L’economia occidentale arranca, i Brics corrono

In Europa, purtroppo, si è talmente concentrati a osservare il proprio ombelico che, quando i Paesi BRICS s’incontrano, a malapena si riesce a ricordare il luogo e il numero dei partecipanti all’evento. Del contenuto e degli obiettivi strategici, poco o niente. Eppure il loro peso, rappresentato dal 40% della popolazione mondiale e dal 25% del Pil mondiale, esigerebbe un’attenzione maggiore.  

Mentre l’economia occidentale arranca da 10 anni, si ricordi che nello stesso periodo il Pil aggregato di Brasile, Russia, India, Cina e Sud Africa è cresciuto del 179% e i loro scambi commerciali sono aumentati del 94%.

Ecco perché il loro nono summit d’inizio settembre a Xiamen, in Cina, segna un rilevante passo avanti nell’attuazione della strategia di sviluppo economico e di coordinamento istituzionale. 

Prima di tutto si è passati al “BRICS Plus”, cioè ai preparativi verso un progressivo allargamento dell’alleanza originaria. A Xiamen c’erano anche i capi dei governi di Messico, Egitto, Tailandia, Tagikistan e Guinea che hanno partecipato al “Dialogo dei Paesi Emergenti e in Via di Sviluppo”. E in precedenza era stato coinvolto il cosiddetto gruppo MINT, costituito dal Messico, dall’Indonesia, dalla Nigeria e dalla Turchia. 

La dichiarazione finale del summit pone l’accento sull’intenzione di scambiare le migliori esperienze di sviluppo e d’integrazione infrastrutturale e finanziaria con i paesi emergenti. Il fine ultimo dovrebbe essere quello di creare una più “inclusiva e bilanciata globalizzazione economica”, correggendo gli attuali ingiusti squilibri tra il nord e il sud del mondo.    

In secondo luogo la Nuova Via della Seta, la Belt and Road Initiative, naturalmente è stata oggetto di molte riflessioni. Com’è noto, essa vorrebbe e potrebbe coinvolgere oltre 60 Paesi asiatici ed Europei, oltre ad una forma di estensione anche all’intero continente africano. 

Si sono perciò avviate iniziative per il miglioramento del commercio, con l’utilizzo anche delle monete locali e di swap (aperture di credito urgente tra i paesi membri), e progetti di partenariato pubblico-privato.  In concreto, è stato creato un centro Regionale Africano all’interno della Nuova Banca di Sviluppo dei BRICS, e un Piano d’Azione per l’Innovazione e la Cooperazione. Inoltre, si evidenzia che la Cina investirà ben 500 milioni di dollari nel Fondo di Assistenza per la Cooperazione Sud- Sud recentemente creato.   

C’è un’evidente strategia basata su contatti “people to people” per un sostegno popolare al progetto dei BRICS, promuovendo così anche la crescita culturale e una maggiore comprensione delle varie civiltà. 

Pertanto laStrategy for BRICS Economic Partnership” è entrata nella fase operativa in tutti i settori: dalle infrastrutture alle nuove tecnologie, ai minerali d’importanza strategica, alla scienza, alla ricerca spaziale e all’innovazione.

Si è costruito a tal fine uno specifico Fondo per la Preparazione dei Progetti di Partenariato Pubblico e Privato che intende individuare investimenti che seguano le linee guida delle best practice. 

Nel settore finanziario i BRICS stanno creando dei mercati di titoli obbligazionari denominati in monete locali e anche uno specifico Fondo Obbligazionario. Lo scopo di tali iniziative è evidente: rendere i BRICS più indipendenti dai mercati dominati dal dollaro e attrarre capitali internazionali privati a sostegno dei loro grandi progetti. 

Ci sembrano passi positivi nella direzione di un nuovo e più stabile sistema finanziario internazionale al fine anche di superare i tanti rischi derivanti dagli attuali eccessivi flussi di capitali e dalle pericolose fluttuazioni delle monete. 

Come si può intuire, in molti campi, dall’industrializzazione alle tecnologie, i BRICS sono più avanti di quanto si possa pensare. Al riguardo hanno creato un “Istituto del Futuro” che lavora, tra l’altro, nelle ricerche concernenti l’Internet of Things, le nanotecnologie, i Big Data e il 5 G. 

Si punta, evidentemente, non solo alla crescita ma allo sviluppo globale con intenti probabilmente anche di natura geopolitica che l’occidente e l’Europa farebbero bene a considerare nella loro giusta portata. 

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