L’Europa chiede riforme e stabilità, Milano si salva in chiusura

TRIESTE – Quest’estate le politiche monetarie attuate dalle banche centrali, prime fra tutte la Federal Reserve (Fed) e la Banca Centrale Europea (BCE), hanno favorito un recupero dei mercati finanziari, già beneficiati da una contenuta – ma pur sempre positiva – ripresa del PIL (Prodotto Interno Lordo), il valore totale dei beni e dei servizi prodotti) e da una volatilità piuttosto contenuta.

Dal 2008, con il manifestarsi della crisi globale, per la prima volta le scelte di politica macroeconomica hanno visto Europa e Stati Uniti intraprendere percorsi diversi: la prima scegliendo la strada dell’austerity, che ha ulteriormente indebolito i Paesi strutturalmente più fragili (Portogallo, Italia, Grecia e Spagna), i secondi adottando una politica di sostegno all’economia basata su rilevanti manovre di Quantitative Easing (QE, programma di stimoli per fornire liquidità al sistema quando le banche non si prestano denaro e famiglie ed imprese subiscono una stretta creditizia).
Gli indicatori economici sembrano indicare che entrambe le economie stanno procedendo, seppur con velocità diverse, in direzione della ripresa, per quanto l’Area Euro stia sotto alla duplice spada di Damocle costituita dalle incognite sull’andamento delle elezioni politiche tedesche e sulla tenuta del Governo Letta: scartato il rischio legato al voto in Germania grazie ai sondaggi in favore di una riconferma di Angela Merkel, il mercato sembra aver già parzialmente scontato anche il rischio di un’eventuale crisi nel Bel Paese, con i titoli di Stato italiani a due anni scambiati ad un tasso superiore rispetto a quello garantito dai corrispettivi bond spagnoli.
L’allineamento tra l’andamento delle Borse europee e la congiuntura dell’area, cambiamento a lungo atteso ed auspicato dagli operatori, è stato certificato dall’ultimo bollettino mensile della BCE, secondo il quale i miglioramenti complessivi registrati dall’estate scorsa nei mercati finanziari sembrano trasmettersi per gradi all’economia reale, al pari degli sviluppi realizzati nel risanamento dei conti pubblici. Altra buona notizia è che nel secondo trimestre l’Eurozona è uscita dalla recessione: «Dopo sei trimestri con il segno negativo nel secondo trimestre del 2013 la crescita del PIL (Prodotto Interno Lordo) in termini reali nell’area dell’euro ha registrato lo 0,3% sul periodo precedente», recita il report.
Sempre secondo quanto pubblicato dal bollettino della BCE, in Italia il fabbisogno di bilancio complessivo dei primi sette mesi del 2013 (51 miliardi di euro contro i passati 28) è tale da mettere in dubbio l’effettivo contenimento al 2,9% del rapporto tra deficit e PIL nell’anno in corso, nonostante a luglio il debito pubblico sia sceso a 2.073 miliardi di euro dai precedenti 2.075, ultimo massimo storico, come comunicato quest’oggi da Bankitalia.
Da Vilnius, sede delle riunioni dell’Eurogruppo e dell’Ecofin, si chiede a gran voce che l’Italia si concentri sulle riforme impegnandosi a mantenere la stabilità politica; per Olli Rehn, commissario agli Affari economici dell’UE, «È la cosa più importante» in previsione dei resoconti finanziari che ad ottobre dovranno essere presentati alla valutazione di Bruxelles, tanto più che «Siamo ad un punto di svolta dell’economia dell’Eurozona, i dati sul PIL del secondo trimestre sono meglio delle attese, avremo una crescita più stabile nei prossimi mesi ma dire che la crisi è finita è prematuro, molti Paesi devono ancora fare riforme necessarie», ha proseguito.
Ultima seduta di ottava segnata da un clima d’incertezza cui ha fatto da prologo la seduta negativa dei mercati asiatici, con l’indice MSCI (Morgan Stanley Capital International) Pacifico in calo dell’1%: sulle Borse cinesi hanno pesato le prese di profitto sui titoli del comparto finanziario, saliti in seguito alla decisione del governo dell’ex Celeste Impero di istituire una zona di libero scambio a Shanghai, mirata a liberalizzare il cambio dello yuan e dei tassi d’interesse. Lo Shanghai Composite ha perso così lo 0,65%, mentre Hong Kong ha ceduto lo 0,33%.
Prevalenza della prudenza anche a Tokyo (+0,12%), in vista dell’incontro della Federal Reserve di metà settembre in cui deciderà se e quanto ridurre il suo piano di acquisti di titoli di Stato; segnali incoraggianti dal fronte economico grazie al rialzo delle stime sulla produzione industriale, con l’indice a 97,9 punti ed un incremento su base annua dell’1,8%.
Avvio debole per i listini del Vecchio Continente nell’ultima sessione della settimana che, in assenza di nuove indicazioni sull’andamento dell’Eurozona, trasferisce tutte le attese alla pubblicazione dei dati delle vendite al dettaglio negli USA; a condizionare le contrattazioni le incertezze legate alla crisi siriana: secondo gli operatori le prospettive di medio e lungo termine sono buone, ma prediligono la cautela nel breve. A liberare dall’incertezza i mercati la buona partenza di Wall Street che, nonostante la diffusione di dati macro contrastanti ed al di sotto delle aspettative, riesce a scuotere dal torpore Piazza Affari (FTSE Mib +0,14%, FTSE Italia All Share +0,17%) e la maggioranza delle principali Borse europee (Francoforte +0,18%, Parigi +0,19%, Madrid +0,19%) ad eccezione di Londra (-0,08%), sostanzialmente invariata.
A Milano sugli scudi Mediaset (+3,73%), beneficiata dagli analisti di Nomura del doppio aumento di prezzo obiettivo e di giudizio, anche se è stata Cell Therapeutics l’unica a regalare veri brividi con uno stop per eccesso di rialzo ed un progresso del 14,8%, grazie all’annuncio di un buon accordo per la vendita di azioni privilegiate; chiusura in rosso per Fiat (-1,44%), a seguito del rallentamento delle trattative con Veba sulla quota di controllo di Chrysler; deboli le banche, con la sola Montepaschi (+1,07%) in controtendenza.
Sul fronte del debito sovrano in rialzo lo spread, la differenza di rendimento tra il Btp ed il Bund con scadenza a dieci anni, risalito a quota 260 Bp (Basis point, punti base) rispetto ai 253 Bp di ieri, portando il tasso del titolo italiano (Btp maggio 2023) al 4,57%, sui livelli di fine agosto.
Cresce anche il differenziale tra Spagna e Germania, portatosi a 250 Bp per un rendimento dei Bonos del 4,48%: rispetto alla chiusura di ieri il dato implica un allargamento della forbice tra Roma e Madrid a 9 Bp dai precedenti 7 Bp.
Doveroso infine un richiamo al buon esito dell’asta BTP di ieri: il Tesoro ha collocato Btp a 3 (nuovo benchmark) e 15 anni per un totale di 5,5 miliardi. Sul triennale la richiesta è stata ottima: ordini per 6 miliardi soddisfatti per 4, con un rendimento lordo del 2,72%, in rialzo di 38 Bp rispetto a luglio parte a causa delle tensioni politiche e parte per effetto dell’allungamento della scadenza di sei mesi.
Buono anche il tasso di copertura (rapporto tra titoli richiesti e titoli offerti) per la scadenza del 2028, anche se in forte calo rispetto all’asta di metà giugno (1,36 contro 1,73); infine il rendimento lordo è salito al 4,88% dal 4,67% del precedente collocamento.

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