Malattia di Fabry: diagnosi precoce e giusta terapia per una vita normale

In un quarto di secolo le prospettive di questi malati rari sono state rivoluzionate


ROMA – In poco più di venti anni la medicina ha fatto grandi passi avanti nelle malattie rare. Un quarto di secolo fa arrivare ad una diagnosi era davvero difficile e, anche in presenza di questa, nella maggior parte dei casi non c’era alcuna cura efficace. Oggi per alcune malattie tutto è cambiato: la malattia di Fabry ne è un esempio. Può essere individuata appena poche ore dopo la nascita e le aspettative e la qualità della vita di chi ne è affetto sono radicalmente cambiate grazie alla terapia enzimatica sostitutiva, che  fornisce ai pazienti l’enzima di cui sono sprovvisti.

 

La terapia è tanto più efficace quanto prima si comincia, la diagnosi precoce è pertanto una priorità. Una grande opportunità, sulla quale la comunità medica si sta confrontando, potrebbe essere rappresentata dallo screening neonatale, che permette di individuare la patologia entro le prime 72 ore di vita del neonato. Di tutto questo si è parlato il 9 e 10 dicembre al convegno “La Malattia di Fabry: il Paziente al Centro del Percorso Diagnostico Terapeutico”, svoltosi a Roma e organizzato dalla casa biofarmaceutica Shire.

“Erano i primi anni del 2000 quando ho sentito parlare per la prima volta di questa malattia e di strada, in questi 10 anni, ne è stata fatta molta. – ha dichiarato Francesco Scopesi, Vice Presidente & General Manager di Shire Italia S.p.A., in apertura dei lavori davanti ad una platea composta dai maggiori  specialisti italiani – Aver trovato una terapia e averla portata direttamente nelle case dei pazienti, grazie al progetto Fabry@home, non vuol dire che abbiamo finito il nostro impegno. Proprio questo contatto continuo con i malati e le loro famiglie, infatti, ci ha permesso di capire che c’era forte l’esigenza di avere un sostegno psicologico ed è per questo che, recentemente, abbiamo avviato un servizio di supporto emotivo che sta dando già importanti risultati.”

“Le malattie lisosomiali oggi hanno in molti casi una terapia di sostituzione enzimatica che funziona tanto più quanto viene iniziata precocemente – ha spiegato professor Orazio Gabrielli, direttore della Clinica pediatrica degli Ospedali Riuniti di Ancona – Una diagnosi precoce e un trattamento terapeutico immediato possono ridurre al minimo i segni clinici della malattia anche dopo 10 anni. Questo vale per la mucopolisaccaridosi 1, ma resta ancora da capire se la stessa cosa è per le altre malattie lisosomiali, compresa la malattia di Fabry”.    
 “La malattia di Fabry è molto difficile da diagnosticare – spiega il Prof. Antonio Pisani, nefrologo specializzato in malattie da accumulo lisosomiale dell’Università Federico II di Napoli –  in quanto può essere causata da più di 600 mutazioni, molte delle quali comportano manifestazioni sintomatiche alquanto diverse da quelle classiche (dolori, stanchezza, problemi renali e cardiocircolatori). La diagnosi risulta però difficile soprattutto perché troppi medici non la conoscono: tutti i pediatri, i nefrologi, i cardiologi e i neurologi dovrebbero conoscere la patologia, per poterla diagnosticare in maniera tempestiva. Il trattamento efficace è il trattamento precoce, più tardi si comincia e minori sono i risultati – conclude Pisani – ce lo ha insegnato l’esperienza.”

Ora che su diagnosi e terapia sono stati fatti grandi passi avanti, la sfida è garantire ai pazienti una buona qualità della vita: lo spostamento della terapia dall’ospedale al domicilio è uno dei punti fondamentali. “Presso il nostro centro – ha spiegato Pisani – ci sono 35 pazienti in trattamento e circa l’80% beneficia del programma di terapia domiciliare, per poter continuare a condurre una vita attiva e indipendente. Si tratta di un grande vantaggio per i pazienti, che possono effettuare le infusioni comodamente a casa propria, ma anche per la struttura ospedaliera e per noi clinici. In questo modo abbiamo più tempo e più risorse da dedicare alla ricerca e alla diagnosi, che resta ancora un punto critico”.

“Abbiamo realizzato uno studio collaborativo sull’esperienza italiana che ci ha consentito di analizzare i dati di 25 centri clinici che, dal 2009 ad oggi, hanno erogato 5053 infusioni domiciliari per un totale di 98 pazienti. – ha riferito la Prof.ssa Daniela Concolino Pediatra Genetista, Responsabile del Centro Regionale di Pediatria Genetica e Malattie Rare presso l’Università Magna Graecia di Catanzaro  – I dati preliminari dimostrano, per pazienti e genitori, i vantaggi della terapia domiciliare in termini di miglioramento di qualità di vita, risparmio economico, migliore ottimizzazione del proprio tempo, ottima compliance terapeutica.

Fino a qualche anno fa, per problemi organizzativi e vincoli legislativi, la ERT poteva essere effettuata solo in regime ospedaliero, oggi grazie al progetto pilota Fabry@home> è stato possibile verificare la fattibilità e la sicurezza in regime domiciliare.   Il programma è sostenuto da Shire con l’obiettivo di permettere ai pazienti  che lo desiderano di fare le infusioni a domicilio grazie a personale specializzato e ad un contatto continuo con il centro di riferimento. A questo programma si è recentemente affiancato anche un servizio di supporto emotivo organizzato per ora in tre fasce di ascolto settimanali del Numero Verde 800660838: martedì, dalle 17.00 alle 21.00; mercoledì e sabato, dalle 9.00 alle 13.00

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