Agricoltura. Balzo di assunzioni al Sud

ROMA – E’ l’agricoltura del Mezzogiorno a far segnare il maggior tasso di crescita nelle assunzioni nel 2015 con un aumento record del 11 per cento dei lavoratori dipendenti che sale addirittura al 31 per cento se si considerano le sole donne.

E’ quanto emerge da una analisi della Coldiretti relativa ai dati Istat sul secondo trimestre dell’anno, resa nota in occasione della Giornata dell’Agricoltura italiana ad Expo con la partecipazione di decine di migliaia di agricoltori provenienti da tutte le regioni guidati dal Presidente nazionale Roberto Moncalvo alla presenza del premier Matteo Renzi.

A livello generale – rileva Coldiretti – gli occupati dipendenti nelle campagne italiane aumentano del 5 per cento rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente, il quintuplo rispetto alla media italiana. A trainare la crescita è il risultato fatto registrare nel Mezzogiorno, con un balzo in avanti dell’11 per cento, ma anche l’aumento delle lavoratrici nei campi, considerato l’incremento del 10 per cento delle assunzioni di donne in agricoltura registrato nello spazio di dodici mesi, contro una crescita del 3 per cento dei lavoratori maschi. Un trend che si accompagna alla crescita dell’agricoltura rosa, con quasi una azienda su tre (28,9 per cento) che è oggi a conduzione femminile, con un impatto importante sul profondo rinnovamento del settore.

Tra gli occupati, dipendenti e indipendenti – rileva la Coldiretti – è boom anche tra i giovani sotto i 35 anni, con un incremento del 10 per cento che sale al 21 per cento se si considerano i soli giovani del Sud. La dimostrazione del fatto che l’agricoltura è oggi capace di offrire prospettive di lavoro sia a chi vuole intraprendere con idee innovative sia a chi vuole trovare una occupazione anche temporanea. Basti ricordare che – evidenzia la Coldiretti – più di due giovani italiani su tre (68 per cento) sognano di lavorare d’estate in campagna, partecipando alla raccolta della frutta o alla vendemmia, secondo un sondaggio Coldiretti/Ixe’.

Ma la crescita degli occupati dipendenti regolari nel Mezzogiorno – sottolinea la Coldiretti – rappresenta anche il miglior antidoto contro il problema del caporalato, che colpisce spesso la componente piu’ debole dei lavoratori agricoli. “Serve – sottolinea il presidente della Coldiretti, Roberto Moncalvo –  una grande azione di responsabilizzazione di tutta filiera, dal campo alla tavola, per garantire che dietro tutti gli alimenti, italiani e stranieri, in vendita sugli scaffali, ci sia un percorso di qualità che riguarda l’ambiente, la salute ed il lavoro, con una equa distribuzione del valore. E questo non è possibile se i pomodori nei campi sono sottopagati a 8 centesimi al chilo e le arance ancora di meno”. Su questo sta lavorando l’Osservatorio sulla criminalità nell’agroalimentare guidato da Gian Carlo Caselli che la Coldiretti ha promosso e sostenuto. Le stesse iniziative annunciate dal Governo per debellare il fenomeno – precisa Moncalvo – sono un vero punto di svolta insieme all’impegno avviato con la rete del lavoro agricolo di qualità.

“Le campagne possono offrire prospettive di lavoro sia per chi vuole intraprendere con idee innovative che per chi vuole trovare una occupazione anche temporanea ed è anche per questo che noi non possiamo tollerare oltre, forme di lavoro, come il caporalato, che fanno retrocedere il Paese agli inizi del 900 e poco importa quanto siano isolate”, ha dichiarato il presidente della Coldiretti Roberto Moncalvo nel sottolineare che “contro quel tipo di sfruttamento si sono battuti i nostri bisnonni e i nostri nonni, portando a casa conquiste di civiltà del lavoro che sono diventate universali”. 

Una necessità per tutelare la componente più sana dell’imprenditoria che rappresenta la stragrande maggioranza, come dimostra l’“esercito” di 322mila occupati stranieri assunti regolarmente che assicurano la sopravvivenza di molti distretti produttivi di eccellenza del Made in Italy, dalle stalle del nord dove si munge il latte per il Parmigiano Reggiano alla raccolta delle mele della Val di Non, dal pomodoro del meridione alle grandi uve del Piemonte. Oggi sono immigrati quasi un quarto dei lavoratori regolari nelle campagne italiane.

Ma il rilancio del Sud passa anche – sottolinea Coldiretti – dalla capacità di riuscire finalmente a sfruttare le risorse inutilizzate del Meridione, o meglio il Capitale inagito, come lo ha definito l’ultimo Rapporto Censis sulla situazione del Paese. E’ per questo che proprio in occasione della Giornata nazionale dell’agricoltura la Coldiretti ha presentato una serie di progetti che sta sviluppando insieme ai principali gruppi industriali e bancari d’Italia. Progetti che realizzano nuovi e moderni strumenti di gestione delle relazioni contrattuali lungo le filiere, che vogliono rappresentare un modello di coimprenditorialità, di sostenibilità economica, ambientale e del lavoro, dove al produttore agricolo è assicurata la giusta remunerazione, così come al lavoratore, nel rispetto dell’ambiente e del consumatore. Partendo per ora dalle filiere dell’olio d’oliva, della carne bovina e suina, del grano duro, del tabacco si stanno costruendo accordi di filiera e di coimprenditorialità per riorganizzarle e renderle motore di sviluppo nel Sud Italia e di nuove opportunità per i tanti giovani del Sud che sono rimasti nei loro paesi, ma anche per coloro che sono stati costretti ad abbandonarli. I progetti agiranno su tutti gli aspetti economici a disposizione dei territori e degli agricoltori, dalla fornitura di mezzi tecnici per la produzione e la gestione del rischio attraverso la riorganizzazione dei Consorzi Agrari, il supporto all’export agro-alimentare per mezzo di FAI international, un migliore accesso al credito con CreditAgri Italia, sino al recupero dei siti inquinati destinandoli a produzioni no food.

“Con questi progetti contiamo di accelerare un processo di crescita per l’agricoltura del Sud, di cui si vedono già alcuni segni”, ha concluso il presidente della Coldiretti, Roberto Moncalvo nel sottolineare che “la ri-partenza nel sud e nelle isole, non ha i caratteri (come è accaduto in passato) dell’assistenza o dell’intervento statale, ma si nutre di Sud stesso, di impresa spesso giovane e vocata all’internazionalità”. 

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