Costituzione e legge elettorale. Come evitare scelte nefaste del nostro governo

ROMA – Il coordinamento per la democrazia costituzionale si è presentato pubblicamente per la prima volta nell’assemblea nazionale che si è svolta il 9 marzo nella sala della regina alla Camera dei deputati. Al centro dell’Assemblea le modifiche della Costituzione e la nuova legge elettorale. 

La Costituzione della nostra Repubblica, nata dalla Resistenza, dovrebbe essere non solo descritta come la più bella del mondo ma anche cambiata con lungimiranza e senza i pasticci con cui si sta procedendo oggi. Tra cambiamenti della Costituzione e nuova legge elettorale c’è un intreccio e il risultato complessivo di queste modifiche è un quadro di preoccupante accentramento dei poteri nelle mani del Governo e in particolare del Presidente del consiglio, fino a creare un vero e proprio premierato forte, con tratti di presidenzialismo più o meno mascherato. 

Il Governo, vero protagonista di queste modifiche non consente agli elettori di comprendere la posta in gioco e la sua importanza per il futuro, in particolare per le nuove generazioni.

Poco tempo fa la modifica dell’articolo 81 della Costituzione è stata approvata da un parlamento impaurito e sotto ricatto di scioglimento con rapidità mai vista, inchiodando il bilancio dello Stato al pareggio, contraddicendo perfino la richiesta di flessibilità che il Governo dichiara di rivendicare a livello europeo. La Francia, ad esempio, non ha introdotto questa norma nella sua Costituzione. Per di più l’approvazione con i 2/3 dei parlamentari ha impedito il referendum sul nuovo articolo 81, togliendo agli elettori il diritto di esprimersi in ultima istanza.  

La storia rischia di ripetersi. Le modifiche della Costituzione debbono essere sottoposte al giudizio degli elettori. Per questo è necessario che almeno una delle camere non arrivi ai 2/3 dei votanti in modo da essere certi che al termine ci sarà il referendum previsto dalla Costituzione.

Governo e il parlamento dovrebbero fermare queste modifiche per un periodo congruo, riaprendo la discussione tra gli esperti, tra le forze politiche e sociali, tra i cittadini per evitare che per la fretta si finisca con il creare guasti in tutto il tessuto della Costituzione. Si ha un bel dire che la prima parte della Costituzione, quella che descrive i diritti fondamentali e i valori della convivenza tra i cittadini, non viene toccata. In realtà l’assetto istituzionale condiziona fortemente la possibilità di attuare la prima parte e questa preoccupazione è tanto più valida di fronte ad atteggiamenti politici e a scelte del Governo che contraddicono proprio questi valori costituzionali. Il tempo per una pausa di riflessione ci sarebbe, visto che la legge elettorale entrerà in vigore solo il 1° luglio 2016 e il Governo dichiara che si voterà nel 2018. Perché questa frettolosità ? 

Le scelte su Costituzione e legge elettorale rispondono alla volontà del Governo di ridurre la dialettica politica e sociale ad una delega ogni 5 anni, una concezione riduttiva e preoccupante della democrazia. 

Non potendo ridurre al silenzio la complessità della società, le sue contraddizioni, i morsi di una crisi economica e sociale che dura da 7 anni e che ci ha fatto perdere il 10 % del Pil e oltre un milione di posti di lavoro e che sta emarginando milioni di persone senza lavoro o ridotte in povertà, tagliando diritti, occupazione e futuro in particolare ai giovani, la scelta del Governo è quella di costruire meccanismi costituzionali e decisionali per imporre le decisioni. 

Abbiamo visto in questi mesi episodi illuminanti come l’abrogazione dell’articolo 18 dello Statuto dei lavoratori per i nuovi assunti, con il ritorno al licenziamento unilaterale dei lavoratori, perfino quando ne sono manifestamente false le motivazioni. A questo risultato si è arrivati con forzature e voti di fiducia sul jobs act e con un esercizio della delega al di fuori del mandato contenuto nella legge, realizzando un imbroglio che non a caso ha portato a reazioni importanti. E’ emersa la volontà di procedere senza un confronto con i sindacati su scelte fondamentali che riguardano il lavoro, fino ad uno scontro frontale con la parte più combattiva del mondo del lavoro, come confermano le manifestazioni nazionali e gli scioperi generali indetti nei mesi scorsi e non è ancora finita, infatti la Fiom ha convocato una nuova manifestazione nazionale a Roma il 28 marzo. 

Il Governo subirsce l’influenza dei gruppi dominanti, di cui ha raccolto suggestioni e indicazioni, che guarda caso coincidono largamente con i vincoli europei contenuti nella lettera della Bce Draghi-Trichet, che ridisegna una precisa gerarchia sociale e di potere: c’è chi decide e chi deve subire. La gerarchia sociale rigida ha bisogno di meccanismi di imposizione da parte di chi sta al vertice. Altre materie di rilievo sono in discussione. Dai rapporti con la magistratura alla Rai tv e alla scuola, dal falso in bilancio al rientro dei capitali dall’estero, dalla vendita di aziende pubbliche ai tagli allo stato sociale, tutto è in movimento e un sistema decisionale accentrato nelle mani del Governo e in particolare del Presidente del Consiglio è funzionale ad imporre scelte. 

Per questo il Governo è il nuovo perno del sistema istituzionale, riducendo drasticamente il ruolo del parlamento, che è oggi la base rappresentativa e decisionale della nostra Repubblica. Il Parlamento deve ratificare le decisioni. Non solo decreti legge a raffica e voti di fiducia ripetuti, ma anche percorsi parlamentari preferenziali per le proposte del Governo, da approvare in tempi predeterminati e pressochè a scatola chiusa. Per questo la legge elettorale, figlia del patto del Nazareno, prevede che i deputati siano anche in futuro in prevalenza nominati dai capi partito, malgrado questa sia la censura fondamentale della Corte Costituzionale al “porcellum”. 

La scarsa autorevolezza e perfino la scarsa legittimità di questo parlamento, eletto con il porcellum, dovrebbero consigliare di procedere ad interventi sulla Costituzione con ben altra prudenza e capacità di ascolto. 

La legge elettorale proposta dal Governo introduce mostruosità come un forte premio di maggioranza a un solo partito, per di più conquistabile anche dopo un ballottaggio nel quale lo spareggio tra i 2 meglio piazzati potrebbe far vincere una lista con percentuali elettorali in realtà basse, fino a farle  raddoppiare i seggi con il premio di maggioranza.

E’ il carattere ipermaggioritario della legge elettorale combinato con le modifiche della Costituzione che apre un serio problema e rischia di modificare la sostanza democratica della Costituzione. La Camera, eletta con modalità ipermaggioritarie per consentire al Governo di procedere senza intoppi nelle sue decisioni, diventerebbe l’unica vera sede legislativa. Mentre il Senato, il cui nome pomposo non deve trarre in inganno, diventerebbe una sorta di camera che lavora nel tempo libero da altri impegni dei suoi componenti che avranno altre responsabilità istituzionali. Definirlo Senato delle autonomie sarebbe una presa in giro, visto che l’unica preoccupazione della modifica del titolo V è riaccentrare i poteri nelle mani del Governo, sfruttando il discredito che ha colpito le regioni a causa di un fin troppo diffuso malaffare. Con il nuovo titolo V il territorio potrà essere devastato senza alcun rispetto per le comunità locali.

Il Senato con questa riforma diventerà una sorta di camera dopo-lavoro. Si può discutere se debbano o no esserci 2 camere, ma l’equilibrio costituzionale rappresentato oggi dal bicameralismo dovrebbe lasciare il posto ad altri contrappesi di cui non c’è traccia. 

Si può accettare che la sola Camera dei deputati dia la fiducia al Governo, ma il Senato non può essere una finzione e i parlamentari debbono essere eletti direttamente dagli elettori. La contraddizione tra i poteri assegnati e i senatori non eletti dai cittadini è evidente, creando un pasticcio istituzionale enorme.

Con queste modifiche della Costituzione e questa legge elettorale si istituisce un nuovo assetto istituzionale che apre un serio problema di ridimensionamento del ruolo del Presidente della Repubblica, perché il premierato forte che così si delinea ne invade parte dei poteri. Accentramento dei poteri e pericolo di torsione autoritaria sono evidenti.

Il neo costituito coordinamento è determinato a difendere in tutte le forme possibili diritti costituzionali fondamentali, offrendo un canale di organizzazione a quanti vogliono far sentire la loro opinione. 

Vogliamo preparare le condizioni per sottoporre la nuova legge elettorale alla Corte Costituzionale prima che entri in vigore, mentre in realtà questo oggi non è previsto, perché questa legge elettorale contraddice la sentenza sul porcellum. 

Vogliamo costruire l’opposizione alle modifiche della Costituzione, e, se non sarà rimasta altra via, lo faremo nel referendum con l’obiettivo di bloccare scelte che consideriamo nefaste per il futuro del nostro paese.

Alfiero Grandi    

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