Svolta Yellen per la Fed, Piazza Affari vittima delle “Tre Streghe”

TRIESTE – Ottava di Borsa carica di aspettative quella che va a concludersi oggi, con la riunione del FOMC (Federal Open Market Comitee), il principale strumento della Fed per influenzare i tassi di interesse sui mercati monetari e finanziari, a fare da piatto forte per i listini affamati di conferme.

Si è trattato del battesimo del fuoco per Janet Yellen nelle vesti di presidente della Federal Reserve, che ha subito affermato la propria leadership con una svolta sulla “guidance”: l’abbandono da parte della banca centrale del 6,5% come obiettivo di disoccupazione quale parametro decisivo per implementare misure sui tassi di interesse, non rappresentativo del vero stato di salute del mercato del lavoro degli Stati Uniti; in sua sostituzione verrà preso in considerazione un ventaglio più ampio di dati, il così detto “leading indicator” che misura lo stato di salute dell’economia americana in generale, aumentando parallelamente il focus sull’inflazione, ritenuta ancora troppo fiacca, il cui raggiungimento del valore del 2% rappresenta l’obiettivo da conseguire prima di agire sui tassi.

La riformulazione della “qualitative guidance” rappresenta un adeguamento alle attuali condizioni economiche, per affrontare le quali la Fed necessita di regole più flessibili rispetto ai precedenti parametri: da un lato l’adozione di criteri qualitativi più che quantitativi, dall’altro una sorta di riequilibrio delle due variabili (disoccupazione ed inflazione) che condizioneranno le future decisioni dell’istituto centrale. Una riforma che si presta a più interpretazioni: se è pur vero che la Fed può così ritenersi libera di alzare i tassi, è altrettanto vero che un saggio di disoccupazione al 6,5% non sarebbe più un motivo sufficiente per invertire il segno della politica monetaria rincarando il costo del credito, posizione più vicina al sentire del nuovo numero uno della Fed. Espansione monetaria ancora come medicina per la crescita dunque, seppur condizionata dal rischio di una bolla speculativa: troppe voci sul mercato, troppa agitazione, troppa instabilità all’estero potrebbero creare una “tempesta perfetta” che si tradurrebbe in una correzione, anche forte, dei listini mondiali.

Questi timori, complice anche l’escalation della crisi ucraina, hanno portato Janet Yellen a confermare, stavolta nel rispetto delle attese, la prosecuzione del “tapering”, la progressiva riduzione degli aiuti all’economia, che l’attuale taglio (10 miliardi) ha ridotto a 55 miliardi di dollari al mese tra titoli del Tesoro (30 miliardi di “Treasury”) ed obbligazioni immobiliari (25 miliardi di “mortgage-backed securities” MBS). L’intento della Fed resta per sua stessa ammissione quello di «valutare i progressi verso obiettivi di massima occupazione e di inflazione al 2%» prima di qualunque stretta sul costo del denaro, oggi prossimo allo zero, anche se durante la conferenza stampa la neopresidentessa ha ipotizzato un periodo «nell’ordine dei sei mesi» tra la fine del “tapering” ed un rialzo dei tassi, collocando di fatto quest’eventualità in corrispondenza della prossima estate.

Sostanzialmente finché non ci saranno segnali chiari di un’economia vicina alla piena occupazione e fino a quando l’inflazione non sarà significativamente più alta rispetto ai livelli attuali, probabilmente la Fed si manterrà su di una posizione accomodante conservando i tassi di interesse all’attuale livello ma, poiché il mercato del lavoro riflette con un certo ritardo l’andamento della crescita economica, questa strategia è esposta al rischio di un’inflazione più elevata e di un intervento in ritardo da parte della banca centrale.

Contemporaneamente anche le istituzioni finanziarie del Vecchio Continente hanno compiuto nuovi passi importanti verso la soluzione di vecchie questioni interne, prima fra tutte la legittimità dell’azioni avviate da Bruxelles e dalla BCE per salvare l’euro da attacchi speculativi. La Corte Costituzionale tedesca ha dunque approvato il fondo ESM (European Stability Mechanism, meccanismo europeo di stabilità), meglio noto come “Fondo salva-Stati”, dopo aver appurato che non viola i diritti del Parlamento tedesco in materia di politiche economiche, delibera che segue solo di qualche settimana il rinvio alla Corte di Giustizia europea del parere sulla legittimità dell’OMT (Outright Monetary Transactions, operazioni monetarie definitive), la possibilità di procedere ad acquisti illimitati di bond sul mercato da parte della BCE per sostenere i Paesi membri in difficoltà macroeconomica grave e conclamata.

Altra novità l’intesa raggiunta sull’ultimo pilastro della futura Unione Bancaria, il meccanismo di risoluzione ed il fondo salva-banche: ora il Parlamento UE potrà votare il via libera definitivo nell’ultima seduta plenaria di aprile, prima dello scioglimento dell’assise per il suo rinnovo. Secondo Elisa Ferreira, uno dei relatori della proposta, «L’accordo risponde a tutti i dubbi del Parlamento: il processo decisionale per chiudere una banca è ora più rapido e si riuscirà a prendere una decisione in un weekend, l’influenza degli Stati in tutto il processo è stata ridimensionata, nascerà fin da subito una linea di credito a cui potrà accedere il fondo salva banche e la mutualizzazione dei compartimenti nazionali del fondo sarà più rapida».

Dati macro della settimana particolarmente concentrati sul Belpaese: calo dell’1,5% su base mensile delle esportazioni a gennaio dopo il balzo di dicembre, con un ribasso delle importazioni sia in termini congiunturali (-1,6% rispetto a dicembre) che tendenziali (-6,6% riguardo allo stesso mese del 2013); questa contrazione degli acquisti avvantaggia la bilancia commerciale, il cui avanzo di 365 milioni è in deciso miglioramento rispetto all’anno precedente. A febbraio le retribuzioni contrattuali orarie sono salite appena dello 0,1% su base mensile e dell’1,4% su base annua, allargando la forbice con l’inflazione: di fatto i salari crescono quasi del triplo rispetto ai prezzi, ma il divario è dovuto alla frenata dei listini. Rimanendo sempre in tema di salari, il rapporto annuale sugli indicatori sociali dell’OCSE (Organizzazione per la Cooperazione e lo Sviluppo Economico) riferisce che il reddito medio annuo delle famiglie italiane è calato di 2.400 euro tra il 2007 e il 2012, quasi il doppio della media della zona euro (1.100 euro), a causa del «deterioramento del mercato del lavoro, soprattutto per i giovani».

Fortunatamente il fatturato dell’industria italiana apre il 2014 a testa alta, con una crescita a gennaio del 3% su base annua, il rialzo più forte da dicembre 2011; anche gli ordinativi dell’industria proseguono a crescere, con un aumento a gennaio del 2,6% su base annua, il più alto dal dicembre 2010.

Per quel che riguarda invece la “locomotiva d’Europa”, a marzo l’indice Zew sulla fiducia degli investitori tedeschi è sceso a 46,6 dal 55,7 di febbraio sui timori che la crisi ucraina possa indebolire la ripresa dell’Eurozona, mentre a febbraio l’indice dei prezzi alla produzione in Germania ha registrato una variazione nulla su base mensile e una contrazione dello 0,9% su base annuale.

Terminiamo con l’indice di fiducia dei consumatori (stima flash) nella zona Euro, a marzo in miglioramento più delle stime degli analisti.

Con la Borsa di Tokyo è oggi chiusa per festività, listini cinesi sotto ai riflettori. Yuan ai minimi da 13 mesi dopo che la Banca Centrale ha abbassato il punto focale della banda di oscillazione sul dollaro: questa settimana ha perso l’1,2% mentre l’istituto centrale ha raddoppiato la banda di oscillazione verso l’alto e verso il basso, consentendo maggiori variazioni nel corso della moneta che hanno sostenuto i listini, caratterizzati da forti acquisti sui titoli del comparto immobiliare e bancario, ora scambiati a prezzi molto convenienti. Rally dunque per Shanghai (+ 2,27%) e per Hong Kong (+1,20%).

Avvio in leggero rialzo sulle piazze finanziarie del Vecchio Continente: dopo il recupero realizzato ieri grazie ai dati sull’economia americana, i listini europei sono partiti cauti, viaggiando in rialzo al giro di boa della seduta; in crescita il volume delle contrattazioni a seguito della coincidenza con le “tre streghe” di Borsa, evento che si verifica il terzo venerdì di ogni mese che chiude un trimestre ed in cui scadono i principali contratti di future ed opzioni  su indici ed azioni. Dopo gli aggiornamenti sulla congiuntura negli Usa, oggi è stata la volta dell’Europa, la cui fiducia dei consumatori ha registrato una crescita superiore alle attese, confermando il rafforzamento dell’economia globale: in rialzo le piazze di Parigi (+0,17%), Londra (+0,23%) e Francoforte (+0,5%), segni di debolezza da Madrid (-0,27%).

Nonostante la buona intonazione del comparto finanziario, guidato dal balzo di UnipolSai (+9,8%), Piazza Affari (FTSE Mib -0,58%, FTSE Italia All Share -0,48%) si è dimostrata la piazza finanziaria più debole d’Europa; senza direzione il comparto bancario, con chiusura negativa per Unicredit (-1,75%) e positiva per Intesa Sanpaolo (+0,61%); debâcle di Generali (-1,92%) e Finmeccanica (-3,17%) tra le società a maggior capitalizzazione; spunti interessanti sulle società del lusso (Moncler +1,71%).

Sul fronte del debito sovrano, chiusura stabile dello spread, il differenziale di rendimento tra il Btp decennale ed il Bund tedesco di pari scadenza, a 178 Bp (Basis point, punti base), per una resa del decennale italiano fissata al 3,41%.

Il rendimento del Bonos al 3,34% si riconferma migliore di quello del Belpaese, conseguenza di un differenziale di 172 punti base tra titoli decennali iberici e tedeschi.

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