Roma: da un debito raddoppiato a una Giunta azzerata

ROMA – Il Sole 24 ore il 4 maggio del 2008 evidenziava come “il nuovo sindaco di Roma, Gianni Alemanno, eredita dalle amministrazioni che lo hanno preceduto un debito di 7 miliardi di euro, cui potrebbero sommarsi altri due miliardi di mutui contratti con la Cassa depositi e prestiti”.

Lo stesso Sindaco Alemanno, ex segretario nazionale dell’allora Fronte della Gioventù, già “miracolato” alle elezioni amministrative dell’aprile 2008 grazie alla mossa del giaguaro di Veltroni che candida un personaggio ormai stracotto per la maggioranza degli elettori romani ed ora passato, con il suo drappello di “API”, a far parte del neonato terzo polo in compagnia dei Casini e Fini, decide di accettare di farsi nominare Commissario straordinario, con la “soluzione” contenuta nel decreto-legge 25 giugno 2008, n. 112. Decreto legge che all’art. 78 dispone che sia nominato Commissario straordinario del Governo per la ricognizione della situazione economico-finanziaria del Comune, comprese le società da esso partecipate facenti parte del Gruppo Comune di Roma. Subito dopo, a settembre 2008, il debito totale è già salito a ben 8.646 milioni di euro. Il Commissario-Sindaco indica come regole essenziali per il suo piano di rientro lo STOP al piano di assunzioni già approvato dalla Giunta che lo ha preceduto, un drastico recupero di tariffe e imposte (Ta.Ri. compresa), oltre alla riduzione del 25% delle aziende del Gruppo Comune di Roma.

 

 Il 5 dicembre 2008 Berlusconi approva con un decreto il piano di rientro  e nelle settimane seguenti il CIPE autorizza lo stanziamento dal Fondo Aree Sottoutilizzate di 500 milioni per la Capitale. La notte del 27 marzo 2009 viene approvato in aula Giulio Cesare il primo bilancio dell’era Alemanno e solo due mesi dopo lo stesso Alemanno mette alla porta il suo Assesssore al Bilancio Castiglione, per evidenti contrasti con i “poteri forti” del suo Partito che non digeriscono più l’azione “autonoma” in materia di controllo e nomine nelle aziende partecipate e di attuazione di una politica di rigore finanziario. Nella legge finanziaria 2010 all’ art. 2 comma 195, si prevede che “per l’anno 2010 è attribuito al Comune di Roma, anche attraverso quote dei fondi immobiliari, un importo pari a 600 milioni di euro”. Ma gli stessi tardano ad arrivare in termini di liquidità disponibile. Ancora Il Sole 24 ore, ai primi di marzo del 2009, precisa che: “In base a stime in attesa di conferma, il debito finanziario del Comune di Roma supererebbe i 12 miliardi di euro. La Ragioneria Generale dello Stato nel 2008 aveva evidenziato un debito «programmato» (non solo finanziario) fino a 9,7 miliardi. A questo potrebbero aggiungersi altri 1-2 miliardi, anche a causa dei contenziosi persi…

 

Il Campidoglio continua a pagare fornitori e onorare i prestiti (le rate di ammortamento dei mutui sono pari a 565 milioni l’anno) e anticipa i trasferimenti dello Stato: l’ultima tranche da 500 milioni, trasferita tramite immobili da valorizzare, ha fatto scricchiolare l’intero impianto della inedita doppia gestione commissariale e ordinaria affidata al sindaco Gianni Alemanno. Una situazione insostenibile”. Per cercare di uscire fuori da queste formidabili sabbie mobili, a febbraio 2010 Alemanno e Tremonti tirano fuori dal cilindro la nomina di un nuovo Commissario straordinario al quale affidare la patata bollente del piano di rientro, fino a quel momento portato avanti in maniera chiaramente promiscua dal Commissario-Sindaco, per mettere fine alle evidenti commistioni tra piano di rientro e il bilancio comunale. Ma già alla fine del mese di marzo alcuni organi di informazione si pongono la seguente domanda: “come si è passati rapidamente da un debito pregresso di 6.800 milioni di euro ai 9.500 denunciati da un Alemanno appena insediato, fino agli oltre 12.000 che molti oggi paventano? La chiave è nascosta tra le incompetenze, su cui spicca la scarsissima trasparenza: perché, infatti, Alemanno non ha mai pubblicato il bilancio straordinario del Comune, quello dedicato al risanamento… (L’Unità – 28/03/2010)”. Ma al di là di queste sacrostante osservazioni, chi governa, con DDL di conversione del Decreto legge 2/2010 “Interventi urgenti concernenti enti locali e regioni”, dispone che con successivo decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri sarà nominato un Commissario straordinario del Governo per la gestione del piano di rientro gestito con separato bilancio e che, sempre per il Comune di Roma, saranno fissati i nuovi termini per la deliberazione del bilancio di previsione per l’anno 2010, per l’approvazione del rendiconto relativo all’esercizio 2009 e per l’assestamento del bilancio relativi all’esercizio 2010.

 

Appare chiaro che la nomina della scorsa estate di Domenico Oriani, magistrato della Corte dei Conti e già subcommissario che per ben due anni ha affiancato il Commissario-Sindaco, è un formidabile campanello di allarme sul completo fallimento del Sindaco di Roma, ancor prima dei più recenti e gravissimi scandali sulle assunzioni facili, la cosiddetta “parentopoli”, che sono piovuti come uno tzunami sulla testa del primo cittadino di Roma con il conseguente azzeramento, anche se ob torto collo, della intera Giunta Capitolina. Ed anche per questa ultima vicenda, tutta legata agli equilibri interni dei maggiori capibastone della PDL che non hanno permesso ad Alemanno un più soft e di routine “rimpastino”, oltre agli immancabili sondaggi che mostrano un Sindaco e la sua Giunta in caduta libera rispetto al gradimento da parte dei cittadini romani, non può essere risolta dallo stesso con poche righe di comunicato stampa, dove si afferma che: “si è conclusa una prima fase del governo comunale, che ha ottenuto importanti risultati come l’approvazione del piano di rientro dal debito, l’avvio della trasformazione del Comune in Roma Capitale e la definizione dei progetti più importanti del Piano Strategico di Sviluppo”. Dato che su ognuno dei tre presunti “fiori all’occhiello”, indossati in tutta fretta  dopo ben tre anni di governo capitolino, sul primo abbiamo già ampiamente evidenziato tutti i gravi limiti e le contraddizioni emerse nell’accertare e “aggredire” il piano di rientro, sul secondo stiamo da metà settembre 2010 ancora al palo, al di là del cambio della dicitura sulla carta intestata dell’ex Comune di Roma o sulla riduzione del numero di Consiglieri e di Municipi, ed infine il terzo continua ad esser una noce sempre più vuota, riempita solamente da plastici e masterplan da tirare fuori per giustificare le esose spese per l’ennesimo convegno da realizzare.

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