Decreto Romani: “ammazza-rinnovabili”. Ovvero, come oscurare il solare

ROMA – Il famigerato decreto Romani stabilisce le nuove regole nel settore delle energie verdi.

Inizialmente prevedeva un tetto massimo di energia ricavata dal fotovoltaico, una volta raggiunto il quale sarebbero terminati gli incentivi statali. Siccome il tetto fra pochi mesi sarà già raggiunto, la prima versione di questo decreto era in pratica una dichiarazione di guerra: basta aiuti. In seguito alle inevitabili furiose proteste, il governo ha deciso di eliminare il tetto. Ciò nonostante, il decreto continua a risultare pericoloso. Una sua  direttiva prevede di cambiare una vecchia regola, relativa agli incentivi, che molto vecchia non era (agosto 2010),  e, soprattutto, aveva validità sino al 2013. Il terzo conto energia (la vecchia regola) stabiliva i sussidi dal 2011 al 2013, ma il decreto Romani modifica questo lasso di tempo, affermando che questi sussidi varranno solo sino al 31 maggio 2011. Da tale data in poi ci saranno nuove tariffe, le quali verrano comunicate  “entro poche settimane”. In sostanza: il decreto cambia il regolamento in corsa. Anzi. Dice di cambiarlo, ma le nuove regole le renderà note fra un periodo imprecisato. In un settore in evoluzione come quello dell’energia verde, non solo questa modifica normativa crea immediate difficoltà economiche, ma crea soprattutto incertezza sul futuro. E un mercato giovane fatto di investimenti e rischio d’impresa non gradisce l’incertezza.  

Il decreto è stato già firmato dal Presidente dell Repubblica, quindi il giorno successivo alla sua pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale entrerà in vigore.  
Sui giornali e sul web, gli epiteti poco lusinghieri verso il decreto si sprecano: ‘ammazza-rinnovabili’, ‘ammazza-fotovoltaico’, ‘taglia-solare’, ‘blocca-solare’. E la rivolta verso il Governo non si esaurisce in essi.

L’Aibe (l’associazione delle banche estere in Italia) ha inviato una lamentela scritta a Palazzo Chigi: il decreto crea incertezza del diritto sulla materia, c’è il rischio che il legislatore italiano risulti inaffidabile e che quindi le banche estere decidano di non investire più nel nostro Paese. Un tale funesto scenario ha spinto Berlusconi stesso a scendere in campo e a dare rassicurazioni al settore: «Gli incentivi alle energie rinnovabili devono adeguarsi all’andamento degli altri Paesi europei. Il “boom” del settore fotovoltaico determina sulle bollette dei cittadini un aggravio che era necessario calmierare». In una nota in cui sottolinea che «chi lavora in questo settore» non deve «nutrire timori ingiustificati» perché «entro poche settimane il governo stabilirà il nuovo quadro di incentivi che consentirà alle aziende del settore la programmazione di investimenti per un mercato maturo di lungo periodo in vista degli obbiettivi europei per il 2020». Dopo aver sostenuto la necessità di «adeguare» gli incentivi ai livelli europei, il capo del governo ha tuttavia rassicurato gli operatori del settore: «Il progetto di diversificazione delle fonti di energia corrisponde a impegni internazionali precisi e guarda al futuro», ha sottolineato Berlusconi. Dunque, ha aggiunto, «coloro che hanno investito nella cosiddetta “green economy”, come anche chi lavora in questo settore, non devono nutrire timori ingiustificati».

Il Ministro del’Ambiente, Stefania Prestigiacomo, ha replicato alla presa di posizione dell’Aibe: “c’è stata una comunicazione sopra le righe rispetto a quella che è la reale discussione. È il solito classico atteggiamento che non ci piace. Vogliamo che il settore si sviluppi in modo sano, non vogliamo che vengano qui fondi a speculare”.

Tuttavia, non solo le banche hanno mostrato preoccupazione. In una nota, tutte le aziende del settore (le associazioni Anev, Aper, Assosolare, Assoenergie Future, Gifi, Ises Italia) affermano che il decreto, “così come attualmente formulato, bloccherà lo sviluppo del settore delle rinnovabili che producono energia elettrica, provocando un duro colpo all’economia nazionale già fortemente in crisi. Il provvedimento, infatti, sta già generando incertezza se non addirittura la paralisi del settore. Il sistema bancario ha già annunciato la sospensione dei finanziamenti previsti e molte aziende si ritrovano improvvisamente con i loro investimenti a rischio, circostanza che coinvolge decine di migliaia di posti di lavoro e impedisce la creazione di nuove opportunità occupazionali (stime accreditate riportano che oggi in Italia un nuovo posto di lavoro su tre è nella green economy). Questo, proprio quando la Commissione europea presenta una roadmap che prevede di portare dal 20% al 25% la riduzione delle emissioni di gas serra nel 2020”.

Mentre il Pd chiede al presidente della Camera la calendarizzazione di una mozione per la modifica del decreto, Enrico Rossi, il presidente della Toscana, rivolge un appello alla sua regione, “alle istituzioni, alle forze sociali, imprenditoriali, sindacali, di categoria”, per protestare contro il decreto: “è una catastrofe per un settore produttivo che dà lavoro solo in Toscana ad almeno 20 mila addetti. Con un decreto che cancella misure approvate solo sette mesi fa, diamo l’idea di essere uno Stato inaffidabile».

«Sarebbe come chiudere la Fiat», afferma il presidente dei Verdi Angelo Bonelli, durante la manifestazione Sos Rinnovabili che si è svolta il 10 Marzo a Roma, al teatro Quirino, e alla quale hanno partecipato più di 2 mila persone. Se il decreto non venisse cambiato, in un settore in cui trovano lavoro circa 100mila persone, sarebbero a rischio Cassa integrazione “oltre 10mila unità”,  dice Valerio Natalizia, presidente di Gifi.

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