Le semestrali frenano Milano, premiata dal calo dello spread

TRIESTE – Nouriel Roubini, economista e docente della New York University divenuto celebre per le sue previsioni sul manifestarsi della crisi finanziaria globale puntualmente verificatasi due anni dopo, invita a non farsi troppe illusioni sul contributo alla crescita mondiale ed alla ripresa dell’Europa da parte degli USA: «Il problema è che se l’America si muove ancora lentamente, l’Europa è ferma e resta sull’orlo di una recessione diffusa. (..) Il quadro complessivo è molto preoccupante».

Non a caso Ben Bernanke, presidente della Fed, la Banca Centrale statunitense, lo scorso mercoledì ha mantenuto invariato il tasso di riferimento, abbassando le proprie valutazioni sullo stato di un’economia che cresce solo grazie al settore privato (il contributo degli investimenti pubblici è assente per i tagli di bilancio che l’amministrazione sta portando avanti), non più bisognoso di sostegni finanziari; per giungere ad una crescita più stabile bisognerà ora concentrarsi sulle misure di finanza pubblica mantenendo, nel medio periodo, l’attuale politica di Quantitative Easing che è di supporto alle Borse, soprattutto se i dati riguardanti il mercato del lavoro dovessero continuare a mostrare il loro attuale trend.
Condividendo le analisi e le preoccupazioni che giungono dall’altra sponda dell’Atlantico, anche la BCE (Banca Centrale Europea) di Mario Draghi ha ritenuto opportuno non modificare i tassi d’interesse correnti: nonostante un leggero miglioramento della situazione economica nell’area euro e la diminuzione del rischio di un peggioramento dello scenario macroeconomico, il Nord Europa cresce ancora molto lentamente e le economie in crisi continuano a contrarsi in reazione alle misure di austerità, ragion per cui i tassi di interesse (compreso quello sui depositi) resteranno bassi per un prolungato periodo di tempo.
Riprendendo le preoccupazioni di Roubini, se il punto debole dell’economia globale è il Vecchio Continente, in questo contesto spicca per drammaticità la recessione che sta attraversando il nostro Bel Paese: non la peggiore in assoluto, Grecia e Spagna stanno peggio, anche se il continuo aggravarsi delle previsioni sul PIL (Prodotto Interno Lordo) sembrerebbe confermare che l’attuale strategia fatta quasi solo di aumenti fiscali non sia la più appropriata.
Secondo il celebre economista non è rimanendo focalizzati su manovre, tasse e rapporto del 3% tra deficit e PIL che sarà possibile battere la recessione, quando invece «serve un piano coerente contenente il calo del costo del lavoro sia per i dipendenti che per gli imprenditori, la rimodulazione fiscale complessiva fatta di alleggerimenti fiscali per i soggetti più deboli e aggravi per i più ricchi, massicci incentivi per chi assume i giovani. Con questo pacchetto il Governo deve chiedere a Bruxelles lo sforamento temporaneo del 3% per permettere alla crescita di ripartire».
Nel frattempo a luglio l’indice di fiducia economica nella zona Euro è salito (anche se meno delle stime previste), come pure è migliorato l’indice di fiducia dei consumatori; l’Eurostat, l’Ufficio Statistico dell’Unione Europea, ha inoltre comunicato che l’inflazione è stabile all’1,6% (in linea con le attese degli analisti), mentre sale in Germania (+0,3%) e cala in Italia (-0,2%). Un’altra importante rilevazione riguarda l’andamento della disoccupazione, stabile in Europa e Germania (rispettivamente al 12,1% ed al 6,8%) ed in frazionale calo nel nostro paese (-0,1%), dove però l’incidenza dei disoccupati 15-24enni sul totale di quelli occupati o in cerca di occupazione è pari a ben il 39,1%, in aumento di 0,8 punti percentuali rispetto al mese precedente e di 4,6 punti nel confronto tendenziale.

La fiducia sta ritornando pian piano a diffondersi tra gli operatori grazie ad una produzione industriale superiore alle aspettative non solo negli Usa ma anche in Cina ed Europa, ad un PIL statunitense che ha battuto le attese ed alle banche centrali hanno mantenuto i tassi di interesse ai loro minimi storici, promettendo di continuare a sostenere la ripresa economica attraverso l’acquisto di Titoli di Stato.
L’onda lunga delle decisioni di politica economica ed un nuovo deprezzamento dello yen nei confronti del dollaro (che continua a rafforzarsi per effetto della congiuntura) hanno favorito il secondo giorno consecutivo di rally a Tokyo (+3,29%), con Hong Kong (+0,5%) beneficiata della buona intonazione del comparto edilizio e Shanghai piatta in chiusura.
Piazza Affari e le principali Borse europee contrastate nell’ultima seduta della settimana; dopo le ottime performance registrate ieri, apertura al rialzo per il Vecchio Continente che però proseguiva la seduta contrastato, per poi cedere ad un flusso di acquisti e vendite che rispecchiavano le indicazioni arrivate falle trimestrali societarie: Londra negativa (-0,5%), Francoforte (-0,05%) e Parigi (+0,07%) in sostanziale parità, positiva Madrid (+0,4%).
Pesano su Milano (FTSE Mib -0,24%,  FTSE Italia All Share -0,08%) le semestrali di Telecom Italia (-4,23%), in passivo per 1,4 miliardi di euro, di Mediaset (-1,96%) con ricavi in flessione ed a scontare psicologicamente l’effetto della condanna in Cassazione a Berlusconi, di Intesa Sanpaolo (-1,99%), con un utile netto in forte calo rispetto a quello della prima metà dell’anno scorso (422 milioni di euro contro 1,27 miliardi).
Sul fronte del debito sovrano in flessione lo spread tra il Btp ed il Bund con scadenza a dieci anni, attestatosi a 260 Bp (Basis point, punti base); il rendimento del titolo italiano (Btp maggio 2023) scende dunque al 4,25%, così come cala il differenziale tra titoli italiani e tedeschi con scadenza a due anni, che si porta a 162 Bp equivalenti ad un rendimento inferiore all’1,8%.
Lo spread tra titoli spagnoli e tedeschi a dieci anni si pone invece a 291 punti base, con un rendimento dei Bonos pari al 4,55%.

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