Venezia 71. Hic sunt leones

VENEZIA – Se piace ai critici, non piace al pubblico. E viceversa.  A Venezia 71 si mormora che gli addetti ai lavori vogliano aggiudicare il Leone d’oro a The look of silence, dopo verrebbero Birdman e Il giovane favoloso. La giuria popolare invece continua a sostenere Birdman. Ad ogni edizione è diverso l’orientamento tra pubblico e critica.

Assioma che vale per la maggioranza dei film nuovi che escono sugli schermi. Basta guardare sui giornali, nella pagina dei cosiddetti “tamburini”, al giochino delle stellette e dei pallini, in genere neri. Se accanto al titolo del film appena uscito ci sono tre o quattro stelline messe dal critico entusiasta, i pallini che indicano il favore che il pubblico ha riservato a quella sfortunata pellicola non sono più di due. E viceversa.  Si pensi ai cinepanettoni: la critica li ha sempre snobbati, il pubblico ne ha determinato la fortuna con incassi astronomici. Nel cinema italiano c’è un precedente imbarazzante: i primi film di Totò hanno dovuto aspettare anni prima  di essere rivalutati dalla critica che quando uscirono quasi li ignorò. Oggi i critici levano lodi anche a Alvaro Vitali.

Alla mostra di Venezia ogni anno succede la stessa cosa. Le proiezioni aperte al pubblico  si chiudono spesso con  scroscianti applausi. Mentre scorrono i titoli di coda anche dei film stranieri e quindi proiettati in versione originale, con i sottotitoli a traduzione della lingua straniera parlata dai personaggi, gli spettatori si spellano le mani in ovazioni degne di un vero capolavoro. C’è da dire che in sala c’è anche la claque, costituita da parenti e amici del regista, o dai rappresentanti della casa di produzione e distribuzione. Ma quelli sono solo i primi appalusi, poi vengono tutti gli altri, disinteressati e quindi  meritati. Alle proiezioni per i critici, di applausi manco  l’ombra, sono più frequenti i mormorii di disapprovazione.

Questa sera, sabato 6 settembre, nella Sala Grande del palazzo del cinema, che è la stessa da mezzo secolo, si svolgerà la suggestiva cerimonia della premiazione dei film vincitori dei Leoni d’oro e d’argento e delle attrici e attori meritevoli delle coppe Volpi per la loro interpretazione. Come dicevano i latini, che non conoscevano ancora il cinema, davvero “Hic sunt leones”, li davvero  ci sono i leoni, non solo quelli da premio, ma anche quelli della protesta. Quante volte alla Mostra di Venezia sono stati premiati film stranieri che una volta usciti dal Lido nessuno ha potuto vederli in una sala perché nessun distributore si è sognato di metterli in circolazione? E quante volte durante la premiazione il pubblico ha rumoreggiato? 

Speriamo non succeda anche stasera. Ma, allora, come si spiega l’entusiasmo che il pubblico di Venezia mostra verso film che  non diresti capolavori?  Sarà per la insolita location, il Lido, quella fatata lingua di terra fra mare e laguna; sarà per la dolce aria settembrina che non fa rimpiangere il solleone d’agosto e già spinge al crepuscolare autunno, che a Venezia è più struggente che altrove; sarà perché una volta tolti dalle sale i vip, gli addetti ai lavori, i registi, i produttori, gli attori e tutto il circo dei 35 millimetri, il pubblico pagante (in parte) è fatto di giovani , che sono più rumorosi nel manifestare le proprie reazioni. E se un film piace, lo danno a vedere, o meglio si fanno sentire. 

Ma c’è forse un’altra ragione, irrazionale ma non meno valida. Un animo gentile, che dal primo giorno all’ultimo ha battuto palmo a palmo  la rassegna del Lido ha azzardato un’ipotesi suggestiva: sulla Mostra di Venezia aleggia una sorta di magia, che fa della “grande illusione”, come si dice del cinema, un pretesto per creare  in un angolo  di laguna un microcosmo fantastico popolato di personaggi di favola, che tutti insieme danno vita ad una messinscena teatrale senza regista, senza sipario, ma con un pubblico attento. E il successo non può mancare. Carlo Goldoni si sta mangiando le mani: ci fosse stato, le Baruffe chiozzotte le avrebbe ambientate  al Lido, fra l’Excelsior, il Palazzo del Cinema e il Casinò, dove di locandiere  ne avrebbe trovate a bizzeffe.

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