L’incognita Fini sulle elezioni

Col Pd terremotato, forse lui potrebbe seppellire il Cavaliere

Una tregua, soltanto una tregua. Centro-destra e centro-sinistra si stanno in realtà preparando a quella che si prospetta come una delle campagne elettorali più dure degli ultimi tempi. Silvio Berlusconi le rimanderebbe volentieri le elezioni ma Umberto Bossi lo pressa e lo stesso Gianfranco Fini non mostra di voler continuare a fare il tappetino per approntare il salvacondotto per i guai giudiziari del ducetto di Arcore. Una rottura fra Berlusconi e Fini è alle porte e segnerà indelebilmente il corso della XV legislatura.

D’altronde, i sondaggi sembrano tuttora favorire il centro-destra. Secondo Euromedia Research (sondaggio effettuato il 6 ottobre scorso), Pdl-Lega avrebbe il 43% dei suffragi contro il 39% del centro-sinistra (Pd, Idv, Fs, Sel), con Fini al 3% e Casini quasi al 7%. Ma i risultati di un altro sondaggio (Cfi group per Onda-La7) danno un Pd terremotato al 22,6% e Vendola addirittura al 6,2% (5,8% per Mannheimer), Grillo stabile al 2%, Idv all’8%. Se diminuisce il Pd e aumentano Idv e Sel il risultato non cambia, evidentemente.

Ma la vera incognita elettorale è il peso che potrà avere il partito di Fini. In teoria dovrebbe raccogliere i voti di coloro che credono giunto il momento di una destra moderna e laica, lontana mille miglia dagli affari di famiglia della cricca berlusconiana. Fini, da questo punto di vista, è cresciuto enormemente negli ultimi dieci anni, segnando il confine fra un leader intelligente e duttile, un vero “animale politico” e un capo-azienda del tutto lontano dagli interessi della collettività, stritolato dai guai giudiziari e da una lotta senza quartiere alla magistratura. Se una parte dell’elettorato di destra mostrerà fiducia nel generoso tentativo dei finiani, ciò potrebbe rappresentare la vera tomba politica per il Cavaliere, fermo restando l’incapacità del Pd di attrarre  nuove fette dell’elettorato.

Ma le incognite sono tantissime e del tutto peculiari ad una situazione in cui, pare ancora incredibile, una delle parti in causa, detentore del potere esecutivo, possiede il 90% del sistema televisivo. Ci si può immaginare la forza di una campagna elettorale bombardata dai “servizi” di Mimun, di Minzolini, del terribile trio Feltri-Sallusti-Porro. E’ molto probabile che Berlusconi, come avvenne già nel 2006 (quando sfiorò il pareggio con Prodi) insegua gli indecisi (stimati attualmente intorno al 20% dell’elettorato attivo) con un martellamento quotidiano concentrato nelle trasmissioni mattutine, rivolto ad un target di massaie e pensionati a corto di idee politiche e, quindi, più sensibili ai messaggi emozionali, per quanto bugiardi, del Cavaliere. Lì si giocherà la partita, unitamente ad un sistema elettorale che assegna la vittoria alla coalizione che conquista semplicemente la maggioranza relativa dei voti (ad esempio, il 28-30%). Berrlusconi così può vincere: grazie alle televisioni e al “porcellum”, in un contesto da regime plebiscitario-putiniano, quello che ama di più.

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