Ecomafia. Allarme Campania, Lazio e Molise. Serve un risveglio dei cittadini

Introdurre i delitti ambientali nel nostro codice penale

ROMA – La situazione è gravissima, dopo la desecretazione dei verbali del pentito Carmine Schiavone alla Commissione bicamerale sulle Ecomafie datato 1997, si è aperto il vaso di Pandora. Infatti, lo sversamento di rifiuti tossici e altamente pericolosi riguarda non solo la regione Campania, ma anche il basso Lazio e il Molise. Insomma, parliamo di una contaminazione ambientale molto più estesa di quanto si credesse. Oggi la Regione Lazio chiede l’intervento di Palazzo Chigi per coordinare un piano immediato e adeguato alla gravità della vicenda e sottolinea il nuovo corso intrapreso da Nicola Zingaretti.

Secondo l’istituzione regionale il governatore avrebbe già impostato, in questi primi mesi del proprio mandato, iniziative sul nodo delle bonifiche e dei controlli. “Coadiuvata da Arpa Lazio, infatti, la Regione ha stabilito l`estensione e il completamento dell’anagrafe dei siti da bonificare, con la delibera del 3 ottobre scorso. Il primo obiettivo – fa sapere la Regione – è quello di concludere quanto prima la mappatura di tutti i siti del territorio regionale”.

Nonostante i proclami delle istituzioni “serve un risveglio dei cittadini che impongano alle autorità locali e nazionali di fare quello che fino ad oggi non hanno fatto”. Così Massimo Scalia ex presidente della commissione Ecomafie, nonché professore di Fisica Matematica al dipartimento di Matematica della Sapienza di Roma e tra i primi parlamentari eletti con le liste Verdi negli anni 80. “In tutto ciò – aggiunge Scalia – l’attività giudiziaria è un problema laterale rispetto alla predominanza che deve avere l’intervento. Vorrei sapere l’inserimento nelle bonifiche nazionali che fine ha fatto? Bisognava ad esempio caratterizzare suoli e sottosuolo, per poter sapere cosa c’era e quindi intervenire per il risanamento dell’ambiente e quindi della salute”.

Stessa posizione quella di Legambiente anche se il troppo tempo trascorso gioca un elemento allarmante: “Da quella commissione bicamerale sono trascorsi ben diciassette anni. Si sono succeduti governi di ogni colore politico e una cosa li accomuna: una decisione bipartisan quella di non aver mai voluto approvare l’introduzione dei delitti ambientali nel nostro codice penale. Le parole sono stanche,  – sottolineano Rossella Muroni e Michele Buonomo, rispettivamente direttrice nazionale e presidente regionale Campania di Legambiente -, non vogliamo grandi annunci, nè procedure straordinarie, chiediamo, in particolare al Parlamento l’introduzione dei delitti ambientali nel nostro codice penale, con l’approvazione disegno di legge già licenziato dal governo Prodi nel 2007 e ripresentato anche in questa legislatura dal presidente della Commissione ambiente della Camera, Ermete Realacci”.

“S’introdurrebbero così finalmente, – precisano Muroni e Buonomo – accanto al delitto già in vigore di attività organizzata di traffico illecito di rifiuti, quelli di inquinamento ambientale, frode in materia d’ambiente, danneggiamento delle risorse ambientali, alterazione del patrimonio naturale e di disastro ambientale, insieme all’obbligo di bonifica e, ove possibile, di ripristino dei luoghi compromessi, a carico del condannato. Una riforma di civiltà non più rinviabile: la lotta alle mafie significa difesa dell’ambiente, della salute e dell’economia e viceversa. Dobbiamo aspettare altri 17 anni per capirlo?”.

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