Andare via dall’Afghanistan prima che sia troppo tardi

ROMA – Stamani ancora una volta c’è stato il rientro della salma di un militare morto in una missione militare italiana all’estero.

Si tratta di quella di Luca Sanna, l’alpino morto in Afghanistan il 18 gennaio scorso. Una scena strazziante quella nel vedere la bara avvolta nel tricolore scendere dal C130 militare che l’ha riportata in patria. Una bara portata a spalla da sei soldati con il viso segnato dal dolore e dall’amarezza e con la consapevolezza, in cuor loro, che hanno perduto un altro compagno e che chissà quanti altri dovranno ancora ‘accogliere’ in quel modo. In soli 20 giorni ne sono rientrati già due, Matteo Miotto e Luca Sanna. Quella del caporalmaggiore degli alpini è la 36esima bara che rientra dall’Afghanistan dal 2004 ad oggi, e di certo non sarà l’ultima, è inutile farsi illusioni come invece, qualcuno si augura, forse con un po’ di ipocrisia. Alla notizia della morte di quest’altro ‘ragazzo italiano’ è riesploso in Italia  tutto il malessere che cova negli animi di tanti. Specie in chi è evidente che la missione di pace a cui l’Italia sta partecipando si è trovata costretta ad adeguarsi agli eventi e a trasformarsi in una vera e propria missione di guerra. Forse già, dall’estate del 2006, quando il contingente italiano venne spostato nelle regioni dell’ovest del Paese asiatico, ma che ora, da qualche mese, sta esplodendo in tutta la sua drammaticità.

 

Un malessere che si è manifestato con il chiedersi ancora una volta soprattutto se è necessario che i ‘nostri’ rimangano ancora in Afghanistan. Il primo a chiederselo, ma come lui tanti altri, il presidente del Consiglio, Silvio Berlusconi. Un fatto questo che porta a credere che in Italia ci sia, anche, se non marcatamente, in seno al governo, e forse tra i militari stessi, chi vuole che si vada avanti e chi invece, crede che ormai sia giunto il momento di disimpegnarsi. Troppo alto il tributo in sangue, ma non solo, pagato finora per aiutare l’Afghanistan. A far pensare ancor di più che lo ‘scontro’ per rimanere o meno nel Paese asiatico sia in atto, il fatto che il ministro della Difesa, Ignazio La Russa ha voluto subito fugare ogni dubbio in merito a voci di un possibile ritiro della missione italiana in Afghanistan. La Russa ha affermato che si rimarrà nel Paese asiatico fino a quando rimarranno gli altri Paesi della missione internazionale, a cui partecipa anche l’Italia. Eppure ascoltando la gente è chiaro che per molti l’unica opzione è andarsene dall’Afghanistan. Ormai è venuto meno lo scopo della missione, è inutile nasconderselo. E’ chiaro a tutti che il governo italiano sta cercando di dare una visione diversa di quanto accade nella lontana terra afghana. Lo scopo è evidente, è quello di nascondere la verità. La verità è che ormai non riesce più a controllare la situazione e che la missione in Afghanistan è ormai venuta meno a quei principi per i quali ha ricevuto l’autorizzazione dal Parlamento italiano. Un Parlamento che la ritirerebbe subito se fosse accertato che non rispetta i principi costituzionali del Paese, art 11. Anche perché a nessuno fa piacere sapere che i soldati italiani sono andati in un Paese per portare aiuto ed invece, corrono il rischio di essere ricambiati con una pallottola. Ormai il rischio che corrono è alto. Il fatto che sono aumentati gli scontri con i Taleban, ufficialmente solo ‘difensivi’, vuol dire che nel Paese la lotta ‘tra il bene e il male’ è ormai  giunta ad un punto in cui ‘ o è la tua morte o è la mia’. E’ ormai chiaro anche che appena i militari della coalizione internazionale lasceranno il Paese asiatico nulla più garantirà che la stabilità in Afghanistan possa resistere alle pressioni che vengono dall’esterno. Il sacrificio di tanti ragazzi non è stato vano, ma di certo è inutile che altri continuano a morire.

 

Deve essere lasciato all’Afghanistan la possibilità di costruirsi il proprio futuro dopo che altri gli hanno dato modo di riprendersi la sua libertà. Se il governo afghano dovesse essere abbattuto non sarà certo stato colpa della comunità internazionale, ma solo del destino. Un destino che è per tutti già scritto e che la mano dell’uomo non può fermare. L’ultimo cruento episodio accaduto nel Paese dei papaveri ci ha portati anche di fronte ad un’altra dura realtà. Al dolore per la perdita di una giovane vita si è associato anche quello per un giovane che ormai si vedrà per tutto il resto della sua vita privato della capacità di camminare, correre, calciare e dovrà vivere su di una sedia a rotelle. L’altro alpino colpito insieme a Sanna, il caporalmaggiore Luca Barisonzi, rischia infatti, la paralisi. Sono in momenti come questi che si ragiona un po’ di più su alcuni punti che, a volte o per disinteresse o per i troppi impegni, non si affrontano. Ascoltando le tante voci che emergono dal coro si capisce che non sono pochi quelli che ormai ritengono che si debba fugare ogni dubbio e dare risposte serie e corrette. Una di queste voci è quella di Luca Marco Comellini, del Partito per la tutela dei Diritti dei militari e delle Forze di Polizia, PDM. Comellini come suo solito è stato diretto e preciso: “Ho il massimo rispetto per la memoria del militare morto – il numero 36 – per la sua giovane moglie, per i suoi familiari, ma credo che come ogni  volta alla fine della cerimonia funebre la sua morte verrà dimenticata come in effetti lo sono state tutte quelle dei militari che in ogni missione sono deceduti. E’ opprimente vedere le immagini dei rappresentanti delle istituzioni fare la loro passerella davanti alla bara avvolta nel tricolore e leggere i loro “commossi” messaggi di cordoglio. L’ipocrisia istituzionale spicca violentemente di fronte all’inutilità di questa missione alle tante vittime civili e militari do ogni fronte e schieramento. La Russa adotta il motto “armatevi e partite” mentre gli italiani iniziano a riflettere sulla disperazione e il dolore di questi conflitti. La politica ora si deve fermare e riflettere seriamente, scevra da falsi moralismi o dal buonismo della cooperazione – che in Afghanistan è un eufemismo, li c’è un conflitto in atto ! – perché non è possibile dover constatare che il Premier e un suo ministro hanno visioni discordanti dove mentre il primo si chiede “che ci stiamo a fare?”  e il secondo insiste nel proseguire con l’armatevi e partite.  Nel lungo elenco delle missioni che i militari svolgono in giro per il mondo ve ne sono alcune veramente umanitarie ma il problema che queste si svolgono in zone dove l’interesse economico e geo-politico è assolutamente irrilevante. Spendere centinaia di milioni per insistere a voler occidentalizzare un popolo che da millenni vive con le sue radici e le sue tradizioni che nemmeno 30 anni di invasione russa hanno potuto scalfire, è illogico… per non dire da idioti”.

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