Nel 2016 rischiamo 16 miliardi di nuove tasse

VENEZIA – Oltre a trovare le risorse per rimborsare i pensionati (si parla di un importo minimo oscillante tra i 2,5 e i 3 miliardi di euro) e per far fronte all’eventuale bocciatura da parte dell’Ue dei nuovi regimi di fatturazione (split payment ed estensione del reverse charge alla grande distribuzione, che ci costringerebbero ad un aumento delle entrate pari a 1,7 miliardi di euro), il Governo Renzi dovrà individuare altri 16 miliardi di euro: in caso contrario, dal 2016 scatterà la clausola di salvaguardia che innalzerà le aliquote Iva e ridurrà le detrazioni/agevolazioni fiscali in capo ai contribuenti italiani, con un conseguente aumento delle imposte per questi ultimi. 

“Il Governo ipotizza una ripresa economica superiore a quella prevista nel Def con un conseguente incremento delle entrate fiscali, una contrazione dei tassi di interesse che dovrebbe ridurre il costo del debito pubblico e un rilevante apporto di gettito dal rientro dei capitali illecitamente esportati all’estero. Tuttavia – segnala Giuseppe Bortolussi segretario della CGIA – se queste ipotesi non si dovessero verificare, vi sarebbero effetti negativi su famiglie e imprese”.

Gli impegni assunti con la legge di Stabilità 2015, comunque, non terminano qui. Nel 2017 la clausola di salvaguardia sfiorerà i 25,5 miliardi di euro e nel 2018 l’importo salirà a 28,2 miliardi di euro.

 

 

“Con l’Ue – prosegue Bortolussi – abbiamo preso degli impegni per rispettare i vincoli di bilancio che non sarà facile onorare senza mettere mano nelle tasche dei contribuenti”.

Nel caso in cui non fossimo in grado di sterilizzare queste clausole di salvaguardia, dal 1° gennaio dell’anno prossimo l’aliquota Iva del 10 per cento aumenterebbe di 2 punti e, dal 1° gennaio 2017, di un altro punto, attestandosi così al 13 per cento.

 

L’aliquota ordinaria, attualmente è al 22 per cento, dall’inizio dell’anno prossimo si alzerebbe di 2 punti, dal 1° gennaio 2017 di un altro punto e dall’1 gennaio 2018 di un altro mezzo punto. Pertanto, dal 2018 l’aliquota ordinaria si attesterebbe al 25,5 per cento.

 

 

“Il meccanismo – conclude Bortolussi – che giustifica l’impiego delle clausole di salvaguardia è a dir poco diabolico. Se il Governo non sarà grado di chiudere gli enti inutili, di risparmiare sugli acquisti, di tagliare gli sprechi e gli sperperi che si annidano nella nostra Pubblica amministrazione, a pagare il conto ci penseranno i contribuenti italiani che già oggi subiscono un carico fiscale tra i più elevati d’Europa.”

In passato, purtroppo, abbiamo già subìto gli effetti della mancata “sterilizzazione” delle clausole di salvaguardia. Nell’ottobre del 2013, infatti, l’aliquota ordinaria dell’Iva è salita dal 21 al 22 per cento, con un aumento del carico fiscale per gli italiani di 4 miliardi di euro.      

Le principali clausole di salvaguardia nel periodo 2016-2018

(importi in milioni di euro)

 

2016

2017

2018

Aumento aliquote IVA e accise carburanti in caso di mancati risparmi di spesa(1)
(commi 718 e 719 Legge 190/2014)

12.814

19.221

21.965

  di cui tramite aumento aliquote IVA

12.814

19.221

21.265

  di cui tramite aumento accise carburanti

0

0

700

Aumento aliquote di imposte e riduzione detrazioni/agevolazioni in caso di mancati risparmi di spesa(1)
(commi 430 Legge 147/2013)

3.272

6.272

6.272

 

16.086

25.493

28.237

Elaborazione Ufficio Studi CGIA

(1)gli inasprimenti di tassazione possono essere evitati integralmente o in parte con provvedimenti normativi che assicurano gli stessi effetti positivi sui saldi di finanza pubblica, attraverso il conseguimento di maggiori entrate odi risparmi di spesa, mediante interventi di razionalizzazione e di revisione della spesa pubblica.

Nota: nella tabella non è riportata la clausola di salvaguardia, stabilita dalla Legge di Stabilità 2015, che prevede un aumento delle accise sui carburanti (già a partire dal 2015) nel caso di mancata autorizzazione dell’Unione Europea ai nuovi regimi di fatturazione (split payment ed estensione del reverse charge alla grande distribuzione). Il gettito da reperire ammonta complessivamente a 1,7 miliardi di euro ( 988 milioni di euro in caso di mancato nulla osta per lo split payment e 728 milioni di euro in caso di mancato nulla osta per l’estensione del reverse charge alla grande distribuzione).

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