Milano a testa alta tra Ucraina e nodo ESM, Europa contrastata

TRIESTE – La rapida evoluzione della crisi tra Russia ed Ucraina è stato il leit-motiv della passata settimana borsistica, caratterizzata da una forte volatilità trasversale a tutti i principali mercati; nonostante ciò l’indice  S&P500 di Wall Street è riuscito fissare un nuovo massimo storico a 1.884 punti ed anche Piazza Affari, sebbene lontana da qualsivoglia tipo di record, ha positivamente concluso l’ottava con un progresso dello 0,94% che, da inizio d’anno, corrisponde ad un rialzo del FTSE Mib dell’8,79%.

Sostanzialmente tre gli avvenimenti in grado di scuotere i listini nel corso dei prossimi cinque giorni: per quel che concerne l’Europa, le riunioni di Eurogruppo (oggi), Ecofin (domani) e giovedì la pubblicazione del bollettino mensile di marzo della BCE (Banca Centrale Europea); relativamente al Belpaese, l’emissione di BOT annuali (mercoledì) cui farà seguito, il giorno dopo, una di BTP; infine la comunicazione delle decisioni in materia di politica monetaria assunte dalla Bank of Japan (martedì).

Quest’oggi dunque i ministri europei dell’Economia e delle Finanze si riuniscono nell’Eurogruppo per affrontare l’attuale situazione economica nella zona euro e definire il programma di aiuti a Cipro, Grecia e Portogallo. Argomento principale il confronto sull’unione bancaria, sul quale si incentrerà proprio l’Ecofin di domani, con il nodo dell’ESM (European Stability Mechanism, meccanismo europeo di stabilità) e del fondo di risoluzione delle banche (che permetterebbe di accompagnare al fallimento ordinato gli istituti di credito) a fare da catalizzatori del dibattito. La possibilità di prestito del fondo, i tempi e le modalità di voto per i fallimenti delle banche sono ancora motivo di divisione tra i Paesi membri, quando invece la messa a punto del sistema di vigilanza unica europea dovrebbe essere alle battute finali. 

L’urgenza di raggiungere una soluzione che possa passare a breve all’esame di Strasburgo non esclude la possibilità del ricorso a sessioni notturne, anche se alcuni Stati preferirebbero uno slittamento sino all’Ecofin di aprile, in modo che i tempi tecnici per le nuove elezioni limitino il più possibile l’apporto di modifiche parlamentari al pacchetto proposto.

Una tematica quanto mai scottante soprattutto dopo che i Governi, per salvare il sistema finanziario dalla crisi globale e per rilanciare la crescita, hanno fatto lievitare il debito pubblico, riacquistato poi in gran parte dalle stesse banche, venendo di fatto ad instaurare tra le due parti un legame (potenzialmente vizioso) che ora, con molta fatica, le autorità regolamentari tentano di sciogliere: secondo quanto riportato dal quotidiano economico Il Sole 24 Ore «l’esposizione complessiva delle banche dell’Eurozona ai titoli sovrani dell’area ha raggiunto un livello record dal 2006 a 1.750 miliardi di euro, una cifra pari al 5,7% degli asset totali degli stessi istituti di credito».

Nel frattempo l’Istat ha rilevato che in Italia, a gennaio, la produzione industriale è tornata a salire dell’1,4% su base annua, con un balzo dell’1% su dicembre, come non si registrava dall’agosto del 2011.

Seduta sfavorevole invece per i listini asiatici, con l’indice MSCI della regione a cedere l’1,1% sulla scia dei negativi dati macro di Cina e Giappone. Il PIL del Sol Levante ha mancato le attese degli analisti a causa di consumi e di investimenti meno elevati, spingendo il Governo nipponico a specificare che la crescita 2013 sarà dell’1,5% anziché dell’1,6% come precedentemente annunciato; in attesa di conoscere le conseguenti decisioni di politica monetaria che vorrà intraprendere la Bank of Japan, una cui riunione è prevista in settimana, la Borsa di Tokyo ha chiuso in ribasso dell’1,01%.

Per quel che riguarda invece la Cina, sono stati i dati sulle esportazioni (-18,1% la contrazione a febbraio rispetto allo stesso periodo dell’anno scorso) e sull’inflazione (attestatasi al 2%) a limitare i listini, segnale preoccupante considerato il peso ancora basso dei consumi interni sul totale del PIL dell’ex Celeste Impero; negative dunque tanto la Borsa di Shanghai (-2,86%) quanto quella di Hong Kong (-1,75%). 

Avvio debole per le piazze finanziarie del Vecchio Continente, con gli operatori concentrati sulla chiusura negativa delle Borse asiatiche, proseguito all’insegna della cautela con i listini indecisi sulla direzione da prendere: a spingere le vendite il rallentamento dell’economia cinese, ad alimentare gli acquisti alcune operazioni straordinarie che mantengono vivo l’appetito speculativo; chiusura contrastata infine per le incertezze sull’intricata crisi diplomatica in Crimea, con il Parlamento della regione che ha indetto un referendum per votare l’annessione alla Repubblica federale russa: Parigi (+0,10) e Madrid (+0,30%) poco sopra la parità, mentre scivolano Londra (-0,35%) e soprattutto Francoforte (-0,91%). 

Grazie alla buona intonazione del comparto bancario Milano ha aperto in lieve rialzo, mantenendo poi gli indici in territorio positivo per tutta la sessione, consentendo a Piazza Affari (FTSE Mib +0,58%, FTSE Italia All Share +0,53%) di chiudere come regina d’Europa.

Spunti importanti tra i bancari, con in luce Unicredit (+2,98%) che domani approverà i conti 2013 e il nuovo piano industriale; l’istituto guidato da Federico Ghizzoni potrebbe essere intenzionato a quotare la controllata Fineco ed il mercato attende novità sul progetto per i crediti ristrutturati che l’istituto ha allo studio insieme a Intesa Sanpaolo; nel frattempo gli analisti di JP Morgan hanno alzato il prezzo obiettivo del titolo confermando il giudizio “Overweight” (sovrappesare) in conseguenza delle migliorate stime sull’utile 2015. In rialzo anche Monte dei Paschi di Siena (+1,13%) sulle voci che alcuni fondi di investimento stiano valutando la possibilità di rilevare una quota del 20% del capitale in possesso della Fondazione MPS; performance positiva per Intesa Sanpaolo (+0,35%) dopo la comunicazione che martedì 11 marzo annullerà integralmente 12 miliardi di obbligazioni garantite dallo Stato, passività sottoscritte all’emissione dallo stesso istituto e mai collocate sul mercato.

Per quanto riguarda i titoli a maggior capitalizzazione, Telecom Italia (+1,41%) reagisce alle perdite della seduta di venerdì con la dichiarazione del numero uno della compagnia telefonica, Marco Patuano, deciso a tornare al dividendo sulle azioni ordinarie già nel prossimo esercizio; Mediaset (-1,24%) in ribasso sulle voci che la vorrebbero pronta a rilevare il 56% di Digital+ insieme a Telefonica, operazione  valutata circa 500 milioni di euro; grande performance invece per Rcs Mediagroup (+4,26%) che, dopo aver ridotto la perdita di 507,1 milioni dell’esercizio precedente agli attuali 218,5 milioni di euro, prevede per quest’anno un risultato in ulteriore miglioramento anche se passivo.

Sul fronte del debito sovrano, chiusura in lieve calo dello spread, il differenziale di rendimento tra il Btp decennale ed il Bund tedesco di pari scadenza, portatosi a 174 Bp (Basis point, punti base) contro i 177 Bp di venerdì, per un tasso sul decennale italiano fissato al 3,36%.

Torna a far meglio del Belpaese il tasso dei Bonos che, grazie ad un differenziale di 167 punti base tra titoli spagnoli e tedeschi, chiude la seduta con il decennale al 3,29%.

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