Inflazione: Italia ancora in deflazione

L’Istat non rileva, però, l’aumento del superenalotto… distrazione?

ROMA – L’Italia è ancora in deflazione ad aprile. Così l’Istat gela ogni speranza del Governo di poter declamare nuovi segnali di ripresa. Il tasso segna una contrazione del -0,4%. Un dato allarmante, che testimonia ancora tutta l’instabilità del sistema economico nel nostro Paese. La disoccupazione in lieve calo è ancora su livelli allarmanti, la domanda interna segna una contrazione del -10% dal 2012 al 2015, con una diminuzione complessiva della spesa di circa 75,5 miliardi di Euro.

In questo scenario non solo non viene preso alcun provvedimento, ma si tenta si speculare sulle speranze dei cittadini. Con l’inflazione sotto zero, aumenta il Superenalotto, senza che l’Istat se ne accorga. Gli italiani, si sa, sono un popolo di scommettitori e lo Stato ne approfitta. Dal 1° febbraio scorso la giocata per il Superenalotto è passata da 0,50 euro a combinazione di gioco (con un minimo di 2 combinazioni) a 1 euro a combinazione.

Per compensare questo salasso è stata aumentata la quota destinata a montepremi (dal 34,648% al 60%) e anche la possibilità di vincita (ora si intasca qualcosa anche indovinando 2 soli numeri su 6). E, siccome, proprio in tempi di crisi, non si resiste alla tentazione di sfidare la sorte, l’ammontare complessivo delle giocate si è impennato passando dai 4 milioni di euro medi per estrazione a gennaio 2016, ai 6,5 milioni di euro a febbraio e marzo.

Ben pochi, insomma, si sono spaventati per il raddoppio del costo della schedina. Ma di quanto è aumentata effettivamente la singola giocata? Prima si pagavano 50 centesimi di euro e 17,324 rientravano sotto forma di montepremi. La differenza, ripartita tra l’aggio del rivenditore, la società di gestione e lo Stato, era di 32,676 centesimi. Dal 1° febbraio, invece, si spende un euro, di cui 60 centesimi sono ridistribuiti e 40 si perdono.

L’aumento è stato, pertanto, di 7,324 centesimi o, in termini percentuali, del 22,4%. E secondo l’Istat? Dall’inizio del 2016, la voce “Concorsi pronostici”, che contribuisce al calcolo degli indici dei prezzi al consumo, non ha fatto registrare alcuna variazione. In una nota metodologica del 2013, l’ultima disponibile, l’Istat dichiarava che l’indice dei prezzi dei giochi, lotterie e scommesse si ottiene come media aritmetica del costo di una giocata minima relativa a cinque concorsi nazionali a base sportiva oppure numerici a totalizzatore, ponderata con il fatturato al netto del rispettivo montepremi.

Se da allora è cambiato qualcosa nella composizione del paniere non è dato sapere, ma è indubbio che oggi il Superenalotto è di gran lunga il più gettonato fra i concorsi pronostici. E considerato che la predetta voce ha un peso del 2% sull’intero paniere, un aumento a doppia cifra sposterebbe di qualche decimale il dato sull’inflazione, rischiando di farlo tornare con il segno più davanti.

Un’altra stranezza, dunque, che si va ad aggiungere alla mancata rilevazione sempre da parte dell’Istat degli aumenti dei prezzi dei servizi a domanda individuale (asili nido, mense scolastiche, residenze per anziani, tasse universitarie), conseguenti all’introduzione del nuovo calcolo dell’Isee. In un periodo in cui per molti la deflazione sta apportando più danni all’economia nazionale che benefici alle tasche dei consumatori, l’Istat che sembra metterci del suo nel remare contro, ha il dovere di rettificare tali strani errori.

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