Addetti alla sicurezza. 200 mila lavorano ‘in nero’, sconosciuti al fisco

ROMA – Duecentomila lavoratori “in nero” senza tutele previdenziali e senza risarcimento in caso di infortuni. E’ un vero esercito quello degli addetti alla sicurezza non armata in Italia: sconosciuti al fisco ma che garantiscono il divertimento e la tranquillita’ in migliaia di locali e posti di lavoro.

Un vuoto normativo sembra esserci e dovra’ essere presto colmato dal governo e dal Parlamento. E sono stati questi tra gli argomenti al centro del convegno tenuto a Milano nell’ambito della Fiera della sicurezza e organizzato da Enbisit (Ente nazionale bilaterale sicurezza investigazioni e tutela). Emerge che a differenza di cio’ che accade nel resto d’Europa, in Italia non si puo’ effettuare un servizio privato di protezione della persona, perche’ non esiste alcuna normativa a riguardo, ne’ qualifica, ne’ un albo professionale e questa attivita’ puo’ essere gestita solo dalle forze dell’ordine. E per 10mila lavoratori ai quali si applica il contratto di categoria, ce ne sono oltre 200mila che sono appunto come fantasmi per il fisco.

Un settore con regole scarse, se non assenti, e dove gli operatori non hanno alcun tipo di tutela previdenziale, ne’ risarcimenti in caso di infortuni sul lavoro, che sono purtroppo molto frequenti. Proprio come ad esempio e’ accaduto nei giorni scorsi a Modena dove un addetto alla sicurezza e’ stato accoltellato all’ingresso di un locale. I problemi riguardano migliaia di persone e diverse figure professionali che gravitano questo ambiente: dai preposti al controllo delle attivita’ di spettacolo e intrattenimento alla guardia agli accessi di attivita’ commerciali, fieristiche, di accoglienza e stewarding, solo per citarne alcune. “Basta lavoro nero, sottopagato e con troppi rischi. Non siamo dei ladri e rischiamo la vita tutti i giorni per salvaguardare l’incolumita’ dei cittadini”, la protesta, a margine del convegno di Milano, di G. M., 45 anni, una vita dedicata a garantire la sicurezza delle discoteche di Roma e hinterland. “Servono piu’ diritti, piu’ regole e piu’ trasparenza per gli addetti alla security – sottolinea l’esperto – Se ci aggrediscono mentre lavoriamo davanti a un locale, non c’e’ un’assicurazione ne’ una pensione di invalidita’ a tutelarci. Purtroppo siamo di fatto lavoratori di serie B”. E il presidente dell’Enbisit, Franco Cecconi, sottolinea che “queste persone dovrebbero essere in grado di svolgere attivita’ di primo soccorso, di fare per esempio la respirazione bocca a bocca o usare un defibrillatore, invece per loro non e’ prevista alcuna formazione”. Il risultato e’ che “il lavoro non viene eseguito con le dovute garanzie nemmeno per le persone a cui e’ rivolto. Il settore non puo’ essere lasciato al suo destino, ma c’e’ bisogno di nuove norme per trasformare questa attivita’ che oggi vive nel Far West, in una professione come tutte le altre, dove insieme ai sacrosanti doveri ci siano gli altrettanto sacrosanti diritti e tutele”.

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