La frenata tedesca migliora lo spread ma allontana la ripresa

TRIESTE – Le tensioni geopolitiche che hanno caratterizzato la scorsa settimana borsistica hanno trasferito sul simposio di Jackson Hole, il vertice organizzato dalla Fed di Kansas City che ogni anno a fine agosto raduna nel Wyoming i principali banchieri centrali di tutto il mondo, una grande attesa, anche se nessuno dei principali protagonisti, Janet Yellen per la Fed e Mario Draghi per la Banca Centrale Europea (BCE), ha voluto sbilanciarsi eccessivamente.

La prima si è limitata a prendere atto dei progressi compiuti dall’economia americana rinviando qualsiasi decisione relativa al rialzo dei tassi di interesse a nuove future conferme della ripresa in atto, mentre il secondo è apparso un  po’ più preoccupato dai molteplici effetti negativi della crescita dei senza lavoro, dalla diminuzione della loro capacità di generare reddito alla crescita dell’insicurezza che mina la coesione sociale, al loro peso sui conti pubblici; da qui l’esortazione di Draghi ai singoli Stati per l’approvazione di riforme che favoriscano la creazione di posti di lavoro, pur ribadendo che «la BCE farà la sua parte, anche usando strumenti non convenzionali». Così, mentre la Federal Reserve continuerà come da copione a sostenere l’economia USA finché il fronte del mercato del lavoro non si sarà pienamente ristabilito, la BCE lancia un grido d’allarme e cambia registro di fronte ad una disoccupazione che l’austerity non aiuta di certo a vincere e che mette a  rischio la stessa sopravvivenza dell’euro: un cambio di rotta notevole, dettato dalla (tardiva) consapevolezza della necessità di agire su entrambi i lati dell’economia, perché senza una domanda più alta le riforme strutturali rischiano di essere vane. Il tutto nell’attesa che prendano le mosse le iniziative annunciate dall’Eurotower a giugno.

Secondo il quotidiano tedesco Frankfurter Allgemeine Zeitung i suggerimenti di Draghi sono altamente pericolosi: «se ora traballa anche la Banca Centrale Europea, gli argini si rompono» e Draghi potrebbe pentirsi di quel che sta causando, con L’Eurozona costretta ad affrontare una nuova marea di deficit. Di ben altro parere Haruhiko Kuroda, presidente della Banca Centrale del Giappone ed economista esperto dei temi che affliggono il Vecchio Continente, convinto che Draghi farà di tutto per impedire che l’Europa scivoli in deflazione, stante la ripresa economica estremamente lenta ma in costante prosieguo.

Queste le premesse da cui lunedì ha preso avvio la nuova ottava, guidata da una Wall Street ai massimi storici con l’ennesimo record (il ventinovesimo nel corso dell’anno) per l’S&P500, salito ieri dello 0,48% dopo aver fissato il massimo storico a 2.002 punti; la turbolenta situazione geo-politica va quindi ad inserirsi in un contesto dominato dalle politiche monetarie, il tutto sotto la spada di Damocle della paventata spirale deflazionistica: attenzione pertanto focalizzata sul miglioramento dei fondamentali economici che, nel caso specifico del nostro Belpaese, dipende direttamente dalla realizzazione delle riforme promesse.

La scorsa settimana Piazza Affari ha registrato un progresso del 2,24% del FTSE Mib, suo più significativo indice azionario rappresentativo delle 40 società a maggior capitalizzazione quotate sui mercati gestiti da Borsa Italiana, un rialzo da inizio anno del 5,01% con cui Milano inaugura una nuova ottava all’insegna delle semestrali e delle aste di titoli di Stato (oggi un’emissione di CTZ, domani BOT semestrali e giovedì un collocamento di BTP), che vedrà il suo culmine nella giornata di venerdì con la prima riunione del Consiglio dei Ministri dopo la pausa estiva.

Con la ripresa dell’attività di governo Palazzo Chigi dovrà occuparsi di varie questioni economiche: dallo “sblocca-Italia” alla necessità di predisporre i conti del DEF (Documento di Economica e Finanza), alla selezione da completare in tema di spending review. A proposito di quest’ultima, interessante quanto riportato da un articolo de La Repubblica, che stima che la negoziazione e conclusione in autonomia dei contratti di telecomunicazioni da parte delle tante amministrazioni pubbliche comporta sprechi per circa un miliardo l’anno; al contrario, se  le convenzioni per l’uso di telefoni fissi, mobili e per il traffico dati in rete fossero concluse tramite grandi centrali di appalto (capaci di comprare all’ingrosso), il costo sarebbe molto ridotto.

La scarna agenda macroeconomica europea di quest’inizio di ottava guardava con grande attenzione all’indice IFO proveniente dalla Germania, misura della situazione corrente e delle aspettative economiche delle imprese tedesche ad agosto: sceso a 106,3 punti dai 108 punti di luglio, dato peggiore delle attese degli analisti, aggrava le preoccupazioni sulla locomotiva economica tedesca, al centro delle polemiche per aver disperso la spinta alla ripresa con la mancanza di stimoli ai consumi interni. Un calo che riflette il rallentamento dell’Eurozona e delle tensioni politiche con la Russia, che alle sanzioni internazionali ha risposto con l’embargo di diversi prodotti alimentari, e che fa seguito al primo ribasso dal 2012 del PIL tedesco lo scorso trimestre, anche se gli economisti concordano riguardo ad una ripresa nella seconda metà dell’anno.

Dalla Germania alla Francia il passo è breve. In un’intervista pubblicata sabato dal quotidiano Le Monde, il ministro dell’Economia Arnaud Montebourg aveva espresso dure critiche alla Banca Centrale Europea, invitando con veemenza ad una revisione della politica economica del proprio governo, giudicata troppo succube all’austerità imposta all’Unione Europea dalla Germania del cancelliere Angela Merkel. Un duro attacco all’esecutivo che ha valso le dimissioni del primo ministro Manuel Valls, rassegniate ieri all’Eliseo; ciò nonostante il presidente francese Francoise Hollande ha nuovamente investito l’ex primo ministro dell’incarico di formare un nuovo governo «in coerenza con gli orientamenti» già «definiti per il nostro paese».

Non si sa se e quanto questo antefatto abbia potuto influenzare la BCE di Mario Draghi, ma stando al quotidiano finanziario MF aumentano le probabilità di un ampio programma di Quantitative Easing (ossia di acquisto di titoli) da parte dell’Eurotower a contrasto della debolezza dell’economia e dell’inflazione troppo bassa, possibile sin da dicembre (quando l’istituto di Francoforte pubblicherà le previsioni sull’inflazione al 2017), anche se gli esiti dei programmi di TLTRO di settembre saranno condizionanti. 

Dopo la seduta in leggero rialzo di ieri, oggi abbiamo assistito alle prese di beneficio seguite al rally che aveva portato gli indici dei listini asiatici ai massimi da dicembre, sostenuti dalle speculazioni sulle future mosse delle banche centrali. La flessione dell’indice che misura la fiducia delle imprese in Giappone ad agosto si è unita alla scia dei realizzi innescati dal rafforzamento dello yen spingendo Tokyo (-0,59%) ad una chiusura negativa, mentre le Borse cinesi di Shanghai e Hong Kong hanno chiuso rispettivamente a -0,99% e -0,33%.

Avvio in leggero ribasso per le principali Borse europee dopo i forti rialzi di ieri sulla spinta di Wall Street, prudenti anche a causa del riaccendersi delle tensioni in Ucraina; al giro di boa delle contrattazioni a prevalere è ancora la volatilità, con dati societari come quelli di Volkswagen (-0,06%) ad orientare il mercato in assenza di aggiornamenti macroeconomici significativi. Così, oltre agli ultimi ottimi dati americani (gli ordinativi di beni durevoli negli USA hanno registrato a luglio un incremento record del 22,6% rispetto allo stesso periodo dello scorso anno, segno che le aziende sono ottimiste sul futuro e riprendono ad investire nelle loro attività economiche), a fare da traino sono state le aspettative per un Quantitative Easing da parte della BCE a spingere le Borse al rialzo: Londra (+0,70%), Francoforte (+0,82%), Parigi (+1,18%).

Anche Milano ha aperto oggi sottotono dopo la bella performance di inizio ottava (maglia rosa del Vecchio Continente), riscattandosi a metà seduta grazie al forte rialzo di Autogrill (+4,61%) e World Duty Free (+5,43%); spinta dalla buona intonazione del comparto bancario, forte delle attese per una nuova iniezione di liquidità da parte della BCE, Piazza Affari (FTSE Mib +1,33%, FTSE Italia All Share +1,30%) è riuscita poi a chiudere in territorio positivo.

Giornata nervosa ma positiva per il comparto finanziario, trainato dai rialzi di Mediobanca (+ 2,47%), per la quale gli analisti di Equita Sim hanno confermato l’indicazione di acquistare, Unicredit (+2,29%) ed IntesaSanpaolo (+1,66%); bene anche Monte dei Paschi di Siena (+1,21%) nonostante una seduta altalenante. Tra i titoli a maggior capitalizzazione si sono distinti Luxottica (+1,25%), che ha riunito il proprio CdA per il prossimo 1 settembre, ed Enel (+1,38%); da menzionare inoltre l’ottima performance di Olidata (+12,9%).

Sul fronte del debito sovrano la differenza di rendimento tra il titolo decennale italiano (Btp settembre 2024) ed il corrispondente omologo tedesco ha chiuso a 147 Bp (Basis point, punti base) con un tasso del 2,45%. In leggero aumento invece lo spread tra il Btp e il Bund tedesco con scadenza a due anni, salito a 39 Bp per un rendimento dello 0,35%. Lo spread tra titoli spagnoli decennali e Bund tedeschi ha segnato 124 punti base, col rendimento del Bonos al 2,18%. Concludiamo con una rapida panoramica sui collocamenti di titoli di Stato di questa settimana.

Ieri l’asta di Bund tedeschi con scadenza a 12 mesi si è conclusa con un rapporto di copertura (rapporto tra ammontare richiesto e quantitativo offerto) di 2,2 in forte aumento rispetto alla precedente offerta di luglio; il rendimento lordo è stato negativo (-0,0306%) rispetto allo 0,0067% del precedente collocamento.

Oggi è stata invece la volta dei nostri CTZ con scadenza 29 dicembre 2016, collocati al massimo della forchetta indicata dal ministero dell’Economia e delle Finanze per un rapporto di copertura di 1,43 (in forte calo rispetto all’asta di luglio), il cui rendimento è stato fissato al nuovo minimo dello 0,326%.

Anche la Spagna ha collocato oggi titoli di Stato con scadenze a 3 e 9 mesi per un ammontare di circa 3,5 miliardi di euro. L’obbligazione con scadenza a tre mesi ha registrato la discesa del rapporto di copertura a 3,2 (4,5 il precedente collocamento di luglio), per un rendimento lordo dello 0,034% (in calo rispetto allo 0,127% della precedente asta); il titolo con scadenza a nove mesi è stato collocato per un ammontare di poco meno di 2,4 miliardi di euro e rapporto di copertura di 2,3 (anch’esso in flessione rispetto a luglio), per un rendimento lordo dello 0,107%, in ribasso rispetto allo 0,205% del precedente collocamento.

Condividi sui social

Articoli correlati