Pirateria somala: Pdl preme per servizi armati privati a bordo navi mercantili

ROMA – In Italia è allarme per le navi italiane in giro per il mondo. Ieri l’ultimo episodio che ha visto protagonista la ‘Savina Caylyn’, petroliera italiana finita nelle mani dei pirati somali con 22 marinai a bordo, dei quali 5 italiani. Un episodio che ha innalzato l’allarme rosso.

Dopo questa nuova azione di pirateria marittima in Italia si sta rispolverando l’idea di imbarcare Vigilantes anti-arrembaggio a bordo delle navi mercantili italiane. Uomini armati privati, dei contractor di fatto, che dovrebbero rendere sicura la navigazione delle navi italiane specie nelle acque infestate dai pirati. L’idea è fortemente sostenuta dal Pdl che in merito ha già presentato quattro proposte di legge sia alla Camera sia al Senato. I servizi armati di vigilanza a bordo dei loro mercantili li hanno adottati solo gli spagnoli in quanto la loro legislazione vieta che militari armati possano essere imbarcati su navi commerciali. Mentre francesi e belgi hanno optato, per la protezione delle loro navi mercantili, all’imbarco sulle medesime dei militari delle loro rispettive marine.

 

Anche all’Italia nulla vieta di proteggere i propri connazionali e naviglio con militari della marina. Anzi al contrario non vi sono strumenti legislativi che consentano, alle navi mercantili, di imbarcare personale di sicurezza privato. Però, stranamente i parlamentari del Pdl firmatari delle iniziative di legge, e non solo, si stanno preoccupando di creare i presupposti contrari. Giusto ieri, nel giorno del sequestro della petroliera italiana, il senatore, Enrico Musso, gruppo Misto, ha sollecitato la calendarizzare della discussione del disegno di legge in materia di scorte armate alle unità mercantili e da pesca italiane. Il parlamentare ha definito questo ritardo come una colpevole inerzia del Parlamento, totalmente ingiustificata di fronte ad un fenomeno dilagante che costituisce un rischio per l’incolumità dei lavoratori marittimi e un significativo aumento dei costi della navigazione e del commercio internazionale. Il riferimento è al ddl presentato nel maggio 2010 da un gruppo di parlamentari. Un disegno di legge, che a detta di Musso, giace nelle due Commissioni alle quali è stato assegnato senza, di fatto, essere ancora stato preso in esame. Il senatore non fa però, alcun accenno invece, al piano relativo all’impiego dei militari italiani su navi mercantili, predisposto lo scorso anno dallo Stato maggiore della Marina Militare e a cui i ministeri della Difesa e Infrastrutture non hanno mai dato risposta. Dello stesso avviso di Musso anche l’On Michele Scandroglio, Pdl, che ha chiesto di inserire urgentemente nei lavori della Commissione affari costituzionali la medesima proposta di legge. In più Scandroglio ha aggiunto: “Quello da noi proposto è un provvedimento a costo zero per il bilancio dello Stato e che metterebbe in sicurezza le navi italiane, sempre più spesso coinvolte in questo crescente fenomeno degli attacchi da parte dei pirati. E’ un’iniziativa a nostro avviso indispensabile per garantire il diritto alla sicurezza e per scongiurare il rischio che l’armamento italiano si trovi nella condizione di dovere immatricolare le proprie unità con la bandiera di altro Stato, magari dell’Unione europea, con le evidenti negative ricadute economiche, fiscali e occupazionali che ne deriverebbero per il nostro Paese”. Un evidente pressing quello dei parlamentari del centrodestra che ha poi, trovato la sponda nel ministro della Difesa, Ignazio La Russa il quale ha affermato che il governo sta valutando l’ipotesi,

Occorre valutare fino a che punto tutto ciò converebbe. Poi, va fatta anche un’altra considerazione. Quando si parla di guardie private a bordo delle navi erroneamente si porta a pensare a quelle che si vedono in giro per le città. Invece, non è così, ci si riferisce ai cosiddetti contractor, le guardie private ‘famose’ nel mondo per il loro modo di fare spiccio e che a volte ha portato a l’uccisione di tante vittime innocenti, come in Iraq. Nel caso invece di militari della marina si parla di personale addestrato e professionalmente qualificato. Non dimenticandosi che i militari italiani hanno fama nel mondo per la loro capacità interlocutoria e mediatoria, come in Afghanistan. Forse una soluzione più valida potrebbe venire dall’istituzione di un tribunale internazionale. Un’idea questa fortemente voluta da molti Paesi, Russia in testa, ma osteggiata da altri, Somalia in testa. Eppure è risaputo che le gang del mare che operano nel mare del Corno D’Africa sono sei o sette e al loro soldo non vi sono che 1500 al massimo 2mila uomini. Purtroppo accade spesso che, per l’assenza di un quadro legale internazionale, spesso se dei pirati vengono catturati, questi poi vengono rimessi in libertà.

 

Un fatto questo che da loro la certezza dell’impunità e limita molto l’azione deterrente della flotta internazionale presente nel loro mare. Nel senso che se vengono presi sanno che non gli viene fatto nulla. Infatti, senza una regolamentazione internazionale i vari Paesi si regolano individualmente e nella gran parte dei casi si limitano a trattenerli per qualche giorno. Inoltre, se una nave mercantile viene catturata, nessuna nave militare delle varie missioni anti pirateria può intervenire in alcun modo. Si deve limitare solo a monitorarne la situazione. Un fatto questo che provoca da parte dei pirati un’ulteriore certezza dell’impunità. A testimoniarlo gli sberleffi e gesti di sfida che i pirati lanciano alle navi militari quando queste giungono nei pressi della nave mercantile ormai catturata.  Due grossi limiti a cui pare che i parlamentari italiani non siano interessati visto che in tal senso non hanno alimentato alcun dibattimento. Intanto, i pirati somali continuano i loro attacchi nel mare del Corno d’Africa e nell’Oceano Indiano. Un azione che mette a rischio la libera navigazione specie per le navi commerciali dei Paesi occidentali che attraverso il canale di Suez raggiungono l’altro ‘capo del mondo’.

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