Come si muore nelle miniere di cobalto del Congo

ROMA – “Passo giorno e notte nei tunnel. Arrivo presto la mattina e vado via la mattina dopo. Riposo dentro i tunnel. La mia madre adottiva voleva mandarmi a scuola ma mio padre adottivo ha deciso di mandarmi nelle miniere di cobalto.

“Questa è la testimonianza di Paul, 14 anni, uno degli 87 minatori o ex minatori incontrati da Amnesty International nella repubblica democratica del Congo. Paul ha incominciato a lavorare a 12 anni e ha già i polmoni a pezzi. L’Unicef, da parte sua, stima che attualmente almeno 40 mila i bambini sfruttati nelle miniere. “Solo nell’ultimo anni sono morti nel Sud del Congo ottanta bambini minatori. E questo avviene mentre le aziende produttrici di apparecchi elettrici realizzano profitti di 125 miliardi di dollari all’anno e non denunciano dove procurano le materie e praticando quali condizioni ai lavoratori infantili e

adulti che utilizzano”. Un’altra raccolta da Amnesty International è quella di Francois  che lavora nelle miniere di cobalto con il figlio di 13 anni Charles.

“Come si fa a pagare la retta della scuola? Come si fa a pagare il cibo? Dobbiamo lavorare in questo modo perché non c’è nessun altro lavoro. Dateci un lavoro e riusciremo ad occuparci meglio dei nostri figli. Charles  la mattina va a scuola e il pomeriggio aiuto il padre.

L’ultimo rapporto di Amnesty ricostruisce il percorso del cobalto estratto nel Congo estratto dal gigante minerario cinese Zheiijang Huayou Cobalt Ltd. Il cobalto lavorato viene venduto a re azine che producono batterie per smartphone e automobili: Ningbo  SHanshan e TaiJIN Bamo in Cina e L&F Materials in Coea del Sud. Queste ultime riforniscono le aziende che vengono prodotti elettronici e automobili. Il Congo produce quasi la metà del cobalto a livello mondiale viene poi utilizzato per le batterie al litio.

Amensty International ha contattato 16 multinazionali che producono batterie utilizzando il cobalto provenendo dalla Huayou Cobalt o da altri fornitori.
Il quadro che emerge è quello di una mancanza complessiva di trasparenza. Nessuna delle 16 aziende interpellate nessuna è stata in grado di dare informa

zioni dettagliate dettagliate sulle quali poter svolgere indagini per sapere da dove viene il cobalto.”
E non esclude che siano commesse violazioni dei diritti umani nei confronti di chi lavora in quel settore.

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