Europa ancora in rosso, Milano sempre più in crisi

TRIESTE – L’ottava di Borsa che andiamo a commentare si è conclusa con un dato che, almeno per il Bel Paese, risulta incoraggiante: il FTSE Mib, il più significativo indice azionario di Piazza Affari, paniere delle azioni delle 40 società a maggior capitalizzazione quotate sui mercati gestiti da Borsa Italiana, nel mese di ottobre ha registrato un’impressionante crescita del 10,99%, accompagnata da un forte incremento dei volumi trattati.

Dopo una prima metà del mese di ottobre incentrata sul braccio di ferro politico negli USA sulla questione del tetto del debito, ora è il nuovo record storico fatto segnare lunedì da Wall Street a catalizzare l’attenzione dei mercati, soprattutto perché verificatosi alla vigilia della due giorni di riunione della Federal Reserve: la revisione al ribasso delle stime del PIL Usa del terzo trimestre associata ad un tasso di disoccupazione al di sopra del 6,5% indica una crescita economica ancora moderata, tale da consigliare il mantenimento dell’attuale politica monetaria di tassi contenuti lo 0% e lo 0,25%.

La decisione del FOMC (Federal Open Market Committee, il Comitato di politica monetaria della Fed) di settembre di posticipare il “tapering” (la progressiva riduzione delle iniezioni di liquidità a sostegno di finanza ed economia), il successivo “shutdown” del governo (la paralisi degli uffici federali per mancanza di liquidità), la nomina di Janet Yellen alla guida della Fed, hanno indotto i mercati ad affrontare con una sorta di sufficienza il meeting della banca centrale americana, dando quasi per scontato il rinvio di ogni iniziativa al prossimo  mese di gennaio.

Così, seppur nella pratica le previsioni delle vigilia abbiano trovato conferma, quello che ha sorpreso è stato il tono con cui sono state annunciate le decisioni della Fed, bilanciatissimo: nessuna particolare indulgenza, adatta a mitigare quell’eccesso di euforia che gli investitori stavano accumulando, né alcuna restrizione o menzione di preoccupazioni di sorta, a conferma dell’attuale cautela riguardo le mosse di politica monetaria: un chiaro segnale a non considerare più come certi gli ancora possibili rialzi del mercato ed un avviso che la direzione di marcia potrebbe anche essere modificata.

Anche in Europa sembra che la ripresa abbia perso vigore a dispetto dei nuovi massimi della Borsa tedesca, con quelle di Spagna ed Italia a dare i primi segni di rallentamento ed il dato sulla fiducia dei consumatori in Germania ancora tutto da verificare: dopo che la scorsa settimana l’indice Ifo ha deluso le aspettative, ad ottobre il tasso di disoccupazione si è attestato allo stesso livello di settembre (6,9%), ma il numero dei disoccupati ha registrato un incremento di 2mila unità contro l’attesa di una variazione nulla.

Discorso simile per il tasso di disoccupazione della Zona Euro, stabile al 12,2% ma pur sempre superiore alle indicazioni degli analisti che ne ipotizzavano un calo, mentre ancora una volta il Bel Paese vede la propria quota complessiva innalzarsi al 12,5% (+1,6% tendenziale), che nella fascia giovanile delineata dai 15-24enni rappresenta il 40,4% del totale dei senza lavoro, in aumento di 4,4 punti percentuali rispetto allo stesso mese dell’anno precedente.

Nuova frenata dei prezzi al consumo in ottobre in Europa ed Italia, con un rallentamento dell’inflazione in termini congiunturali (su base mensile) ed un suo aumento tendenziale (su base annua), in gran parte imputabile alle componenti più volatili come i beni energetici e gli alimentari freschi; quanto alla Germania, pietra di paragone a livello europeo, il medesimo andamento rispecchia comunque dati migliori delle stime degli analisti.

Notizie negative dai mercati asiatici con l’indice Nikkei della Borsa di Tokyo in rosso (-0,88%); a spingere al ribasso il listino il crollo del titolo Sony (-11%) che, in occasione della presentazione dei conti trimestrali, ha lanciato un “profit warning” sui risultati dell’esercizio in corso, rivedendo al ribasso le previsioni su utili e vendite del 40%.

Anche Piazza Affari (FTSE Mib -0,97%, FTSE Italia All Share -0,87%) e le principali Borse europee in ribasso nell’ultima seduta della settimana, caratterizzata da volumi bassi in concomitanza con la festività di Ognissanti: Londra (+0,05%) ha chiuso sostanzialmente invariata, debole Francoforte (-0,29%) e negativa Parigi (-0,62%), in netto ribasso Madrid (-0,70%).

Seduta volatile per Telecom Italia (-0,56%) in scia alle nuove indiscrezioni su un aumento di capitale inferiore ai 2 miliardi di euro e prevalenza di vendite sui bancari: prese di beneficio su Monte dei Paschi di Siena (-3,35%) dopo il forte rialzo di ieri, sessione tranquilla per Unicredit (+0,18%) ed IntesaSanpaolo (-0,05%). Tra i titoli a maggior capitalizzazione da segnalare ancora la pessima giornata di Eni (-1,34%) ed Enel (-1,17%) che i rumors danno nelle mire di Gazprom e Novatek interessate a rilevare le quote detenute dai due colossi italiani in ServerEnergia; sbandata per Generali (-0,41%) dopo che gli esperti di Credit Suisse hanno limato le stime per l’esercizio in corso confermando il giudizio “Underperform” (farà peggio del mercato); ribasso anche per Fiat (-3,63%) dopo che la controllata statunitense Chrysler ha comunicato un aumento dell’11% delle vendite negli Stati Uniti, segnando il quarantatreesimo mese consecutivo di crescita del gruppo.

Sul fronte del debito sovrano in leggera flessione lo spread, la differenza di rendimento tra il Btp ed il Bund con scadenza a dieci anni, che chiude in calo a  238 BP (Basis point, punti base) pari ad un tasso del 4,07%; il differenziale tra il Bonos spagnolo (decennale) ed il Bund tedesco avente stessa scadenza si attesta invece a 227 Bp per un rendimento del titolo iberico del 3,96%.

In discesa anche lo spread tra il Btp e il Bund tedesco con scadenza a due anni, che ha chiuso a 130 Bp, corrispondenti ad un rendimento dell’1,4%.

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