Femminicidio. La Camera approva all’unanimità la convenzione di Istanbul. IL VIDEO

ROMA – Via libera dall’Aula della Camera alla ratifica della convenzione del Consiglio d’Europa sulla prevenzione e la lotta contro la violenza nei confronti delle donne e la violenza domestica, firmata a Istanbul l’11 maggio 2011. I quattro articoli sono approvati senza voti contrari tra gli applausi.

Anche nella votazione finale nessun voto contrario: i sì sono 545. La vice ministro degli Esteri, Marta Dassù, sottolinea che il governo è impegnato in una «azione costante nelle sedi internazionali per sollecitare le ulteriori ratifiche per l’entrata in vigore della convenzione».

Cosa dice la convenzione
La ‘Convenzione del Consiglio d’Europa sulla prevenzione e la lotta contro la violenza nei confronti delle donne e la violenza domesticà, ratificata oggi a u approvata ad Istanbul l’11 maggio 2011.  Si tratta di 81 articoli che sono stati ratificati ad oggi da quattro Stati: Albania, Montenegro, Turchia, Portogallo. L’Italia è il quinto Stato. Ma serve la ratifica di almeno 10 Stati perchè la Convenzione diventi esecutiva.  In premessa si sottolinea che «il raggiungimento dell’uguaglianza di genere de jure e de facto è un elemento chiave per prevenire la violenza contro le donne» e che «la violenza contro le donne è una manifestazione dei rapporti di forza storicamente diseguali tra i sessi, che hanno portato alla dominazione sulle donne e alla discriminazione nei loro confronti da parte degli uomini e impedito la loro piena emancipazione».
Ancora in premessa viene riconosciuta «la natura strutturale della violenza contro le donne, in quanto basata sul genere», e che «la violenza contro le donne è uno dei meccanismi sociali cruciali per mezzo dei quali le donne sono costrette in una posizione subordinata rispetto agli uomini».

Il capitolo I della Convenzione di Istanbul riguarda gli obiettivi e fra questi i principali sono: «Proteggere le donne da ogni forma di violenza e prevenire, perseguire ed eliminare la violenza contro le donne e la violenza domestica; contribuire ad eliminare ogni forma di discriminazione contro le donne e promuovere la concreta parità tra i sessi, rafforzando l’autonomia e l’autodeterminazione delle donne; predisporre un quadro globale, politiche e misure di protezione e di assistenza a favore di tutte le vittime di violenza contro le donne e di violenza domestica; promuovere la cooperazione internazionale al fine di eliminare la violenza contro le donne e la violenza domestica; sostenere e assistere le organizzazioni e autorità incaricate dell’applicazione della legge in modo che possano collaborare efficacemente, al fine di adottare un approccio integrato per l’eliminazione della violenza contro le donne e la violenza domestica». Viene poi chiarita l’espressione ‘violenza domesticà, che «designa tutti gli atti di violenza fisica, sessuale, psicologica o economica che si verificano all’interno della famiglia o del nucleo familiare o tra attuali o precedenti coniugi o partner, indipendentemente dal fatto che l’autore di tali atti condivida o abbia condiviso la stessa residenza con la vittima». La Convenzione, invita poi gli Stati aderenti a inserire «nelle loro Costituzioni nazionali o in qualsiasi altra disposizione legislativa appropriata il principio della parità tra i sessi» e garantire «l’effettiva applicazione di tale principio vietando la discriminazione nei confronti delle donne e procedendo, se del caso, all’applicazione di sanzioni».

Fondamentale appare il richiamo della Convenzione alle «risorse» con l’invito agli Stati a stanziare quelle «finanziarie e umane appropriate per un’adeguata attuazione di politiche integrate, di misure e di programmi
destinati a prevenire e combattere ogni forma di violenza rientrante nel campo di applicazione della presente Convenzione». Punto questo in qualche modo non recepito dal testo approvato oggi alla Camera che non prevede alcuno stanziamento di risorse.  C’è poi il capitolo sul monitoraggio e sulla ricerca: «Ai fini dell’applicazione della Convenzione, le Parti si impegnano a raccogliere a intervalli regolari i dati statistici disaggregati pertinenti su questioni relative a qualsiasi forma di violenza; sostenere la ricerca su tutte le forme di violenza al fine di studiarne le cause profonde e gli effetti, la frequenza e le percentuali delle condanne, come pure l’efficacia delle misure adottate». La Convenzione fa riferimento inoltre all’importanza delle campagne di sensibilizzazione: «Le Parti adottano le misure necessarie per promuovere i cambiamenti nei comportamenti socio-culturali delle donne e degli uomini, al fine di eliminare pregiudizi, costumi, tradizioni e qualsiasi altra pratica basata sull’idea dell’inferiorità della donna o su modelli stereotipati dei ruoli delle donne e degli uomini».  Il capitolo dedicato alla ‘Protezione e Sostegnò sponsorizza ‘case rifugiò: «Le Parti adottano le misure legislative o di altro tipo necessarie per consentire la creazione di rifugi adeguati, facilmente accessibili e in numero sufficiente per offrire un alloggio sicuro alle vittime, in particolare le donne e i loro bambini, e per aiutarle in modo proattivo».

La Convenzione di Istanbul dedica un capitolo ai ‘Risarcimentì: «Le Parti adottano le misure legislative o di altro tipo necessarie per garantire che le vittime abbiano il diritto di richiedere un risarcimento agli autori di qualsiasi reato previsto dalla presente Convenzione. Un adeguato risarcimento da parte dello Stato è accordato a coloro che abbiano subito gravi pregiudizi all’integrità fisica o alla fonti, in particolare dall’autore del reato, da un’assicurazione o dai servizi medici e sociali finanziati dallo Stato. Ciò non preclude alle Parti la possibilità di richiedere all’autore del reato il rimborso del risarcimento concesso, a condizione che la sicurezza della vittima sia pienamente presa in considerazione».  All’art.33 si tiene conto anche della ‘Violenza psicologicà: «Le Parti adottano le misure legislative o di altro tipo necessarie per penalizzare un comportamento intenzionale mirante a compromettere seriamente l’integrità psicologica di una persona con la coercizione o le minacce. E l’art. 34 fa riferimento agli ‘Atti persecutori (Stalking): »Le Parti adottano le misure legislative o di altro tipo necessarie per penalizzare un comportamento intenzionalmente e ripetutamente minaccioso nei confronti di un’altra persona, portandola a temere per la propria incolumità.  Si considera inoltre la possibilità di concedere lo status di ‘rifugiatò alle straniere vittime di violenza: «Le Parti adottano le misure legislative o di altro tipo necessarie per sviluppare procedure di accoglienza sensibili al genere e servizi di supporto per i richiedenti asilo, nonchè linee guida basate sul genere e procedure di asilo sensibili alle questioni di genere, compreso in materia di concessione dello status di rifugiato e di richiesta di protezione internazionale».

Il capitolo IX della Convenzione di Istanbul contro la violenza sulle donne tratta i ‘Meccanismi di controllò: all’art. 66 si prevede la costituzione di un ‘Gruppo di esperti sulla lotta contro la violenza nei confronti delle donne e la violenza domestica (‘GREVIÒ)’, incaricato di «vigilare sull’attuazione della presente Convenzione da parte delle Parti contraenti. Il GREVIO è composto da un minimo di 10 membri a un massimo di 15 membri, nel rispetto del criterio dell’equilibrio tra i sessi, di un’equa ripartizione geografica e dell’esigenza di competenze multidisciplinari. I suoi membri sono eletti dal Comitato delle Parti (composto dai rappresentanti tanti delle Parti alla Convenzione). Ci sono infine i capitoli che riguardano le sanzioni, le misure repressive che »devono essere efficaci« comprendendo anche il carcere e l’estradizione. Previste le aggravanti, se il reato di violenza è commesso contro il coniuge o ex, partner o convivente e se è commesso in presenza di un bambino o su un bambino.  La Convenzione si chiude dichiarando che »entrerà in vigore il primo giorno del mese successivo alla scadenza di un periodo di tre mesi dopo la data in cui 10 firmatari, di cui almeno otto Stati membri del Consiglio d’Europa, avranno espresso il loro consenso a essere vincolati dalla Convenzione«.
(DIRE)

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