Università. Caos a Giurisprudenza, sbagliata la previsione di corsi obbligatori

ROMA – In questi giorni è tornata al centro del dibattito la riforma del percorso di studi e dell’accesso alla professione per i laureati in Giurisprudenza: tema centrale del dibattito è il numero eccessivo di avvocati in proporzione alla popolazione.

In un articolo de Il Giornale viene richiamato lo schema di decreto che il Ministero di Giustizia ha inviato al Consiglio Nazionale Forense (CNF), che contiene gli elementi di modifica dell’attuale percorso, prevedendo l’obbligatorietà delle scuole di specializzazione che diventerebbero a numero chiuso. Tale proposta ha di fatto visto favorevole il CNF, il quale chiede norme ancora più stringenti per la programmazione all’accesso.

Ancora una volta il tema della formazione forense viene affrontato nel peggior modo possibile. Continuiamo a ripetere che lo schema di decreto presenta delle evidenti criticità a cominciare dal fatto che si vuole prevedere un numero chiuso all’accesso alla specializzazione, che costituisce di fatto un imbuto per chi ha già 5 o più anni di studio alle spalle in cui con sacrifici è arrivato alla laurea. Inoltre, per come viene presentato, la specializzazione rappresenterebbe solo un’ulteriore continuazione del percorso di studi, senza garantire una reale formazione professionalizzante.”Riteniamo, inoltre, profondamente sbagliata la previsione di corsi obbligatori durante il percorso di specializzazione, i quali sarebbero organizzati dai singoli Ordini professionali locali e sarebbero a pagamento. 

Questo comporterebbe sia una discriminazione da un punto di vista economico tra chi può permetterselo e chi no, sia un’evidente mancanza di uniformità, visto che tali corsi sarebbero organizzati localmente e non a livello nazionale. Sarebbe inoltre previsto un’ulteriore prova finale come condizione per accedere all’esame di Stato. Una duplicazione inutile che trasforma l’accesso alla professione in un percorso ad ostacoli senza fine. Il tema dell’accesso alla professione, oggi più che mai, rappresenta un tema centrale nella vita di molti giovani che si trovano a fare i conti con un mondo del lavoro che garantisce sempre meno opportunità e sicurezze. Nel riformare l’accesso alla professione forense, denunciamo da tempo come si stiano ripetendo errori già fatti nel passato. Infatti, anche questa volta manca un reale coinvolgimento degli studenti e dei praticanti avvocati e si vuole esportare un modello di accesso programmato che ha già ampiamente dimostrato i suoi fallimenti. Chiediamo che si inverta subito la rotta. 

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