Le grandi multinazionali farmaceutiche puntano all’Italia. Un business da 4,3 miliardi di dollari

De Matthaeis, Labozeta: “Sicurezza, sostenibilità e qualità sono le carte vincenti”

ROMA – Ormai il dato è più che conclamato: le multinazionali del settore farmaceutico si rivolgono sempre più all’esperienza italiana, tant’è che il 10% delle materie prime farmaceutiche vengono prodotte ed esportate proprio dal nostro Paese. 
Parliamo di un mercato  che produce un giro d’affari, solo in Italia, pari a 4,3 miliardi di dollari, come hanno evidenziato recentemente non solo l’AschimFarma e l’Aifa, ma anche le più importanti case farmaceutiche riunite propriamente sotto il nome di Big Pharma, sempre più interessate  alla produzione italiana. Nulla a che vedere con la convenienza economica che offrono i paesi asiatici low cost. Anzi, il risultato è frutto dell’expertise tecnica, della sicurezza e qualità, della purezza, del timing e del package, ovvero elementi che contraddistinguono da sempre il made in Italy in questo delicatissimo settore che attualmente esporta, come evidenzia il recente rapporto di studio realizzato dall’Università di Torino, l’85% di principi attivi farmaceutici. 

Si può decisamente definire un circolo virtuoso di eccellenze, tra le quali rappresentano una importanza rilevante la progettazione e il realizzo di laboratori scientifici studiati per venire incontro alle molteplici esigenze della ricerca. “Parliamo di luoghi che devono essere obbligatoriamente sinonimo di sicurezza, sostenibilità e qualità”, come precisa Giancarlo De Matthaeis, presidente di Labozeta Spa, azienda leader nella progettazione e costruzione di laboratori scientifici dal 1983. “Il Know-how che l’Italia ha raggiunto in questo campo, attraverso la rigorosa osservanza delle normative vigenti, l’attenzione particolare di chi vive quotidianamente i laboratori chimici e farmaceutici, le conseguenti migliorie progettuali e sostenibili hanno indubbiamente favorito un ulteriore innalzamento degli standard qualitativi che oggi hanno raggiunto livelli davvero invidiabili”.
“Certo, c’è ancora molto da fare in questo settore in termini soprattutto di progetti capaci di mettere in sinergia le diverse eccellenze e potenzialità che il nostro Paese offre, in funzione ad una economia sempre più circolare e quindi sostenibile. Di sicuro  – conclude De Matthaeis –  il futuro ci sta proiettando verso la cosiddetta industria 4.0, in cui si apriranno inevitabilmente nuovi scenari nella produzione di beni e di servizi che porteranno nuova linfa vitale all’innovazione, allo sviluppo e soprattutto ad una maggiore integrazione verticale”.

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