Eurozona e spettro deflazione. Spunti per una ripresa sostenibile

TRIESTE – Dopo l’inceppamento della locomotiva tedesca registrato ad inizio settimana con il calo dell’IFO, l’indicatore che misura la fiducia delle imprese tedesche, non sfugge a nessuno come la Germania, prima economia in Europa, si sia trasformata da motrice a semplice carrozza, seppur di prima classe, nella guerra del Vecchio Continente alla recessione, declassandosi da soluzione a parte del problema.

Gli economisti accusano la politica economica del premier Angela Merkel di non aver spinto abbastanza la domanda interna privilegiando la vocazione all’export del paese, generando uno squilibrio nei conti tale da obbligare la Commissione Europea a levare un richiamo ufficiale: sulla scorta di questi dati, di fronte alla generale emergenza economica ed al perdurare della bassa inflazione, i mercati si aspettano una scossa all’economia da parte della Banca Centrale Europea di Mario Draghi.

Nello splendido scenario di Jackson Hole, il simposio organizzato annualmente dalla Fed di Kansas City che riunisce i principali banchieri centrali di tutto il mondo, il numero uno della BCE ha detto a chiare lettere che «durante il mese di agosto i mercati finanziari hanno indicato che le aspettative d’inflazione mostrano un declino significativo su tutti gli orizzonti temporali. Il tasso degli “inflation swaps” 5 anni su 5 anni – il punto di riferimento che normalmente usiamo per definire le aspettative di inflazione di medio periodo – sono scesi di 15 punti base e sono ora sotto 2%»: una perdita di fiducia nei confronti del rispetto del target d’inflazione, problema al quale una risposta coerente consisterebbe in un «ampio programma di acquisto titoli», un “Quantitative Easing” (QE) simile a quello di stampo americano o di quello più recentemente intrapreso dal Giappone, per intenderci.

Difficile però che nell’Eurozona, con i ben noti vincoli legali e culturali, si riesca ad intervenire con la stessa spregiudicatezza con cui la Federal Reserve americana è riuscita a far salire in maniera rilevante aspettative d’inflazione e tassi nominali, lasciando l’Area Euro sotto un’incombente e spettrale minaccia di deflazione che ricorda gli anni Novanta in Giappone.

Il primo sostegno per rimettere l’Europa sulla strada della ripresa sostenibile riguarda il mantenimento di una politica monetaria accomodante, che continui nel trasferimento della ricchezza dai risparmiatori ai debitori proprio per allontanare una deflazione in “stile giapponese”. Il secondo suggerimento riguarda un’azione più concertata su pensioni, mercato del lavoro e riforme fiscali: la crisi ha accelerato riforme pensionistiche in Grecia, Spagna ed Italia, ma l’ampiezza dei problemi che molti paesi europei devono ancora affrontare crescerà con l’aumentare dell’aspettativa di vita ed all’ampliarsi del rapporto tra pensionati e lavoratori; i responsabili politici devono anche affrontare il tema della tutela di lavoratori, imprenditori e persone prive di un’occupazione, nonché introdurre misure fiscali atte a ridurre le disuguaglianze e creare maggiore domanda da parte dei consumatori, da una maggior tassazione per quanti beneficiano di una più elevata ricchezza ad una maggiore enfasi su di una mirata riduzione fiscale. L’ultima indicazione riguarda l’attuazione di un programma di investimenti, in particolare nel settore delle infrastrutture: uno studio dell’Istituto Tedesco di Ricerca Economica ha evidenziato che una cronica mancanza di investimenti in infrastrutture, istruzione e fabbriche mette a rischio la competitività e la crescita a lungo termine.

A frenare gli entusiasmi per questi spunti di riflessione sono purtroppo arrivate le parole del ministro delle finanze tedesco Wolfgang Schaüble, che ha dichiarato al quotidiano tedesco Passauer Neue Presse che i passaggi relativi alla flessibilità ed al rigore di bilancio del discorso di Mario Draghi a Jackson Hole, che avevano suscitato tra gli investitori (ma anche tra i governi) l’impressione di un appoggio della BCE al possibile allentamento delle politiche di rigore in Europa, sono stati fraintesi.

Nel frattempo peggiora la fiducia dei consumatori di Germania ed Italia, in entrambe i paesi con dati inferiori alle attese degli analisti, con il nostro Governo a rivedere al ribasso le previsioni sulla crescita del PIL (Prodotto Interno Lordo) per il 2014, pur confermando il mantenimento del deficit entro il tetto del 3%.

Al contrario nel secondo trimestre di quest’anno il PIL della Spagna (dato finale) ha registrato una crescita dell’1,2% su base annuale che ha confermato le indicazioni preliminari precedentemente diffuse.

L’Istat ha poi comunicato l’andamento del commercio al dettaglio e la fiducia delle imprese tricolori, con vendite al dettaglio stabili rispetto alle flessioni dei tre mesi precedenti e l’indice composito del clima di fiducia delle imprese italiane (Istat Economic Sentiment Indicator) in calo in tutti i suoi settori, dal manifatturiero ai servizi di mercato, alle costruzioni, al commercio al dettaglio. In questo caso il Belpaese non è però un anomalia, tenuto conto che il dato italiano fa il paio con la brusca caduta della fiducia economica dell’Eurozona e dell’UE ad agosto, tornata ai livelli di dicembre 2013 a seguito di opinioni più pessimistiche sul problema della disoccupazione e più in generale sulla situazione economica.

Dalla Germania sono arrivati i dati preliminari sull’inflazione di agosto, con l’indice dei prezzi al consumo in crescita dello 0,8% su base annuale e variazione nulla su base mensile, congiuntamente alle rilevazioni sul tasso di disoccupazione, attestatosi a quel 6,7% già rilevato a luglio: il dato ha confermato le attese degli analisti nonostante un aumento del numero dei disoccupati, mille unità in più rispetto ad una flessione attesa attorno alle 5.000 unità.

Inflazione in agenda la scorsa ottava anche per Eurostat, che ha diffuso due rilevazioni molto sensibili per la BCE di Mario Draghi: i dati sui prezzi UE di agosto e quelli sulla disoccupazione di luglio. Ad agosto i prezzi al consumo (stima flash) nella Zona Euro hanno registrato un aumento dello

 0,3% su base annuale, valore in linea con le attese degli analisti che si confronta con lo 0,4% di luglio, mentre il tasso di disoccupazione si è attestato all’11,5%, lo stesso valore del mese precedente pari a 18,41 milioni di persone.

Nella giornata in cui anche il governo del Belpaese ha ripreso ufficialmente i lavori con una riunione del Consiglio dei Ministri sul decreto “sblocca-Italia”, l’Istat ha diffuso le stime provvisorie su occupati e disoccupati di luglio e del secondo trimestre 2014, certificando un tasso di disoccupazione pari al 12,6%, in aumento di 0,3 punti percentuali rispetto al mese precedente e di 0,5 punti nei dodici mesi, con una quota di 15-24enni sul totale di quelli occupati od in cerca pari al 42,9%, in diminuzione di 0,8 punti percentuali rispetto al mese precedente ma in aumento di 2,9 punti nel confronto tendenziale. Per quanto concerne invece l’andamento dei prezzi al consumo, le stime preliminari indicano un aumento dello 0,2% rispetto al mese precedente ed una diminuzione dello 0,1% nei confronti di agosto 2013 (era +0,1% a luglio), a fronte di un indice armonizzato diminuito dello 0,2% in termini sia congiunturali che tendenziali (nel mese di luglio il tasso tendenziale era nullo).

Ultima seduta di ottava negativa per i listini asiatici, con l’indice MSCI della regione a cedere uno 0,2% che porta a chiudere agosto con un passivo complessivo dello 0,6%, prima volta da aprile scorso. La nuova incursione dell’esercito russo in territorio ucraino ha riacceso le tensioni tra Kiev e Mosca, aggiungendo ulteriori complicazioni al quadro geopolitico ed incertezza ai mercati: Tokyo (-0,23%) ha continuato a pagare il deprezzamento del dollaro nei confronti dello yen, Hong Kong ha chiuso attorno alla parità mentre Shanghai (+1%) ha beneficiato della buona intonazione del comparto tecnologico e del settore della difesa.

Avvio in rialzo per le principali Borse europee, con gli operatori tornati agli acquisti e, nonostante il dato dell’inflazione nell’Area Euro in calo, che concretizza il rischio di entrata in deflazione per i paesi della regione, al giro di boa della seduta ancora in territorio positivo; purtroppo i deludenti aggiornamenti macro della giornata, non solo negli USA ma anche in Europa, che potrebbero indurre la BCE ad intervenire sul mercato monetario per sostenere la crescita economica nell’Eurozona, hanno ridimensionato le performances dei listini: pressochè invariate Madrid (+0,06%) e Francoforte (+0,08%), in debole ripresa Londra (+0,20%) e Parigi (+0,34%).

Dopo una buona apertura supportata dallo sprint di Fiat (che ha drasticamente ridotto i guadagni sulla scia del dato finale del numero dei recessi delle azioni al piano di fusione con Chrysler, chiudendo invariata) e Ferragamo (+8,75%), quest’ultima sostenuta dai conti del primo semestre, Milano si riconferma in territorio positivo a metà sessione; Piazza Affari (FTSE Mib +0,54%, FTSE Italia All Share +0,45%) è poi partita in volata concludendo in testa alle piazze finanziarie del Vecchio Continente grazie allo sprint del comparto del lusso: Tod’s (+1,51%), Luxottica (+1,50%) e Cucinelli (+2,48%). 

Tra i bancari sostanzialmente invariate Unicredit (+0,08%) ed IntesaSanpaolo (+0,06%), mentre migliore performance per Monte dei Paschi di Siena (+0,98%); tra i titoli a maggior capitalizzazione seduta incerta per Telecom Italia (+0,17%). Sul fronte del debito sovrano stabile la differenza di rendimento tra il titolo decennale italiano (Btp settembre 2024) ed il corrispondente omologo tedesco a 154 Bp (Basis point, punti base) per un tasso del 2,43%. In calo lo spread tra il Btp e il Bund tedesco con scadenza a due anni, sceso sotto ai 45 Bp per un rendimento sceso allo 0,40%. Lo spread tra titoli spagnoli decennali e Bund tedeschi ha registrato una chiusura a 133 punti base, pari ad un rendimento del Bonos del 2,22%. Concludiamo infine con una panoramica sui numerosi collocamenti effettuati dal Tesoro italiano.

La Banca d’Italia ha comunicato che nell’asta dei BOT con scadenza 27 febbraio 2015 di mercoledì scorso sono stati collocati tutti i titoli offerti dal ministero dell’Economia e delle Finanze (7,5 miliardi di euro l’ammontare complessivo) a fronte di una buona domanda, equivalente ad un rapporto di copertura (ammontare di titoli richiesti su titoli offerti) di 1,63, in calo rispetto all’asta di fine luglio; il rendimento lordo di aggiudicazione è stato pari allo 0,136%, nuovo minimo storico per il titolo con questa scadenza.

Nella giornata di giovedì si sono invece tenuti i collocamenti dei CCTeu e dei Btp a cinque ed a dieci anni. L’undicesima tranche di CCTeu 15 novembre 2019 è stata collocata per un ammontare di 1,5 miliardi di euro, con un rapporto di copertura (1,42) in calo rispetto a luglio ed un rendimento lordo in aumento (1,16%).   

La quinta tranche dei Btp 1° agosto 2019 e cedola dell’1,5% sono stati collocati al massimo della forchetta indicata dal ministero dell’Economia e delle Finanze (2,5 miliardi di euro) a fronte di una richiesta di quasi 3,78 miliardi; il tasso di copertura è leggermente aumentato a 1,51 per un rendimento lordo fissato all’1,1%.

L’asta della prima tranche dei Btp 1° dicembre 2024 e cedola del 2,5% ha visto titoli collocati per un ammontare di 4 miliardi di euro rispetto a una richiesta di quasi 5,06 miliardi; il tasso di copertura di 1,26 è risultato in contrazione rispetto all’asta di fine luglio, mentre il rendimento lordo è risultato essere del 2,39%.

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