Alitalia. Un piano industriale da 1.900 esuberi. I sindacati non ci stanno

Il fallimento della privatizzazione

ROMA – Non avrebbe dovuto esserci nemmeno un licenziamento. “Noi non vogliamo lasciare a casa o licenziare nessuno”, avrebbe detto Gabriele Del Torchio, amministratore delegato di Alitalia, presentando il nuovo piano industriale alle parti sociali.  Invece il piano, come qualcuno aveva ventilato nei giorni scorsi, sembrerebbe tutt’altro che rassicurante. Parlando di una “irrinunciabile riduzione e ottimizzazione dei costi” è facile pensare che si parli anche di esuberi.  Proprio quello che infatti, a fine incontro, hanno annunciato i sindacati: esuberi per “1900 unità di forza media retribuita”.

La Cgil boccia totalmente il nuovo piano industriale: “È un piano dei tagli senza un partner dove mancano le prospettive industriali e pesa l’assenza del governo che deve occuparsi delle regole di sistema compresi gli ammortizzatori sociali”. Questo il giudizio del segretario generale della Cgil, Franco Nasso. E lo stesso dirigente della Cgil tiene a far presente che il partner, le prospettive industriali e le regole di sistema sono “condizioni indispensabili perché il confronto si possa aprire”. Dello stesso parere anche gli altri sindacati che a caldo hanno commentato l’incontro senza mezzi termini, asserendo che  l’azienda dovrà accettare di rivedere il piano per modificarlo su proposte sindacali.  Insomma un piano deludente, preludio di una trattativa tutta in salita. Eppure, nel presentare i punti cardine, almeno gli unici finora trapelati, Del Torchio, aveva parlato, oltre che di assenza di licenziamenti, di un aumento di capitale di 300 milioni quasi raggiunto, viste le adesioni alla ricapitalizzazione e inoltre risparmi annui pari a 295 milioni di euro di cui 128milioni di euro, tagliando sul costo del lavoro. Risparmi che, secondo Del Torchio, verrebbero raggiunti con operazioni di solidarietà, eliminazione di alcune indennità, congelamento degli scatti di anzianità e contributo di solidarietà per le retribuzioni oltre i 40 mila euro. Il tutto dunque senza ricorrere a licenziamenti. Ma le cose non stanno proprio così. E’ previsto infatti nel piano anche un ridimensionamento della flotta, con la messa a terra di 11 aerei di medio raggio A320. E’ ben noto che per ogni aereo tolto dalla flotta ‘evaporano’ anche numerosi posti di lavoro. Inoltre gli strumenti proposti, come i contratti di solidarietà sono utili si, ma hanno anche un termine temporale e in assenza di altre specifiche strategie è difficile credere possano essere sufficienti. Senza contare  poi che,  ad oggi, Alitalia è ancora alla ricerca di un partner industriale credibile, visto che anche Lufthansa ha dato forfait. Thomas Eggert, direttore generale della compagnia tedesca, ha  confermato che la strategia del  gruppo rimane quella di non guardare all’acquisto di nessuna compagnia aerea. Vale lo stesso discorso per la compagnia Vueling, che ha sottolineato il totale disinteresse verso una partnership con Alitalia. Il presidente e ceo Alex Crux ha dichiarato: “Diciamo no, perché non abbiamo un valore specifico da fornire. La sfida è quella dell’esperienza industriale”, ha detto Cruz, aggiungendo che per la compagnia italiana “ora la road map è nota, è politicamente difficile, ma ben definita: ridurre la capacità e gli aerei e discutere con i sindacati”. Tutte sfide, ha aggiunto, per le quali Alitalia ha anche “bisogno di soldi”.

Alitalia intanto per un possibile alleato sta guardando anche ad Oriente, in particolare alla compagnia Ethiad.

Senza un piano nazionale dei trasporti sarà caos

Ma la preoccupazione dei sindacati non è solo incentrata sulla salvaguardia dei posti di lavoro, ma anche sulla mancanza di un piano nazionale dei Trasporti che servirebbe a fare un po’ di chiarezza su questo delicatissimo settore, con tanto di regole uguali per tutti.

Non va dimenticato, infatti, che dal 18 dicembre la Ryanair, ovvero il più grande vettore low cost europeo, aprirà una base proprio a Fiumicino con sei aeromobili che nel 2014 raddoppieranno. Un altro fulmine a ciel sereno per l’ex compagnia di bandiera costretta sempre più a gareggiare con vettori, i cui metodi non hanno nulla a che fare con la legislazione italiana. Insomma, il bisogno di regole uguali per tutti è diventata una necessità, almeno per coloro che decidono di piantare una base d’armamento anche in Italia. Come aveva denunciato la Filt Cgil sull’arrivo a Fiumicino di Ryanair: “Sbagliato l’accordo con una compagnia che opera in evasione totale delle leggi italiane e che continua a fruire di finanziamenti illeciti di danaro pubblico”. Senza contare le denunce presentate a diverse procure italiane dal sindacato USB, che da anni chiede alle istituzioni di accertare le operazioni svolte da Ryanair senza rispettare in alcun modo le normative vigenti. 

Condividi sui social

Articoli correlati