ROMA – Nell’ipotesi ritenuta peggiore dall’Ufficio studi della CGIA, l’eventuale sospensione del trattato di Schengen potrebbe costare all’Italia oltre 10 miliardi all’anno. In quella minore, invece, poco più di 5.
A stimare gli effetti economici che potrebbe dar luogo l’eventuale sospensione di Schengen è stata la CGIA che ha ipotizzato 2 scenari: uno con controlli meno invasivi, l’altro con un’attività della polizia di frontiera più stringente che si tradurrebbero in un aumento dei tempi d’attesa per coloro che devono attraversare i nostri confini. In particolar modo per i turisti giornalieri e del week-end, che potrebbero rinunciare di trascorre qualche giorno di vacanza in Italia, per i lavoratori frontalieri che subirebbero ogni giorno il controllo dei documenti o gli autotrasportatori che vedrebbero allungarsi notevolmente i tempi di ingresso/uscita, con un conseguente aumento del prezzo delle merci importate in Italia.
“Anche se fosse temporaneo, l’eventuale ripristino delle frontiere – segnala il coordinatore dell’Ufficio studi della CGIA Paolo Zabeo – ci renderebbe tutti meno europei, con ripercussioni negative in campo economico sul fronte dell’export che, ricordo, solo nell’ultimo anno ci ha garantito un saldo commerciale di 45 miliardi di euro”.
L’analisi dell’Ufficio studi della CGIA sull’impatto dell’eventuale sospensione di Schengen (accordo sulla libertà di circolazione entrato in vigore nel 1995 e che attualmente coinvolge 26 paesi, 22 dell’UE e 4 non UE), prende spunto dalla pubblicazione di due studi: lo studio francese “The economic cost of rolling back Schengen” redatto da “France Stratégie” consultivo del governo francese e lo studio tedesco “Abkehr vom Schengen-Abkommen” realizzato dal centro studi Prognos AG per conto di Bertelmann Stiftung.
“Oltre ad essere una vera e propria emergenza umanitaria – segnala il segretario della CGIA Renato Mason – la crisi dei profughi mediorientali che chiedono di entrare in Europa rischia di minare quei principi, come la libera circolazione delle merci e delle persone, che da 20 anni ci hanno permesso di superare quelle barriere che nel secolo scorso erano state al centro di due guerre mondiali”.
Questa prima valutazione dell’Ufficio Studi CGIA sugli effetti che potrebbero derivare dalla reintroduzione dei controlli alle frontiere con la sospensione di Schengen considera 3 effetti:
la contrazione della spesa dei turisti dei paesi appartenenti all’area di Schengen in Italia (indicatore “Minore spesa dei turisti internazionali”) per la quale è stata adottata la metodologia dello studio francese con alcune variazioni;
il maggior costo subito dai frontalieri italiani che si recano in Svizzera per lavoro, indicatore “Costo sostenuto da lavoratori frontalieri”; anche in questo caso è stata considerata la metodologia francese con alcuni accorgimenti;
la mancata crescita derivante da un aumento dei prezzi all’importazione, indicatore “Minore crescita da aumento prezzi importazioni”; per questa variabile è stato preso a modello lo studio tedesco che stima i costi per l’Italia e per gli altri paesi europei: si è scelto di lasciare inalterato lo scenario 1 (incremento prezzi pari all’1%) ma di ridurre l’incremento previsto dallo scenario 2 (dal 3% al 2%).
Ebbene, una minore spesa dei turisti nel nostro paese che potrebbe oscillare tra il 4 e l’8 per cento, comporterebbe un costo annuo variabile tra i 233 e i 465 milioni di euro all’anno.
Per i lavoratori frontalieri, l’introduzione dei controlli alla dogana potrebbe comportare dei ritardi nell’attraversamento del confine tra i 10 e i 20 minuti al giorno. Queste code potrebbero dar luogo ad un costo annuo tra i 53 e 230 milioni all’anno.
Infine, ipotizzando che la reintroduzione dei controlli delle merci potrebbe dar luogo a un forte allungamento dei tempi di attraversamento delle frontiere con la Francia, l’Austria, la Svizzera e la Slovenia, queste ipotesi darebbero luogo ad una perdita media annuale del nostro Pil tra i 4,8 e i 9,7 miliardi di euro all’anno.
L’impatto complessivo di questi tre fattori potrà avere un effetto compreso tra lo 0,3 e lo 0,6 punti percentuali del Pil, spaziando da 5,1 a 10,3 miliardi di euro all’anno.
Stima effetti derivanti dalla sospensione di Schengen per l’economia italiana (*)
Costo annuo (mln €) |
SCENARIO 1 |
SCENARIO 2 |
Minore spesa dei turisti internazionali (1) |
233 |
465 |
Costo sostenuto da lavoratori frontalieri (2) |
53 |
105 |
Minore crescita da aumento prezzi importazioni (3) |
4.890 |
9.780 |
Stima impatto sospensione di Schengen |
5.175 |
10.351 |
Impatto sul PIL italiano (in %) |
0,3 |
0,6 |
Elaborazione Ufficio Studi CGIA su dati Banca d’Italia, MEF, France Stratégie, Prognos AG
(*) Si propongono due scenari che prevedono, da un lato, controlli meno invasivi, e, dall’altro, controlli più stringenti; i controlli si traducono nell’aumento dei tempi d’attesa con conseguenze sulle decisioni dei turisti (1), rinuncia al viaggio in particolare per i giornalieri, in costi per i lavoratori frontalieri (2) e in costi generati dall’aumento dei prezzi delle importazioni (3). Per un approfondimento delle ipotesi relative a due scenari si veda la nota allo studio.
Stima della contrazione della spesa sostenuta dai turisti stranieri residenti nei paesi Schengen che si recano in Italia per un massimo di 3 giorni di pernottamento.
Stima dei maggiori costi in termini di tempo sostenuti dai lavoratori frontalieri italiani in Svizzera.
Stima dell’impatto sul PIL derivante da un incremento dei prezzi all’importazione.
Costruzione della stima
Indicatore 1 – Minore spesa dei turisti internazionali
Su fonte Banca d’Italia (dati anno 2014) è stata rilevata la spesa sostenuta dai turisti stranieri residenti nei paesi Schengen che si recano in Italia distinta per numero di giorni di permanenza. Si è partiti dall’ipotesi che la sospensione di Schengen possa influenzare le decisioni di viaggio dei turisti giornalieri oppure di quelli che pernottano al massimo 3 giorni. Nei due scenari proposti (1 “base” con controlli meno invasivi e 2 “avanzato” con controlli più stringenti) sono state ipotizzate le seguenti contrazioni di spesa/viaggiatori: per 0 giorni di pernottamento (10% “base” e 20% “avanzato”); per 1 giorno di pernottamento (5% e 10%); per 2 giorni di pernottamento (2% e 4%); per 3 giorni di pernottamento (1% e 2%).
Minore spesa dei turisti internazionali (stima)
Nr di pernottamenti |
Spesa turisti area Schengen in Italia |
Scenario 1 (base) % di riduzione spesa |
Scenario 2 (avanzato) % di riduzione spesa |
MINORE SPESA DEI TURISTI |
|
SCENARIO 1 |
SCENARIO 2 |
||||
0 |
1.462 |
10% |
20% |
146 |
292 |
1 |
724 |
5% |
10% |
36 |
72 |
2 |
1.514 |
2% |
4% |
30 |
61 |
3 |
1.997 |
1% |
2% |
20 |
40 |
Totale |
5.697 |
4% |
8% |
233 |
465 |
Elaborazione Ufficio Studi CGIA su dati Banca d’Italia
Indicatore 2 – Costo sostenuto da lavoratori frontalieri
Su fonte Ministero dell’Economia e delle Finanze è stato ricavato il dato dei lavoratori frontalieri italiani in Svizzera (68.405 nel 2014); questi rappresentano la parte preponderante dei frontalieri italiani e sui quali, statisticamente, è possibile avere informazioni complete (la valutazione dell’impatto di altri frontalieri italiani è comunque trascurabile ai fini di questa analisi). Nello scenario 1 si è ipotizzato, a partire dai 68.405 lavoratori frontalieri italiani in Svizzera, un maggior tempo di passaggio alla frontiera di 10 minuti (che comporta un costo aggiuntivo di 1,7 €), due viaggi al giorno e 230 giorni lavorativi. Nello scenario 2 si è ipotizzato un maggior tempo di passaggio alla frontiera di 20 minuti (che comporta un costo aggiuntivo di 3,4 €), due viaggi al giorno e 230 giorni lavorativi.
Costo sostenuto da lavoratori frontalieri (stima)
SCENARIO 1 |
SCENARIO 2 |
|
Nr. lavoratori frontalieri Italiani in Svizzera (anno 2014) |
68.405 |
68.405 |
Tempo addizionale alla frontiera |
10 minuti |
20 minuti |
Valore del tempo per un viaggio casa-lavoro |
10 € all’ora |
10 € all’ora |
Numero di attraversamenti al giorno |
2 |
2 |
Numero di giorni lavorativi l’anno |
230 |
230 |
Totale costo stimato (in mln euro) |
53 |
105 |
Elaborazione Ufficio Studi CGIA su dati MEF
Indicatore 3 – Minore crescita da aumento prezzi importazioni
Su fonte Prognos AG/Bertelmann Stiftung è stato calcolato l’impatto annuale sul PIL derivante da un incremento dei prezzi all’importazione dell’1% (scenario 1) mentre si è scelto di ridurre l’impatto più stringente dello scenario 2 ad un incremento del 2% (anziché del 3% come emergeva dallo studio tedesco). L’impatto annuale dello scenario 2 modificato è stato ottenuto, dividendo per 10 l’effetto decennale cumulato dello scenario 1 (48,9 mld di euro) e moltiplicando per due. L’ipotesi di un aumento del 3% spingerebbe la stima complessiva a circa 15 miliardi di euro per l’Italia, pari all’1,0% del PIL.
Lo studio tedesco muove a partire dall’innalzamento dei costi delle importazioni dai paesi UE: l’aumento dei prezzi per le importazioni dovuto alla reintroduzione dei controlli alle frontiere, aumenta proporzionalmente il livello generale dei prezzi. Questi aumenti dei prezzi riducono il reddito reale delle famiglie e delle imprese, che quindi consumeranno e investiranno di meno. In risposta a questa spinta inflazionistica aumenta la dinamica salariale per compensare l’aumento dei prezzi che salgono nuovamente (spirale salari-prezzi).
A questo punto entra in gioco anche il commercio estero perché i costi del lavoro (più elevati) indeboliscono la competitività internazionale di un’economia e, sotto il deterioramento del tasso di cambio reale, l’andamento delle esportazioni di questi paesi soffre. Inoltre al crescente livello dei prezzi si verifica un innalzamento dei tassi di interesse (nominali) e quindi il pagamento di interessi aumenta. Questi meccanismi determinano degli effetti negativi sul PIL che lo studio Prognos AG/Bertelmann Stiftung ha stimato per i paesi dell’Unione Europea in un range che va da 470 miliardi di euro a 1.430 miliardi di euro (nell’arco di un decennio); dividendo per 10 anni tale effetto si può stimare un effetto annuale per l’Europa che varia in range compreso tra 47 e 143 miliardi di euro l’anno. Ai fini dello studio si è scelto di limitare l’effetto ad un aumento dei prezzi all’import del 2% (si veda scenario 2 modificato).
Minore crescita da aumento prezzi importazioni (stima)
Paesi |
SCENARIO 1 (aumento prezzi import 1%) |
SCENARIO 2 ORIGINARIO (aumento prezzi import 3%) |
SCENARIO 2 MODIFICATO (aumento prezzi import 2%) |
perdita media annuale di PIL |
perdita media annuale di PIL |
perdita media annuale di PIL |
|
Germania |
7.720 |
23.480 |
15.440 |
Francia |
8.050 |
24.430 |
16.100 |
Gran Bretagna |
8.720 |
26.430 |
17.440 |
Italia |
4.890 |
14.850 |
9.780 |
Austria |
1.420 |
4.320 |
2.840 |
Svizzera |
940 |
2.870 |
1.880 |
Spagna |
4.620 |
14.080 |
9.240 |
UE-24 |
47.050 |
143.010 |
94.100 |
Elaborazione Ufficio Studi CGIA su dati Prognos AG