Terzo Settore. Fraternité e socialità, una risposta alla crisi

 

ROMA – Terzo  Settore, parole che  si trovano sempre più spesso nelle cronache dei giornali, protagonista di questa o quella iniziativa nei diversi campi del sociale.

Difficile definire la collocazione nel quadro istituzionale. Sono soggetti di natura  privata che producono beni e servizi a destinazione pubblica o collettiva, collocati nel no profitcooperative sociali, associazioni di promozione sociale, volontariato, organizzazioni non governative, Onlus, associazioni che operano nel campo dello sport, della cultura, della ricreazione, leggi fra le altre Uisp e Arci.

La proposta del Governo Renzi di una legge-quadro sul Terzo Settore può rappresentare  una occasione straordinaria per riaprire una riflessione ed un confronto sul nostro modello di sviluppo. Per tre ragioni: la prima, di fatto, sul come dare un  ordine unitario ad una realtà, quella del Terzo settore, che si è andata frastagliando in mille rivoli; una seconda, – dentro la grande crisi – sul come dare forza propulsiva ad una realtà, quella del Terzo Settore, che potenzialmente può rappresentare una risposta alla crisi stessa; Infine, una terza, – con l’adesione del PD al Partito socialista Europeo – sul come pensare il terzo Settore all’interno della riformulazione di una politica dell’eguaglianza, all’altezza delle nuove sfide (crisi delle politiche redistributive, sviluppo di nuove forme di autorganizzazione ecc.).

Una  legge-quadro inevitabilmente, proprio perché interviene sulla  vita e  sulle prospettive di migliaia di organizzazioni sociali, porta il discorso  immediatamente sulla  visione sociale, sul modello sociale di sviluppo, sulla sua ispirazione di fondo; il confronto su tale legge non può limitarsi agli” addetti ai lavori”.

La linea di ragionamento che vorrei proporre, si sviluppa attorno a tre snodi fondamentali ,partendo da una previsione/assunto: il futuro della idea socialista nel Ventunesimo secolo si svolgerà necessariamente attorno all’approfondimento sociale dell’ideale democratico ed egualitario. Approfondimento  sociale proprio per ridurre la frattura crescente e micidiale tra cittadinanza politica e cittadinanza sociale.

A) La Fraternitè, come viene tratteggiata da J. Derridà, nel suo Politiche dell’Amicizia dovrebbe essere assunta come il valore di riferimento del Terzo settore: valore di riferimento e insieme criterio di appartenenza. 

Fraternitè come parte trascurata della magica triade dei diritti dell’uomo.

B) Beni relazionali come” prodotto”. Questa terza  familia di beni-beni privati ,beni comuni, beni relazionali, concettualizzata negli anni novanta, grazie al lavoro pionieristico specialmente di M.Nussbaum, dovrebbero essere assunti come criterio distintivo della multiforme attività del terzo settore.

C) Rivoluzione Associativa, come viene  teorizzata da L. Salomon, uno dei massimi studiosi: stiamo assistendo, sostiene Salomon, ad una propensione mai vista  a mettersi insieme, ad associarsi, accentuata ancora di più dalla esplosione della grande Crisi.

Propensione all’Associazionismo come l’altra faccia della tendenza alla  individualizzazione delle società contemporanee.

Un Terzo settore  quindi che ha il suo centro di gravità nella autorganizzazione, nella reciprocità, nella cooperazione, nel volontariato; un terzo settore inoltre come forza di risocializzazione delle aree sociali più colpite dalla Crisi.

Assunta la proposta come un grande fatto positivo. Ciò che colpisce nel la  proposta del governo, è l’insistenza sulla cosidetta “impresa sociale”: impresa sociale è già la cooperativa ,che unisce in se ,per definizione, una capacità di produrre beni relazionali e insieme, un sistema di governo collegiale e partecipato, fondato sulla pari responsabilità dei soci cooperatori.

Perché  voler introdurre l’impresa privata nel terzo settore? Lasciamo da parte, per carità di patria, il capitalismo solidale e gli ibridi che, come si sa, sono incapaci di generare! la formula Impresa sociale è un ossimoro.

La strutturazione del sociale non può essere affidata alla logica del profitto, neanche calmierato, (d’altra parte chi controllerebbe), “per la contraddizion che nol consente .” 

                                                                      

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