Berlinguer, l’ecologia della politica, il cambiamento

ROMA – Sono tanti i cittadini che in queste tornate elettorali hanno disertato le urne.  Ciò non mette in discussione il valore e il significato del successo del centrosinistra, del Pd con la vittoria  in tutti i comuni capoluogo, a partire da Roma, come le conferme che arrivano anche dai risultati del primo turno in  Sicilia. Proprio i risultati positivi di questa tornata elettorale ci consentono di affrontare con serenità la crisi nel rapporto fra i cittadini e la politica.

In questi giorni in cui in molto ricordano Enrico Berlinguer che ci ha lasciato 29 anni fa proprio la sua idea di politica ci consente d affrontare il problema dell’astensinismo.

Oggi, infatti,  nel mezzo di una profonda crisi tra cittadini e politica, appare inevitabile rivolgere lo sguardo alla sua concezione della politica in quanto costruita sui forti valori dell’uguaglianza, dei diritti, della pace, della libertà e della democrazia. Tutti valori che delineavano una solida idea di società: socialista. A questa opera di costruzione concreta erano chiamati alla responsabilità le forze popolari e del lavoro  che in quanto classi dirigenti spettava questo compito. La costruzione quotidiana di solidarietà e d’impegno per realizzare sicurezza sociale e dignità delle persone non erano affidate alle enunciazioni ma all’impegno di centinaia di migliaia di persone che per portarle avanti si erano organizzate in partito, il PCI. Da Gramsci e da Togliatti del “partito nuovo”, Berlinguer aveva tratto la consapevolezza che “nessuna politica può essere realizzata senza un partito” il quale sia in grado di portarla nella società e farla essere patrimonio collettivo e linea di autonoma iniziativa sociale. Non c’è l’uomo della provvidenza ma un partito comunità che può cambiare la società perché ne è parte: la parte popolare, del lavoro, dell’impresa produttiva e cooperativa, del ceto medio e dell’intellettualità democratica. Una comunità di iscritti, una organizzazione a cui è affidato il compito di promuovere la partecipazione dei cittadini, la coesione popolare e la formazione della rappresentanza politica e istituzionale. Nella crisi morale e della sfiducia verso la politica e i politici, Berlinguer viene spesso ricordato come esempio e a dire il vero c’è molta retorica. Infatti i principi con cui Berlinguer concepiva la politica non vengono affatto citati, non dico seguiti, tra questi c’è la netta separazione tra partiti e gestione della cosa pubblica che non significa non indicare linee politiche, c’è la separazione e la non sovrapposizione di cariche politiche con quelle istituzionali, o la ferrea convinzione che la politica è lavoro collettivo e non leaderistico e che gli eletti sono forze messe a disposizione delle istituzioni per l’interesse collettivo e non la rappresentanza parziale di gruppi elettoralistici e di correntizi.      

Gli ecologisti di sinistra che si dedicano da tempo al rinnovamento culturale della sinistra debbono molto al suo modo d’intendere la politica. Certamente il nucleo più innovativo e fertile è rappresentato dalla permanente ricerca della coerenza tra le proposte immediate e la prospettiva. Ed è proprio qui che l’ecologia politica trova un proprio caposaldo in quanto la politica viene concepita come la realizzazione concreta della responsabilità sociale ed ecologica. La politica, quindi, come costruzione storica in cui i programmi sono la sostanza del movimento e del conflitto, la condizione imprescindibile per le alleanze, il contenuto del consenso elettorale e  della funzione di governo.

Leggendo insieme la politica dell’austerità e il Progetto a medio termine (siamo nella seconda metà degli anno ‘70) due momenti della politica di Berlinguer, si coglie l’intreccio tra questione sociale e nuova qualità della sviluppo. L’austerità intendeva affermare una politica di cambiamento capace di  introdurre politiche pubbliche di programmazione (cosa mai riuscita ai governi DC-PSI) per una responsabilizzazione sociale del mercato e dei processi economici necessari per superare le storture di un modello sociale individualistico, quantitativo e consumistico su cui era cresciuta l’economia italiana e più in generale quella occidentale. E a guardar bene sono gli stessi obiettivi  indispensabili oggi per fuori uscire dalla crisi strutturale del capitalismo finanziarizzato dell’Occidentale e sono molto simili agli intenti di Obama e di Hollande. Berlinguer li chiamava “elementi di socialismo” oggi li chiamiamo lotta alle disuguaglianze, nuovo ruolo dello stato, contrasto della finanza speculativa, politiche per il lavoro, green economy.

“Il progetto a medio termine” per la prima volta, affrontava contraddizioni ecologiche, ancora oggi non risolte, come il dissesto idrogeologico, la riforma del modello energetico,  l’inquinamento. In quei due momenti la politica era legata ai programmi, era lo strumento della transizione verso condizioni civili, sociali e ambientali più eque, verso forme più avanzate di libertà e di democrazia. L’essenza della concezione della politica di Berlinguer era dunque il cambiamento ed è esattamente ciò che l’ecologia politica richiede e s’impegna a realizzare. Il cambiamento. Infatti  com’è possibile fermare l’instabilità climatica senza cambiare il modello energetico fondato sui combustibili fossili, senza accelerare la transizione, nell’efficienza energetica, verso le fonti rinnovabili? Come è possibile pulire l’aria dai gas serra e dallo smog senza cambiare il modello della mobilità? Come è possibile ridurre drasticamente il consumo del suolo senza la rigenerazione urbana? La ricerca scientifica e la tecnologia sono una leva straordinaria poco e male usata, in grado di realizzare cambiamenti epocali nella qualità dei prodotti, nell’industria, nella chimica, nell’edilizia, nel  recupero di materia dalle merci usate dette rifiuti. La nuova consapevolezza ecologica può orientare la scienza e la  tecnologia per tutelare la biosfera, salvare la  biodiversità, le risorse idriche, la qualità dei cibi e dell’agricoltura. La green economy del resto indica ciò è già in atto e che va ulteriormente sviluppato. L’idea e la necessità del cambiamento sono la sostanza dell’ecologia politica mentre la coerenza tra enunciati, progetti e scelte/azioni immediate sono un aspetto fondamentale della moralità della politica. 

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