L’economia, solo chiacchiere. Papa Francesco, pensaci tu!

ROMA – Mentre il mondo dell’economia si “perde in chiacchiere” sulla necessità di rivedere il sistema della finanza globale, papa Francesco ha ripreso il suo lungo percorso di riflessione per stimolare i dirigenti politici a ”realizzare una riforma finanziaria che sia etica e che produca a sua volta una riforma economica salutare per tutti”.

Giovedì 16 maggio, parlando ad un gruppo di nuovi ambasciatori presso il Vaticano, ha ricordato che “mentre il reddito di una minoranza cresce in maniera esponenziale, quello della maggioranza si indebolisce. Questo squilibrio deriva da ideologie che promuovono l’autonomia assoluta dei mercati e la speculazione finanziaria, negando così il diritto di controllo agli Stati pur incaricati di provvedere al bene comune”.

Papa Bergoglio stigmatizza il consumismo fine a se stesso, il dominio e l’adorazione del denaro, la dittatura dell’economia senza volto né scopo realmente umano. Denuncia “la nuova tirannia invisibile, a volte virtuale, del mercato che impone unilateralmente le sue leggi e le sue regole”. Egli vi contrappone la solidarietà, l’etica, il bene comune, la convivenza e la lotta dei popoli contro la povertà.

Non si tratta di un appello moralista. E’ invece un vero e proprio manifesto che pone al centro della società e dell’economia l’uomo con i suoi valori e i suoi bisogni.

Papa Francesco non è nuovo a questi interventi. Già nel 2002, nel mezzo del crac dell’economia argentina, evidenziato anche dalla inesigibilità dei bond, l’allora cardinale Bergoglio di Buenos Aires denunciava in una intervista al mensile “30Giorni” che “il nuovo imperialismo del denaro toglie di mezzo il lavoro, che è il modo in cui si esprime la dignità dell’uomo e la sua creatività, che è l’immagine della creatività di Dio. L’economia speculativa insegue l’idolo del denaro che si produce da se stesso”. Evidenziava un vero e proprio terrorismo economico-finanziario contro l’Argentina, schiacciata da una “globalizzazione economicistica”.

Erano analisi e denunce che, 6 anni dopo, con l’esplosione della bolla finanziaria del 2008 e con i successivi salvataggi delle banche attraverso la leva del debito pubblico, sono diventati argomenti sulla bocca di tutti.  

Papa Francesco allora coglieva, e lo ribadisce anche oggi, le drammatiche conseguenze sociali della disoccupazione e della povertà. Non si fermava nemmeno di fronte ai templi pagani  delle istituzioni economiche internazionali come il Fmi che, con arroganza, “indicano sempre ai governi le loro rigide direttive, parlano sempre di etica, di trasparenza, ma mi appaiono come eticisti senza bontà”.

Nel 2005 nel suo prologo al libro “Una apuesta por l’América Latina” di Guzman Carriquiry, attuale Segretario della Pontificia Commissione per l’America Latina, papa Francesco affrontava con grande forza la sfida della integrazione e dell’unione Sud americana affinché il continente Latinoamericano potesse diventare vero protagonista nelle grandi battaglie per la costruzione di un nuovo ordine mondiale.

Già parlava quindi della necessità di formulare nuovi paradigmi di sviluppo basati su una crescita economica autosostenibile, significativa e persistente, sul superamento della povertà e su una maggiore equità. Non si trattava, e non si tratta, di una politica meramente economicistica ma di una prospettiva derivante dall’”originalità storica e culturale che chiamiamo America Latina”.

In breve l’attuale papa proponeva una “terza via”, quella ispirata dall’urgenza di realizzare il bene comune, in alternativa alla dicotomia della globalizzazione totalitaria postmoderna con i suoi sotto prodotti culturali decadenti dell’individualismo e dell’edonismo consumistico da una parte e del “progressismo adolescenziale” sganciato dalle radici popolari dall’altra.

In un certo senso tale visione anticipava la nuova alleanza dei paesi emergenti. Infatti l’integrazione continentale diventa centrale e realizzabile solo attraverso l’istruzione e lo sviluppo delle grandi infrastrutture.

Noi riteniamo che anche l’Europa dovrebbe recepire lo spirito di fondo di questa visione culturale e morale per realizzare il suo processo di unità superando le persistenti divisioni e i vecchi egoismi accentuati dalla recessione economica.
 
“Questa è l’ora degli educatori e dei costruttori”, diceva e lo ripete con solennità papa Bergoglio.

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