Incertezza sui mercati: delude Milano, tradita dalle banche

TRIESTE – Complice il periodo estivo, la settimana di Borsa compresa tra il 22 e il 26 luglio non ha riservato particolari sorprese riconfermando la tendenza ad una contenuta volatilità, i cui effetti non hanno impedito al FTSE Mib, principale e più significativo indice di Piazza Affari, di conseguire nel corso dell’ottava un progresso dell’1,84%, tale da riportare su valori positivi (+0,91%) anche la performance da inizio anno.

L’incertezza sulle prospettive di crescita del Vecchio Continente ed il clima di generale scetticismo che le accompagnano si rispecchiano nell’andamento altalenante dei listini, dove anche l’arrivo di  notizie positive viene accolto come un semplice cambiamento temporaneo, non necessariamente destinato a protrarsi nel tempo: una progressiva perdita di fiducia che di fatto impedisce all’UE di prendere le decisioni giuste per affrontare efficacemente la crisi e le sue conseguenze.
Il primo dei nodi ancora irrisolti riguarda la situazione in cui versa la Grecia, depressa dall’austerità, erroneamente imposta come sostenibile dal Fondo Monetario Internazionale (FMI) per risanare i conti pubblici e che invece ne ha distrutto l’economia (prevista quest’anno in contrazione di un ulteriore 4%), tanto da far temere i più pessimisti in un “contagio” che potrebbe estendersi a Spagna, Portogallo e fors’anche al Bel Paese.
Altra questione cruciale riguarda il colpevole ritardo nella realizzazione dell’unione bancaria europea e nel dotarsi di uno strumento di garanzia sui depositi e di un meccanismo di supervisione del settore bancario atti alla diretta ricapitalizzazione degli istituti di credito in difficoltà, sulla scorta del modello attualmente adottato dalla Federal Reserve (Fed) negli Stati Uniti. 
Ostacoli insidiosi ed al cui superamento non giova l’atteggiamento sinora adottato dalla Germania, improntato a sostenere ed a far prevalere il proprio punto di vista al resto d’Europa: una dimostrazione di arroganza mal tollerata, soprattutto ora che l’economia tedesca si sta dimostrando sempre meno immune ed estranea alle problematiche che affliggono l’Eurozona. Se a questo aggiungiamo le incertezze su cosa voglia veramente fare il Governo inglese (che ha indetto per il 2017 un referendum sulla permanenza all’interno dell’UE), il quadro si complica non poco.
Un aiuto per comprendere meglio quale sarà il futuro al Vecchio Continente verrà fornito dai dati macroeconomici in pubblicazione questa settimana: domani quelli sull’inflazione in Germania e, il giorno successivo, quelli relativi all’Italia ed all’Europa; giovedì decisioni sui tassi per la Bank of England (BoE) e la BCE (Banca Centrale Europea), con adeguamento della produzione manifatturiera in Cina, Bel Paese (PMI) e Stati Uniti (ISM); finale di ottava con l’aggiornamento dell’occupazione a stelle e strisce.
Sempre per quanto concerne gli USA molto attesa la riunione del FOMC (Federal Open Market Committee, il principale strumento per influenzare i tassi di interesse sui mercati monetari e finanziari), che dovrebbe fare chiarezza sulle intenzioni della Fed in tema di politica monetaria e sulla prosecuzione degli aiuti forniti tramite Quantitative Easing (immissione di liquidità nel sistema quando le banche non si prestano denaro e famiglie ed imprese subiscono una stretta creditizia).
Se il “caso Grecia”, come abbiamo visto, allarma l’Europa, la “questione Cina” non è da meno per l’Asia: è notizia di ieri la verifica urgente da parte del Governo di Pechino del proprio debito pubblico che, salito al 45% del PIL (Prodotto Interno Lordo   valore dei beni e dei servizi prodotti in uno Stato), a causa del contemporaneo rallentamento della crescita del paese sta trasformandosi in una delle principali minacce per l’economia dell’ex Celeste Impero; unitamente alla preoccupazione per l’andamento dei profitti societari, al di sotto delle attese, non stupisce che Hong Kong e Shangai abbiano perso lo 0,5% e l’1,7% rispettivamente.
A concludere la seduta negativa dei listini asiatici il pesante calo di Tokyo (-3,32%), secondo consecutivo dopo il forte ribasso (-2,97%) fatto registrare già venerdì scorso: la prosecuzione dell’apprezzamento dello yen sul dollaro ha prodotto un ribasso dei titoli delle società maggiormente esposte all’export verso gli Stati Uniti appesantendo l’indice Nikkei, giunto così a toccare i minimi dell’ultimo mese.

Avvio di settimana all’insegna dell’incertezza per Piazza Affari e le principali Borse europee, partite in leggero rialzo e positive anche a metà seduta, spinte dai segnali di miglioramento dell’economia e dall’attesa per la riunione della BCE; in controtendenza  Milano a causa dell’incertezza politica per la sentenza della Cassazione attesa per domani sul processo Mediaset e la debolezza dei finanziari.
Piazza Affari (FTSE Mib -0,89%,  FTSE Italia All Share -0,88%) apre dunque in rosso la nuova ottava, con una netta prevalenza di vendite sulle banche, ancora sotto i fari delle agenzie di rating (Popolare di Milano -5,87%, Monte dei Paschi di Siena -4,64%, Unicredit -2,24%); in luce Ansaldo STS (+0,14%) dopo essersi aggiudicata una maxi commessa in Arabia Saudita insieme a Salini-Impregilo.
Gli altri listini europei non si sono particolarmente curati dei timori generali e risultano complessivamente poco mossi con una lievissima tendenza al rialzo: Parigi (+0,07%) e Londra (+0,08%) sostanzialmente invariate, Francoforte (+0,17%) in frazionale recupero.

Sul fronte del debito sovrano senza particolari scossoni lo spread tra il Btp ed il Bund con scadenza a dieci anni, attestatosi a 279 Bp (Basis point, punti base); il rendimento del titolo italiano (Btp maggio 2023) sale dunque leggermente al 4,46%; in leggero rialzo lo spread tra titoli con scadenza a due anni, che sfiora i 175 Bp equivalenti ad un rendimento prossimo all’1,9%.
Lo spread tra titoli spagnoli e tedeschi a dieci anni si pone invece a 302 Bp con un rendimento dei Bonos pari al 4,68%.
Discreta domanda per l’asta Bot tenutasi oggi, che ha visto assegnati tutti gli 8,5 miliardi di euro posti dal Tesoro in collocamento. La Banca d’Italia ha comunicato che il rapporto di copertura (ammontare di titoli richiesti su titoli offerti) è stato di 1,47, in aumento rispetto all’1,36 dell’asta di giugno; il rendimento medio è sceso allo 0,799%, in forte calo rispetto all’1,502% della precedente offerta.

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