Mario Draghi. Il ‘Financial Times’ lo consacra alla presidenza della Bce

LONDRA – La strada che porta alla presidenza della Bce «si sta aprendo» per Mario Draghi. Così la pensa il Financial Times, che all’indomani dell’appoggio ricevuto dal governatore di Bankitalia dal giornale tedesco Bild, lo consacra come successore di Jean-Claude Trichet.

«Un signor euro è consacrato», titola il quotidiano della City, che dedica un lungo articolo a ‘SuperMario’, per il quale «la strada per Francoforte si sta aprendo». Il Financial Times ricorda infatti che Draghi «è sostenuto da Parigi ed è prossimo ad averla vinta anche su Berlino». Infatti, dopo «il forte sostegno ricevuto la scorsa settimana dal presidente francese Nicolas Sarkozy», il governatore di Bankitalia «sta facendo progressi nel convincere un pubblico tedesco scettico» e il «diffidente cancelliere Angela Merkel, sul fatto che il proprio background internazionale lo rende adeguatamente non-italiano». Secondo il giornale «l’Italia va bene per il cibo e la moda, ma quando si tratta di esportare un banchiere centrale, il marchio del ‘Made in Italy’ può improvvisamente trasformarsi in un serio handicap». Tuttavia, prosegue, «non ci sono molte contestazioni» sul fatto che Draghi «abbia le migliori credenziali come accademico, economista e banchiere». E così «dalla scorsa settimana, con il forte appoggio di Sarkozy, è diventato chiaramente il primo in classifica per la poltrona».

Della storia di Draghi il quotidiano ricorda gli anni ’90 al Tesoro, con «la battaglia contro l’aumento del debito pubblico, il deficit e l’inflazione», il periodo alla Goldman Sachs («unica possibile ombra» sul suo curriculum a causa del «controverso» ruolo della banca americana nella crisi greca), l’arrivo a via Nazionale, dove ha lavorato per ricostruire «la danneggiata reputazione» dell’istituto e quindi l’esperienza alla guida del Financial Stability Board, dove «ha rafforzato la propria immagine di figura economica italiana maggiormente rispettata sul piano internazionale». Il quotidiano si sofferma anche sui lati meno conosciuti dell’uomo Draghi, la «cui imperscrutabilità lo rende non facile da catalogare»: e si affida ai racconti di economisti come Fiorella Kostoris, che parla dell’importanza della rigorosa educazione ricevuta dai gesuiti e della formazione al Mit, e Paolo Leon, che sottolinea «i frequenti cambi di opinione» sull’economia: «era un keynesiano ‘in senso Mit’, ma non lo è più».

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