It is not so Isis. La guerra e 10 domande per i politici nostrani

ROMA – A Roma c’è veramente chi si chiede se l’Isis sia giunto nella zona Sud della città, se sia fermo all’uscita del Gra Prenestina: se lo sono chiesti anche alcuni consiglieri di alcuni municipi romani, tra finta ironia e razziana conoscenza dei fatti (di qualsiasi fatto).

Lo hanno fatto sui loro profili FB, ufficali o meno – alcuni hanno avuto la decenza di smentire poi questi post (ci sarebbe da chiedersi però chi oggi ha tempo per aprire un profilo falso di un modesto consigliere municipale…) -. Poco male, perché i loro grandi fratelli, i politici nazionali hanno fatto di peggio. E i loro amici esteri, i geni che si uniscono in g8, g10, g11 e per aperitivi e summit con banche e multinazionali, sono pronti ad apparecchiare una sentenza sulla tavola dell’Onu. Una sentenza che dipende da noi. Dal nostro Bel Paese, ma anche dalla Grecia e dalla Russia. Sì, perché anche se i nostri media ci hanno abituato a dirette di noiose sedute parlamentari e a chiacchierate da salotto con padroni di casa molto accoglienti, il mondo non è italocentrico, fuori da casa nostra della Santanché e di altri tronisti della tv non importa molto, e delle loro fantasmagoriche “teorie” tanto meno (nessuno ha protestato infatti perché Danielona non abbia ancora tenuto fede alla sua incredibile promessa, quella di pubblicare, lei, Charlie Hedbo in Italia). Oggi dei Paesi “di confine” coinvolti nella vicenda l’Italia è solo il più assoggettabile, la Grecia si sa, è al momento, per lo meno per i prossimi quattro mesi, nelle mani di Tsipras e sta fortemente cambiando rotta in tema di migranti – ha deciso la chiusura dei Cie, ad esempio -. La Russia sta facendo un’altra guerra, ma sarà lei a dare le carte nel caso in cui venisse interpellata sulla Libia (forse anche senza che la si interpelli – ha da poco venduto aerei e armamenti agli egiziani -). Allora se qualcuno può “facilonamente” legittimare, a livello mediatico e a livello di popolo, un intervento in Libia, quel qualcuno è solo l’Italia. Ma non i nostri governanti, questi non ne hanno l’autorevolezza – le doti facilone forse sì e sempre di qualunque colore, leggasi le dichiarazioni di Gentiloni per cui per la radio libica jihadista noi siamo “L’Italia crociata e lui il ministro degli esteri dell’Italia crociata” -: per poter legittimare una guerra serve una forte psicosi collettiva nazionale. Una paura e delirio da raccordo anulare, dove in mezzo al traffico tutti inizino ad abbassare il finestrino per gridare: “Terrore! Terrore!”. Così accade che appena inizia ufficialmente la stagione di Triton e muoiono in mare altre trecento persone, appena dunque dovremmo prenderci le responsabilità per aver tirato via Mare Nostrum e aver abbandonato le “nostre” acque internazionali alla disperazione (il nostro giornale e lo scrivente ne aveva segnalato i limiti e i rischi già lo scorso anno), i Salvini di turno danno spago ai tweet dell’Isis (che poi che siano anche questi profili non ufficiali e magari aperti dagli stessi faker degli “importanti” consiglieri municipali romani non è passato per la mente a nessuno) e ad annunci video montati ad hoc da chi sa chi, e si convincono che l’Isis sia in Libia e tramite i barconi possa arrivare in Italia. Gli italiani oramai sempre più insensibili alle sofferenze si asciugano le poche ipocrite lacrime per le ennesime vittime del Mediterraneo e iniziano ad avere paura. Tanto per sfruttare il momento, inaspettatamente viene annunciato (e confermato dal Pentagono) definivamente l’accordo per l’acquisto dei miliardari 90 F35, accantonando anche i piccoli tagli previsti dal “governo lampo” del sereno Letta. In piena crisi sono stati impegnati 14 miliardi di euro. Ogni mezzo, per dire, copre da solo le spese di un serio programma di salvataggio vite umane nel Mediterraneo da affiancare al pessimo Triton.

Ora delle domande a cui sfido i politici interventisti a dare delle risposte, con la speranza il loro silenzio possa tranquillizzare qualche nostro lettore:

1) Sa che il flusso migratorio attuale, dopo l’ondata di ragazzi proveniente dal Gambia, sta coinvolgendo soprattutto – nuovamente – il corno d’Africa (le ex colonie italiane)? Sa che tra i migranti ci sono molti cristiani stretti ai loro compagni di viaggio musulmani?

2) Perché si è intervenuti in Libia? Sa che il governo (quello che non ha sede a Tripoli) che noi sosteniamo in Libia non è più riconosciuto dalla maggioranza dei cittadini libici e che i jihadisti sono una piccolissima minoranza in Libia? Sa che c’è un altro governo a Tripoli e che è diretto dai Fratelli Musulmani? Pensa che l’unica soluzione sia controllare le risorse economiche dei due governi e cercare di indirizzarli entrambi, come auspicato da alcuni europarlamentari nostrani? Sarebbe per lei questa una via democratica? 

3) Sa che la guerra all’Isis ora la sta portando avanti l’Egitto, quella parte politica che era stata contrastata prima dalle forze e dai media occidentali?

4) Perché anche in Siria le forze internazionali “sbagliarono” contro chi intervenire?

5) Sa che gli attentati terroristici di Parigi e Copenaghen non sono assolutamente stati fatti da richiedenti asilo?

6) Sa che in Italia nonostante un sistema di accoglienza emergenziale non ci sono stati casi rilevanti di terrorismo tra le centinaia di migliaia di persone assistite?

7) Mi sa dire se a chi si è salvato del barcone di quel terribile ottobre del 2013 è stata data la protezione internazionale come annunciato allora dalle nostre autorità? Me lo sa dire con certezza?

8) Sa chi è Rita Katz?

9) Cosa pensa di ciò che ha detto un contractor della CIA, Steven Kelley, in una intervista di un anno fa a Press Tv: l’ISIL è “a completely fabricated enemy, qualcosa che noi americani e alleati abbiamo creato, finanziato completamente, che controlliamo”?

10) Se gli italiani sin da ora fossero contrari a qualsisi tipo di intervento italiano in Libia, l’Italia potrebbe sganciarsi da un’eventuale risoluzione dell’Onu?

Per finire e per suggerire delle ricerche a chi mi risponderà, qualche anticipo di risposta: Rita Katz è la direttrice dell’agenzia privata Site (definita osservatorio sul terrorirsmo in internet), più volte copiaincollata dai giornalai italiani. E’ lei ad aver diffuso il video con le minacce all’Italia e ad aver 

lanciato la notizia del tweet firmato Isis “#We_ Are_Coming_O_Rome” (tweet che con o senza hashtag, ha prodotto meno di 50 tweet dal 14 febbraio ad oggi sui circa 1,6 milioni di tweet in arabo che parlano di Isis). Rita Katz, irachena, sionista, orfana di padre, ucciso perché accusato di spionaggio a favore di Israele, collabora dichiaratamente con l’Fbi, e da quando ha deciso di inserire il proprio logo con la scritta Site sui video lanciati dai terroristi, video di cui oramai sembra averne l’esclusiva, è accusata da più parti di alimentare un clima di pregiudizi nei confronti dei musulmani, e gli vengono chiesti chiarimenti sulla provenienza dei video stessi e dei finanziamenti che permettono alla sua azienda di produrre materiali più influenti di quelli delle agenzie internazionali.

Poi, nel periodo 2007-2013 l’Italia, che piange miseria, ha ricevuto da Bruxelles 478,7 milioni di euro nell’ambito dei fondieuropei per i rifugiati, di quelli per “l’integrazione dei cittadini di Paesi terzi”, per i rimpatri e il controllo delle frontiere esterne. Per il periodo 2014-2020, Roma ha ottenuto l’impegno dell’Ue allo stanziamento di 310 milioni dal Fondo asilo, migrazione e integrazione e di 212 milioni dal Fondo per la sicurezza interna. Le autorità italiane hanno presentato un’ulteriore richiesta di finanziamenti per l’accoglienza e l’assistenza dei minori stranieri non accompagnati (11,95 milioni) e la continuazione del progetto “Presidium”, realizzato congiuntamente all’Alto Commissario delle Nazioni Unite per i Rifugiati (Unhcr), l’Organizzazione Internazionale per le Migrazioni (Oim), Save the Children Italia e la Croce Rossa (1,715 milioni). E le spese interne, quelle sventolate, quelle per cui si taglia Mare Nostrum e si taglia nel sociale, in realtà sono per la stragrande maggioranza spese che in chiave di un utilizzo chiaro (neanche a chiederlo intelligente) dei soldi pubblici sarebbero spese ordinarie, che comunque spenderemmo, anche senza essere di fronte a certe emergenze (basti pensare al caso dei Marò che sorvegliavano in acque internazionali una petroliera privata – ma perché? Perché pagare con i nostri soldi questo servizio? Perché così lontano?). L’Isis è un fenomeno occidentale, è un’interpretazione della religione “viziata” dall’occidente, di cui, sul nostro territorio, i maggiori responsabili sono gli occidentali. Su ogni piano, per ultimo quello degli attentatori, nati e cresciuti in occidente. Il nostro è un occidente incapace di guardarsi allo specchio e di guardare l’altro senza spaventarsi, senza criticarlo, senza desiderio di dominio e senza distorcerne l’essenza. Un occidente pronto a mettere a fuoco solo tramite il mirino di una pistola. O di una telecamera nascosta che ci controlla tutti. Chi è l’Isis? Dove è l’Isis? It is not only Isis. It is not so Isis. Cosa fare? Intanto qualche politico mi risponda e che in Italia da subito si dica no alla guerra in rispetto della nostra cultura, della nostra costituzione e della nostra umanità.

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