L’orribile disastro in Laguna del 1878

VENEZIA – E’ la sera del martedì 23 luglio del 1878. Siamo a Venezia, precisamente siamo a San Zaccaria, poco distante da Piazza San Marco. Sono passate solo due sere dalla famosa festa del Redentore, una festa dei veneziani, una festa passata in barca a bere ed aspettare i fuochi d’artificio.

Questa sera non ci sono i fuochi ma una comitiva di suonatori girovaghi ha voglia di divertirsi lo stesso e chiede al barcaiolo Giovanni Arnoldi di portarli in laguna con la sua barca. Arnoldi, assieme a suo figlio  Antonio e la moglie, acconsente e imbarca le persone nel battello 61 sulla Riva della Calle Scoassera a San Giovanni Novo. Il numero degli imbarcati totali è di 13, forse presagio di sciagura. Giovanni urla le prime indicazioni al figlio perchè di professione Antonio non fa il barcaiolo come il padre, bensì, rimessaio. Le gente, intanto, comincia a preparare i polli ed il vino, il signor Bachilli detto Bacci è tra questi e pensa che tra poco saranno in mezzo alla Laguna e potranno suonare e mangiare, godendosi la leggera brezza notturna, lui e Giovanna, la sua giovane moglie. Si avviano suonando e cantando verso il Lido.

E’ mezzanotte e puntuale dal Lido parte il vapore Adria della Società Veneta Lagunare. Il comandante è Pasquale Gentili, uno dei più attenti ed intelligenti marinai della Società. Il vapore Adria era stato presente nella cronaca nera due anni prima quando era morta affogata una persona, tale Zanotto, forse anche questo fa parte del destino, forse anche questo è un triste presagio.
Il comandante Gentili ha un ottima visibilità e si gode il viaggio verso Sant’Elena. A bordo due marinai, Alfieri Giovanni e Sambo Fortunato stanno scherzando tra di loro, poco distante Carlo Zoppelli, timoniere a bordo della Regia Corazzata Roma ed un suo amico, che svolge il lavoro di fochista di II classe nella stessa corazzata, stanno discutendo con il fratello di Zoppelli, Domenico. Tutto è tranquillo, una tratta che ancora oggi collega Lido a Venezia.
Il battello 61 dell’Arnoldi ha appena superato la punta dei Giardini Pubblici, dove oggi si svolge la famosa Biennale. E’ buio in quel tratto ma si può sentire l’elica nell’acqua di un vapore che si avvicina, è un rumore inconfondibile nell’oscurità della notte.
Una delle donne della comitiva che suona la musica, si avvicina all’Arnoldi e lo avvisa che si sta avvicinando forse troppo ad un battello a vapore. Quel battello è l’Adria ed a bordo nessuno sospetta nulla. L’Arnoldi se ne accorge e con far sicuro dice alla donna che c’è ancora tempo, di stare tranquilla. Tempo. Manovrare una barca con 13 persone può non essere semplice, molto dipende dalle correnti e dall’esperienza dei vogatori. Tutto dipende proprio da quella parola: tempo. Il comandante Gentili vede qualcosa davanti al suo vapore, si rende conto che è una barca ma non capisce perchè non si sposta. Tempo. Arnoldi si rende conto che ora il tempo non ce n’è più, urla al figlio che si trova a “prova” ovvero voga davanti, di manovrare ma Antonio non è un gondoliere, lui non si guadagna da vivere con il remo e sbaglia manovra. La barca anziché scivolare al fianco del piroscafo si pone di traverso. Il comandante Gentili in quel momento agisce d’istinto ordina di fermare le macchine e di fare marcia indietro, ma è troppo tardi. L’urto è terribile, il suono del ferro che entra tra il legname del battello risuona orribile nell’animo degli infelici che si trovano a bordo ma anche di quelli che si trovano nel vapore, spettatori loro malgrado della tragedia che si sta consumando.
La barca si spezza in due ed affonda velocemente trascinando verso il fondo del canale tutti e tredici i passeggeri. E’ buio, alcuni riescono a risalire e gridano aiuto. Non ci sono salvagenti e non tutti sanno nuotare.
Dal piroscafo il macchinista Zoppelli, suo fratello ed il fochista si gettano immediatamente in acqua nel tentativo di aiutare quei poveri naufraghi. Anche i due marinai, l’Alfieri ed il Sambo decidono di gettarsi in soccorso assieme ad un certo Urbani, cantiniere del signor Crivellaro. Un ragazzo, Giovanni Ferro, è esausto ma le braccia dei due marinai lo riportano a galla e lo caricano nel piroscafo. Ma ci son ancora una dozzina di persone da salvare. Il comandante dell’Adria manda un sos e giunge sul posto un peschereccio che si trova poco lontano, con a bordo alcuni residenti di Burano: Dei Rossi Rocco detto Baretto, Gobbi Luigi, Dei Rossi Luigi detto Barello e Senno Antonio detto Rugi. Arriva anche una barca appartenente alle Guardie Doganali, sotto il comando del tenente di finanza Giuseppe Cappato.
L’acqua è agitata da braccia e da urla che chiedono aiuto, il Bacci riesce ad arrampicarsi sulla barca dei pescatori. Chiama sua moglie, nessuno risponde, troppa confusione, la cerca con lo sguardo disperato e finalmente riesce a vederla. Le porge il remo e le urla di attaccarsi. Con qualche sforzo riesce a trarla in salvo. L’abbraccia. E’ buio e gli ci vorranno alcuni minuti per rendersi conto che quella donna non è sua moglie. La tragedia si sta consumando. In acqua l’Urbani riesce ad afferrare una donna che stremata sta per affogare. Lui le dice di stare tranquilla ma quella donna si agita e si avventa contro, non sa nuotare. Lo afferra talmente forte che Urbani teme di andare a fondo con lei. Cosi l’istinto della sopravvivenza prevale sulla compassione e si allontana da quella povera che in pochi attimi scompare nel nulla.
Quando arriva il brigadiere Carbonaro Salvatore e le Guardie Micheli Antonio e Marinetti Domenico, in quelle acque non c’è più nulla di vivo. Non c’è più nessuno che chiama aiuto. Solo sette persone si trovano tra i superstiti. Due dei tratti in salvo vengono condotti all’ospedale, uno è Arnoldi Antonio, il figlio del barcaiuolo. Lui ancora non lo sa ma ha perso entrambi i genitori. Le guardie municipali di Castello sgomberano una stanza e la adattano a cella mortuaria. Iniziano cosi a portare i primi cadaveri che le acque restituiscono. Ci vogliono due giorni, gli ultimi corpi affiorano verso Malamocco.
In questo terribile incidente persero la vita:
Vianello Antonio fu Innocente nato a Treviso suonatore di contrabasso di anni 45
Gavardina Bachilli Giovanna, moglie del Bachilli detto Bacci, di anni 33
Ferro Luigia di Luigi d’anni 20 nata ad Udine cantante girovaga
Munaretto Vianello Anna di Giuseppe d’anno 26 suonatrice moglie di Giovanni Vianello
Nardon Luigia fu Girolamo, moglie del barcaiuolo d’anni 47
Arnoldi Giovan Battista barcaiuolo d’anni 47
Questo è un ricordo per quelle vite che partirono con la gioia nel cuore e trovarono la morte tra le acque della laguna di Venezia.

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