecitato dal settimanale Der Spiegel, ha rilasciato documenti relativi al periodo 1994-98  sul processo di introduzione dell’euro. I documenti includono rapporti preparati dall’Ambasciata tedesca a Roma, memorandum interni dell’allora governo di Bonn e i resoconti dei meeting della Cancelleria.

Secondo il settimanale tedesco tutti i documenti proverebbero che l’Italia non avrebbe mai dovuto essere inclusa nella moneta unica europea. Infatti gli analisti del governo tedesco e anche i messaggi confidenziali mandati al cancelliere Helmut Kohl presentavano l’Italia come inaffidabile e incapace di raddrizzare le sue finanze pubbliche e soddisfare i criteri di Maastricht.

Citando dirigenti di altissimo livello del governo Kohl, quali il segretario di stato Jurgen Stark, il direttore per gli affari europei ed internazionali del ministero delle Finanze, Klaus Regling, che oggi presiede il fondo europeo salva-stati EFSF, e l’allora negoziatore-capo di Bonn per il trattato di Maastricht, Horst Khoeler, diventato in seguito presidente dell’Associazione delle Casse di Risparmio, il settimanale conclude che le misure di austerità e di correzione di bilancio degli allora governi italiani erano dei trucchi contabili supportati da decisioni mai realizzate.

“Si trattava di cure miracolose, almeno sulla carta” scrive il più importante settimanale tedesco che non è nuovo a simili uscite euroscettiche. Der Spiegel si spinge fino a dire che l’adesione di Roma all’euro nel 1998 “creò un precedente per un errore maggiore due anni dopo, cioè l’accettazione della Grecia nella zona euro”.

Si accusa anche Helmut Khol di essere stato consapevole delle debolezze e dei trucchi dell’Italia, ma di aver messo il suo interesse politico davanti alla realtà economica.

Kohl, oltre ad essere un amico dell’Italia nella tradizione del poeta Wollfang Goethe, contava sul lavoro di persone come il primo ministro Romano Prodi e il ministro del Tesoro Carlo Azeglio Ciampi, di cui aveva alta stima e fiducia. Secondo i documenti raccolti dal settimanale il governo italiano nel 1997 avrebbe suggerito per due volte di posporre il lancio dell’euro ma Bonn avrebbe rifiutato l’idea.

Con la pubblicazione dei documenti Der Spiegel di fatto rilancia alla grande l’iniziativa legale intrapresa allora da 4 professori tedeschi presso la Corte Costituzionale per far dichiarare illegittima l’adesione tedesca al Trattato di Maastricht, accusando anche l’amministrazione Kohl di “aver ingannato la popolazione tedesca”.

Der Spiegel conclude denunciando tutta l’operazione come la manifestazione di un opportunismo politico dominante. Quattordici anni dopo la firma del Trattato e con due anni di crisi nella zona euro, “cresce a Berlino e in altre capitali europee la convinzione che lo status quo non può più continuare”. Con pochissima convinzione il settimanale scrive che l’unità monetaria potrebbe continuare solo se si procedesse speditamente verso l’unione politica ed economica dell’Europa. Comunque il tono dell’articolo è tutt’altro che ottimista al riguardo!.

Ci si chiede allora: perché proprio adesso questi documenti vengono messi a disposizione di un giornale notoriamente euroscettico? Da italiani sappiamo fin troppo bene come simili documenti confidenziali e di grande impatto emotivo possano essere messi in circolazione in momenti particolari, in modi molto selettivi e per fini altrettanto mirati.

Di certo è un messaggio ai cosiddetti mercati che la Germania non ha e non ha mai avuto fiducia nelle capacità italiane di correggere e gestire le crisi e le difficoltà economiche.

La questione ora è capire cosa stia veramente succedendo a Berlino: è ancora maggioritario il “partito europeo” o prevalgono già i sostenitori del “Piano B” di uscita dall’euro e di  rottura dell’Unione europea?

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