La UE boccia la Legge di Stabilità e Piazza Affari perde la spinta

TRIESTE – Come anticipato lo scorso lunedì, si conclude oggi un’ottava di Borsa caratterizzata da una generale assenza di dati macroeconomici di rilievo, alla quale si associano temi di fondo senza sostanziali variazioni; in tale contesto Wall Street continua ad inanellare nuovi record al rialzo, ieri l’ultimo in ordine di tempo strappato in finale di seduta, quasi che il proseguimento della politica del QE (Quantitative Easing, acquisti di titoli di Stato per 85 miliardi di dollari al mese che stanno sostenendo le quotazioni dei principali asset di investimento) sia la panacea a tutti i mali.

Non va infatti dimenticato che lo scenario globale si compone anche dei deludenti dati di crescita del Vecchio Continente e del Giappone, tali probabilmente da indurre la Fed a posticipare il “tapering” (la progressiva riduzione del QE) alla chiusura dell’altro grande problema americano, quello tetto del debito (“debt ceiling”): il dibattito sul risanamento del bilancio federale dovrebbe riprendere all’inizio del nuovo anno, proprio quando all’interno del Federal Open Market Committee (FOMC) della Federal Reserve si insedieranno nuovi membri, che potrebbero avere una visione molto meno accomodante di quella attuale.

L’onda lunga di questi timori è giunta sin sull’altra sponda dell’Atlantico, spingendo la BCE (Banca Centrale Europea) a monitorare attentamente l’andamento dei prezzi (e quindi l’inflazione) e ad apportare un taglio al costo del denaro nel tentativo di rilanciare l’economia europea, ormai sull’orlo della deflazione, anche se a parere di alcuni commentatori si dovrebbe fare molto di più per ottenere una reale svalutazione della moneta unica.

Le parole pronunciate mercoledì scorso da Janet Yellen alla Commissione del Senato americano in vista della conferma della propria nomina a prossimo Presidente della Fed, tese a rimarcare come la distanza dei target su disoccupazione ed inflazione dagli obiettivi della banca centrale rendano necessaria la prosecuzione degli stimoli all’economia «finché questa non sarà forte abbastanza», sono così apparse come un vero e proprio toccasana per i mercati azionari europei, immediatamente impostatisi al rialzo.

Nella medesima giornata l’Eurostat, l’Ufficio Statistico dell’Unione Europea, ha comunicato di aver registrato una contrazione della produzione industriale a settembre ed un aumento dell’inflazione (+0,7% su base annua) ad ottobre, a conferma del delicato momento attraversato dall’Eurozona. 

Nel Bel Paese ad ottobre l’indice dei prezzi al consumo al lordo dei tabacchi  (+0,8%) è risultato in lieve decelerazione rispetto a settembre (+0,9%), anche se questo rallentamento dell’inflazione è imputabile soprattutto alle componenti più volatili (beni energetici ed alimentari freschi), al netto dei quali la crescita tendenziale dell’indicatore (inflazione di fondo) sarebbe rimasta stazionaria all’1,2%. Sono piuttosto le cifre del debito pubblico italiano comunicate dalla Banca d’Italia ad allarmare, che ne sanciscono l’aumento a 2.068 miliardi di euro rispetto ai 2.060 di agosto ed ai 1.989 di fine 2012, nonostante un saldo commerciale (differenza tra il valore delle esportazioni e quello delle importazioni di merci) di 794 milioni di euro, in ampliamento su settembre 2012 (131 milioni) e caratterizzato da un aumento sia dell’export (+0,6%) che dell’import (+1,9%).

Resi disponibili ai mercati anche i dati (preliminari) relativi al PIL (Prodotto Interno Lordo, il valore totale dei beni e servizi prodotti in un Paese) del terzo trimestre: la Germania si conferma in crescita con un incremento dello 0,3% su base trimestrale e dell’1,1% su quella annuale, seguita dal dato europeo che riporta  un aumento dello 0,1% trimestrale ed una flessione dello 0,4% annuale; inaspettatamente in flessione dello 0,1% nel dato di breve periodo la Francia, peggiore delle attese degli analisti, mentre il calo congiunturale dell’Italia (-0,1% trimestre su trimestre) è la sintesi di una diminuzione del valore aggiunto nei comparti dell’agricoltura e dei servizi e di un aumento in quello nell’industria, che portano il dato annualizzato ad un -1,9%.

Dati che giustificano l’allarme lanciato oggi dalla Commissione Europea che, nel suo commento alla Legge di Stabilità presentata dal Bel Paese, rileva un debito troppo elevato ed un rientro troppo lento: l’Italia rischia così di non rispettare gli obiettivi del Patto di stabilità e crescita nel 2014 e, conseguentemente, non potrà beneficiare della “clausola sugli investimenti” del valore di circa 3 miliardi, a causa dell’insoddisfacente ritmo a cui abbatte il deficit pubblico.

Mercati asiatici tutti al rialzo grazie al secondo giorno di effetti positivi e rally dell’azionario provocati dagli accomodanti commenti del neo presidente “in pectore” della Fed Janet Yellen: la Borsa di Tokyo (+1,95%), grazie all’indebolimento dello yen, ha potuto superare per la prima volta da quasi sei mesi quota 15 mila punti, mentre Hong Kong (+1,6%) e Shangai (+1,8%) hanno beneficiato del programma di riforme che dovrebbe liberalizzare l’economia dell’ex Celeste Impero deciso dal plenum del partito, dal quale gli analisti si attendono in tempi brevi il dettaglio dei cambiamenti.

Nervosi e privi di correlazione i principali indici finanziari europei all’apertura di oggi, con gli investitori in attesa del dato sulla produzione industriale negli Stati Uniti e con gli occhi puntati sui ministri delle Finanze europei impegnati a Bruxelles nella messa a punto di un piano di azione per gli istituti di credito che, dopo la nuova serie di verifiche (“stress test”) da parte della BCE, dovessero mostrarsi in difficoltà; la seduta è poi proseguita all’insegna degli acquisti, propiziati dall’onda lunga delle rassicurazioni espresse da Janet Yellen, prossimo presidente della Fed, con Milano a metà contrattazioni unica piazza in negativo; chiusura quindi in crescita per quasi tutte le principali Borse europee: debole Madrid (-0,13%), lieve rialzo per Parigi (+0,19%) e Francoforte (+0,21%), in incremento Londra (+0,41%).

Piazza Affari (FTSE Mib -0,39%, FTSE Italia All Share -0,31%) fanalino di coda dell’Europa, appesantita da alcune trimestrali negative e dalla cattiva intonazione dei bancari che hanno spinto gli operatori a realizzare prese di beneficio. In forte ribasso Monte dei Paschi di Siena (-2,58%), che comunicherà i dettagli del piano di ristrutturazione dopo l’approvazione della Commissione Europea mentre gli analisti ne confermano il giudizio ad “Underperform” (farà peggio del mercato); negativa anche Unicredit (-1,25%) nonostante un rialzo del target price e la conferma del giudizio “Hold” (mantenere); segno meno infine per Intesa Sanpaolo (-2,19%).

Tra i titoli a maggior capitalizzazione Telecom Italia (+0,45%) ha ignorato il taglio del giudizio di S&P sul debito a lungo termine della compagnia, sceso a “BB+” con prospettive “Negative” per i prossimi trimestri; il quotidiano economico Il Sole24Ore riporta poi che la Consob avrebbe avviato delle verifiche su Generali (-1,03%), nell’ambito dell’operazione di valorizzazione della partecipazione in Telecom Argentina da parte di Telecom Italia; acquisti sui petroliferi (Eni +0,39%, Saipem +0,28%,) mentre RCS Mediagroup (-1,87%) scivola dopo la cessione dello 0,69% del capitale della società editoriale da parte di Mediobanca.

La bocciatura della legge di stabilità del Governo Letta da parte della Commissione Europea ha messo in dubbio la capacità dell’Italia di raggiungere l’obiettivo sul deficit di bilancio (3%), che a sua volta ha aumentato la  pressione sullo spread, la differenza di rendimento tra il Btp ed il Bund con scadenza a dieci anni, risalito a  238 BP (Basis point, punti base) per un tasso del 4,09%; praticamente invariato invece lo spread tra il Btp e il Bund tedesco con scadenza a due anni, confermatosi ai 111 Bp della chiusura di ieri per un rendimento sopra l’1,2%.

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