Grecia. Standard and Poor’s, dove porta il referendum

ROMA – Dagli effetti del referendum del 5 luglio, al rischio default, allo spettro della Grexit, al timore di scenari ignoti, che non hanno precedenti nella storia della giovane moneta unica.

All”indomani del declassamento di Atene, l”agenzia di rating Standard and Poor”s mette nero su bianco le risposte a tutti gli interrogativi che pone la decisione di Tsipras di indire una consultazione popolare per il 5 luglio. Un coupe de theatre che ha irritato i creditori e compromesso le trattative. 

A scorrere le ”Frequently Asked Questions” di S&P la prima impressione è che la complessità della crisi ellenica sia proporzionale alla sua durata: più si protrae, più apre a soluzioni complicate, scenari che fino a qualche anno fa erano un tabù, nella fattispecie la Grexit. Vuoi perché la zona euro nel frattempo si è dotata delle armi per gestire una fuoriuscita da Atene, vuoi perché i greci sono stremati dal rigore della triade Ue-Bce-Fmi, la reversibilità dell”euro oggi è un”opzione reale e se vincesse il no al referendum potrebbe prevalere. 

REFERENDUM: SE VINCE IL NO

Posto che “l”esito del referendum è difficile da prevedere, se vincesse il no alla proposta dei creditori, come il governo incoraggia a fare, c”è il rischio significativo che la porta dei negoziati resti chiusa”, sottolinea S&P. “Noi non crediamo che il resto d”Europa si consideri vincolato a 11 milioni di cittadini greci quando ci sono in ballo gli interessi di altri 320 mln di cittadini della zona euro. Un governo di Syriza incoraggiato dal vittoria del ”no” chiederebbe concessioni sostanziali che l”Ue non darebbe e il rischio di una Grexit salirebbe oltre il 50%, diventando di fatto lo scenario di base”.

REFERENDUM: SE VINCE IL SI

Il blocco ai capitali, accumulo dei debiti dello Stato, la paura della penuria di approvvigionamenti, la paura del”ignoto, potrebbe però spingere i greci a votare a favore della proposta dei creditori” mettendo in dubbio la permanenza del governo. Questo, rileva S&P, porterebbe “ad elezioni anticipate o a un governo di unità nazionale” e successivamente, in entrambi i casi, si potrebbero riaprire colloqui con creditori. Il tutto però a scapito dell”economia, il cui peggior nemico è l”instabilità politica. I tempi necessari per negoziare un nuovo programma e la relativa ratifica di alcuni Parlamenti nazionali impedirebbe ad Atene di ripagare il debito con la Bce il 20 luglio, quindi sarebbe in default verso l”Eurotower che non potrebbe più autorizzare i pagamenti del fondo di emergenza Ela. Ne conseguirebbero controlli sui capitali, e un ulteriore depressione dell”attività economica. 

GREXIT: NESSUN PRO E TANTI CONTRO

Se il governo ellenico uscisse dall”euro avrebbe ancor meno liquidità in cassa per far fronte ai pagamenti internazionali. Per pagare salari e pensioni inizierebbe ad introdurre una valuta nazionale (la dracma) con valore legale, afferma S&P, ma vista la situazione del paese, la forte dipendenza dalle importazioni, di medicine, beni energetici, tra gli altri prodotti, “un”uscita della zona euro porterebbe verso una profonda e probabilmente prolungata recessione, rendendo il debito già elevato insostenibile”. Forte l”impatto sociale. “Condizioni di privazione e povertà sarebbero più diffuse”, avverte l”agenzia di rating, mettendo in guardia anche contro la potenziale ondata di ricorsi contro lo Stato per la ridenominazione dei contratti e l”attesa paralisi degli investimenti. 

IMPATTO GREXIT SU ZONA EURO

 “Una Grexit oggi sarebbe a nostro avviso finanziariamente meno rischiosa del 2012 e questo grazie all”irrobustimento dell”architettura finanziaria della zona euro”, afferma S&P. “Di conseguenza una Grexit no può portare immediatamente a un impatto negativo sui rating sovrani della zona euro”. 

CAUSE FALLIMENTO TRATTATIVA

Viste le conseguenze del Big Bang ellenico, qualcuno di domanderà cosa ha fatto saltare il tavolo delle trattative e innescato la pericolosa escalation. “Riteniamo che le parti si siano reciprocamente sottovalutate e che ciò abbia portato a una situazione per la quale gli schieramenti si sono sentiti reciprocamente ”ricattati”, facendo sfuggire di mano qualunque soluzione consensuale”.

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