Referendum sulle Trivelle, ecco perché bisogna votare

ROMA – In queste concitate giornate credo serva a tutti noi un breve ripasso su qual’è l’esatta definizione di referendum nel nostro Paese. Il referendum è uno strumento di esercizio della sovranità popolare, sancita dall’art.1 della Costituzione della Repubblica italiana.

Si tratta di uno strumento di democrazia diretta, che consente agli elettori di pronunciarsi senza nessun intermediario su un tema specifico. Ora, alla luce di questa definizione, risulta ancora più imbarazzante e incomprensibile, la posizione assunta dai vertici del Pd nazionale e racchiusa nella dichiarazione congiunta rilasciata dai due vicesegretari nazionali, Lorenzo Guerini e Debora Serracchiani. I due vicesegretari, nella sostanza, dicono che il referendum è inutile, che non ci saranno nuove trivelle, che i soldi per questo referendum potevano andare ad asili nido, scuole e sicurezza e che, se passerà il si al referendum, l’Italia dovrà comprare all’estero più gas e più petrolio. Ecco, proprio su questi quattro punti vorrei poter spiegare la strumentalità delle posizioni dei vertici del Pd e il perché invece bisogna andare a votare. Primo punto, perché il referendum di domenica 17 aprile è utile. Innanzitutto il referendum è stato promosso da 10 regioni, prevalentemente governate dal centrosinistra e non da facinorosi rivoluzionari ! Poi, nella valutazione dell’esercizio democratico di ogni singolo cittadino, un partito come il nostro, che governa il Paese, non può invitare gli elettori a disertare le urne e dimostrare plasticamente di temere il voto popolare.

Un autogol clamoroso, che allontana ancor di più la fiducia degli elettori nei confronti delle istituzioni e dei partiti. Secondo punto, se non vincerà il si, se non si raggiungerà il quorum, le trivelle resteranno e per moltissimo tempo. Nello specifico, il comitato promotore, chiede di cancellare la norma che consente alle società petrolifere di cercare ed estrarre gas e petrolio entro le 12 miglia marine dalle coste italiane senza limiti di tempo. Infatti le società petrolifere non possono più richiedere per il futuro nuove concessioni per estrazioni in mare entro le 12 miglia, ma se non vincerà il si, le società potranno rinnovare le concessioni già in dotazione e non invece cessare l’attività alla scadenza ‘naturale’. Quindi una bella e sostanziale differenza, che va spiegata correttamente ai cittadini. Terzo punto, i soldi per questo referendum potevano andare ad altre attività, utili per i cittadini. Certo, e perché allora il governo non ha spinto per accorpare il referendum con le amministrative ? Ci sarebbe stato un risparmio di quasi trecento milioni di euro.

La motivazione portata dai vertici del mio partito e dal governo che sostiene che non è possibile accorpare elezioni con referendum non è credibile e si scontra con altri momenti referendari. Per esempio i referendum abrogativi del 2009 (detti anche referendum sulla legge elettorale), distinti in tre quesiti sulla legge 21 dicembre 2005, n. 270, si sono tenuti in Italia il 21 e 22 giugno 2009, in corrispondenza ai ballottaggi per le elezioni amministrative locali. Quindi ? Perché non accorparli ? Timore di una maggiore affluenza ? Quarto punto, se passa il referendum, l’Italia dovrà comprare all’estero più gas e petrolio. Falso ! Secondo le ultime stime del Ministero dello Sviluppo Economico effettuate sulle riserve certe e a fronte dei consumi annui del nostro Paese, anche qualora le estrazioni petrolifere e di gas fossero collegate al fabbisogno nazionale, le risorse rinvenute sarebbero comunque esigue e del tutto insufficienti. Considerando tutto il petrolio presente sotto il mare italiano, questo sarebbe appena sufficiente a coprire il fabbisogno nazionale di greggio per 8 settimane. Ecco quindi le ragioni, dal mio punto di vista, per cui bisogna andare a votare e riflettere seriamente per votare si, per salvaguardare le ricchezze certe del nostro Paese. Turismo, cultura, ambiente e per lavorare seriamente per un piano energetico che ci porti al livello dei Paesi più avanzati. Non facciamo come gli struzzi, non nascondiamo la testa sottoterra e facciamoci guidare dal ragionamento, dall’approfondimento e dalla conoscenza. Non penso sia un caso che anche i vescovi italiani invitino le comunità a discuterne per favorirne una soluzione appropriata alla luce dell’Enciclica Laudato Si di Papa Francesco. Non si perda questa occasione.

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