Riforme. La separazione rischia di annientare le garanzie delle parti

ROMA – Tra le riforme possibili che potevano essere intraprese sul diritto di famiglia si è scelto di procedere verso quella che annulla in maniera grossolana le garanzie delle parti coinvolte nella separazione e soprattutto dei minori. La previsione secondo la quale marito e moglie possono raggiungere un accordo di separazione in presenza di un avvocato senza una successiva valutazione da parte del giudice del suo contenuto, può determinare una grave lesione di diritti di chi quell’avvocato non può pagarlo o sceglierlo e cioè la parte più debole del rapporto.

Ancora più grave è l’iter scelto in assenza dei figli secondo il quale le parti concordano le condizioni della separazione innanzi ad un ufficiale di stato civile del Comune senza l’intervento obbligatorio degli avvocati di parte con la possibilità di prevedere il trasferimento dei diritti patrimoniali. Dopo tre anni sarà il Sindaco che confermerà l’accordo. 

Per chi ogni giorno segue delle cause di separazione sa benissimo che il contratto matrimoniale non può essere assolutamente paragonato ad altre tipologie contrattuali poiché in esso viene coinvolta la sfera degli affetti e la vita privata ed intima delle persone. In ogni relazione vi è spesso una parte più debole, emotivamente o economicamente, e l’intervento del giudice nelle procedure di questo tipo serviva a sostituire alla legge del più forte, quella del diritto uguale per tutti. La funzione di garanzia svolta dal Tribunale che verificava la congruità delle condizioni di separazione concordate dalle parti costituiva un limite per gli avvocati avventurosi, ma soprattutto una tutela che i diritti soggettivi venissero rispettati. Lasciare tutto in mano a legali non specializzati in diritto di famiglia e che hanno un’attitudine diversa alla materia delle relazioni umane apre lo spazio a possibili abusi e soprusi a favore di chi gode di condizioni economiche favorevoli e che dunque potrebbe scegliere un legale pronto a soddisfare le proprie richieste dietro il pagamento di un cospicuo compenso, senza consentire all’altra parte di potersi adeguatamente difendere.  Non parliamo poi dei danni che potrebbero derivare nella gestione dei figli minori sia sotto il profilo delle previsioni patrimoniali che su quello delle previsioni relative al rapporto con i propri genitori separati. 

Ancora più assurda è la procedura scelta in assenza di figli dove addirittura la separazione viene approvata da una burocrazia che non possiede le nozioni giuridiche specifiche e successivamente approvata dal Sindaco della propria città. 

Risulta davvero difficile individuare i vantaggi che potrebbero ricevere le persone da questa riforma che è stata approvata alla Camera e che si spera possa venire migliorata al Senato. Sicuramente non c’è un vantaggio di tipo economico perché comunque le parti dovrebbero remunerare il legale che segue la causa e che comunque svolge lo stesso lavoro che svolgerebbe se ci fosse un passaggio dal giudice.  Non vi è un vantaggio in termini di tempo poiché non si sono introdotte le norme sul divorzio breve (sei mesi senza figli e un anno con prole) che invece è il vero punto cruciale dal quale si snodano una serie di problematiche relative alla organizzazione della vita delle persone e dei costi che questa dilazione determina.

Si certo si alleggeriscono i tribunali, ma quale altra funzione debbono avere gli stessi se non quella di farsi garanti delle tutele dei diritti delle persone? L’annientamento delle garanzie delle parti non può certo essere il prezzo da pagare per risolvere i problemi enormi che la macchina giurisdizionale ha nell’applicazione della legge e nei suoi tempi. Non si può ancora una volta scaricare sui cittadini l’inefficienza delle istituzioni pubbliche chiedendo loro di mettere da parte i propri diritti fondamentali in nome di un alleggerimento delle funzioni pubbliche. Non si può privatizzare fino a questo punto anche la giustizia. Proprio non si può.

 

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