L’afa estiva soffoca i listini europei; Milano poco sotto la parità

TRIESTE –  Ennesima settimana di Borsa con pochi spunti macroeconomici di rilievo e mercati finanziari ancora dominati dall’incertezza, che ne influenza le dinamiche di breve e medio periodo: la moderata crescita degli Stati Uniti, la recessione dell’area Euro, le politiche espansive di tutte le banche centrali e l’assenza di pressioni significative sui prezzi al consumo tratteggiano un moderato rallentamento della crescita correlato al consolidamento delle strutture economiche.

Seppur con ritmi inferiori a quelli misurati nel primo trimestre di quest’anno e nonostante le correzioni che hanno caratterizzato i mesi di maggio e giugno, i listini hanno fatto registrare buone performance che, nel caso di Wall Street, sono coincise addirittura con il raggiungimento di nuovi massimi assoluti, consentendo il mantenimento di una certa positività anche se il rischio di una fase di sviluppo più moderato rispetto alle attese è concreto. 

Nel Vecchio Continente i principali indicatori economici continuano invece ad evidenziare le profonde difficoltà dei Paesi periferici, seguite quasi sempre da misure di austerità, imposte, che creano tensioni politiche ed aumentano la crisi, come nel caso della Grecia e del Portogallo; una crescente debolezza comincia ad accompagnare anche Germania e Francia, dove le aspettative negative sono dovute alla scarsa efficacia delle insufficienti ed esigue azioni condivise e deliberate a livello comunitario, la cui peggiore e più preoccupante conseguenza  rimane quella di un ulteriore peggioramento della spirale recessiva già in atto.

Mercati davvero difficili, sia dal punto di vista dell’interpretazione che da quello dell’operatività.

Lo scorso mercoledì la pubblicazione dei dati degli indici PMI (Purchasing Managers Index) in Europa ha sorpreso gli operatori: quello manifatturiero per aver superato sia le aspettative (49,1 punti) che la soglia tecnica dei 50 punti (50,1 per la precisione), al di sopra della quale il mercato viene considerato espandersi, mentre quello relativo ai servizi è migliorato da 48,3 a 49,6 punti. Situazione simile in Francia, dove però il progresso non è ancora tale da consentire all’economia di superare la fase di contrazione, e leggermente migliore in Germania, con entrambe gli indicatori in terreno positivo. 

Come dire che, pur continuando ad indicare recessione in aggregato, il trend del Vecchio Continente è in miglioramento, ipotesi suffragata dal report sul mercato del credito dell’Eurozona (i 17 Stati membri dell’Unione Europea che adottano l’euro) appena pubblicato dalla BCE (Banca Centrale Europea), che riporta un lieve incremento dell’attività creditizia dopo i molti anni in cui le banche si sono leccate le ferite della crisi e non hanno concesso credito.

Sull’altra sponda dell’Atlantico a catturare l’attenzione generale sono invece le aspettative a proposito delle exit strategies che la Fed dovrà attuare quando comincerà a ridurre il Quantitative Easing, cioè gli attuali acquisti mensili di Treasuries e di MBS per circa 85 miliardi di dollari: secondo alcune voci la banca centrale sarebbe già pronta ma preferirebbe aspettare settembre per agire, ad estate trascorsa e con la liquidità tornata a livelli ottimali per evitare un effetto “montagne russe” sui mercati; altri invece ritengono che un simile agire possa concretamente attuarsi soltanto dopo un tangibile miglioramento del mercato del lavoro, riconducibile a percentuali di disoccupazione a partire dal 7,1%.

L’indeterminatezza di Wall Street non giova ai mercati asiatici, soprattutto a quelle società attive nel settore tecnologico e dell’auto più esposte al mercato statunitense; l’indice Nikkei della Borsa di Tokyo ha infatti chiuso in forte ribasso (-3%) nonostante i dati diffusi sull’inflazione giapponese siano in linea con la politica portata avanti dal Governo: una crescita dello 0,2% sull’anno che ha superato le attese degli analisti, che pronosticavano un incremento dello 0,1% dopo la contrazione dello 0,3% fatta registrare a maggio. A far scattare le vendite un imprevisto apprezzamento dello yen nei confronti del dollaro Usa ed il timore che la debolezza dell’Europa e della Cina abbia un impatto superiore alle aspettative, da cui la decisione di dismettere in anticipo le proprie posizioni in attesa di verificare i dati delle trimestrali che cominceranno lunedì prossimo.

Contrastate le Borse cinesi: Hong Kong ha guadagnato lo 0,2% mentre Shanghai ha ceduto lo 0,3%, a seguito di una nuova direttiva governativa che impone alle società industriali di ridurre la loro capacità produttiva al fine di garantire al Paese una crescita sostenibile.

Milano e le principali Borse europee senza direzione nell’ultima seduta dell’ottava: dopo un’apertura al rialzo che sembrava non risentire delle influenze asiatiche e l’attesa, sul mercato del debito sovrano, per l’asta dei CTZ italiani a due e cinque anni, a metà sessione hanno prevalso le preoccupazioni relative alla fiducia dei consumatori americani che, secondo l’indice elaborato dall’Università del Michigan, a fine luglio ha invece bruciato tutte le aspettative degli analisti portandosi al livello più alto degli ultimi sei anni; il clima di incertezza così creatosi ha influenzato negativamente i listini continentali: ne esce a testa alta Madrid (+0,9%) seguita da Parigi (+0,32%), giù invece Francoforte (-0,65%) e Londra (-0,50%).

Piazza Affari (FTSE Mib -0,06%,  FTSE Italia All Share -0,12%) tiene per quasi tutta la seduta per poi calare moderatamente a mezz’ora dalla fine degli scambi; tra i singoli titoli in evidenza Telecom Italia (+3,03%) ed Ansaldo STS (+2,89%), quest’ultima in spolvero grazie all’apprezzamento della buona semestrale diffusa oggi. Seduta positiva anche per Fondiaria-SAI (+0,97%) sul via libera dell’Istituto per la Vigilanza sulle Assicurazioni al progetto di fusione con Unipol (+1,5%), che completerà l’integrazione delle attività delle due compagnie; restando sul comparto finanziario, Intesa Sanpaolo ha registrato un calo dello 0,5%, mentre Unicredit ha guadagnato lo 0,98%. Note dolenti, infine, per Finmeccanica (-2%) dopo che la società ha precisato di non avere allo studio alcuna operazione sul capitale, pur non escludendo di poter incrementare il piano di cessione delle attività considerate non strategiche.

Sul fronte del debito sovrano la differenza di rendimento tra il Btp ed il Bund con scadenza a dieci anni si è attestata a 275 Bp (Basis point, punti base) dopo aver oscillato tra i 270 ed i 275 punti; il rendimento del titolo italiano (Btp maggio 2023) ritorna sopra al 4,4%; in leggero rialzo anche lo spread tra titoli con scadenza a due anni, che sfiora i 175 Bp equivalenti ad un rendimento prossimo all’1,9%.

Concludiamo quindi con l’importante attestato di fiducia incassato dal Bel Paese attraverso l’odierna asta di CTZ, caratterizzata da una buona domanda e da rendimenti in calo. La Banca d’Italia ha comunicato che il rapporto di copertura (ammontare di titoli richiesti su titoli offerti) è stato di 1,56, in aumento rispetto all’1,48 dell’asta di giugno; il rendimento lordo è stato fissato all’1,857%, in contrazione rispetto al precedente collocamento.

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